Il velluto della notte
Antonio P. vuole stringere amicizia con te. E’ la prima cosa che noto appena accedo a Facebook. Quel nome aveva qualcosa di familiare anche se il suo profilo non mostrava nessuna foto. Prima di accettare però, gli mandai il seguente messaggio: ‐Ciao, ho ricevuto la tua richiesta d’amicizia, scusami ma per principio mi tengo lontana dalle persone che non conosco nella vita reale, quindi, ti sarei grata se mi dessi qualche ulteriore delucidazione su di te. –
Quasi immediatamente lui mi rispose: ‐Ciao Katia, mi ero illuso che citandoti semplicemente il mio nome ti riportasse indietro di undici anni, forse, questa volta, ho preteso veramente troppo.‐
Improvvisamente dalle ceneri di un passato completamente rimosso, si ricomposero sentimenti, emozioni e ricordi che credevo di aver definitivamente sepolto. Antonio era stato il mio primo vero amore e forse anche l’unico. La storia finì quando decise di andare a lavorare come chef sulle navi da crociera. Io preferii rinunciare completamente a lui piuttosto che mantenere una relazione a distanza. Temevo che il nostro amore si contaminasse di paure e gelosie, che fosse demolito da uno stillicidio composto di ansie e di timori. Lasciandolo, l’essenza del nostro amore restò intatta, almeno nel ricordo!
Decisi di incontrarlo a pranzo.
‐Allora, hai smesso di fare il cuoco vagabondo? Resterai sulla terraferma stavolta?‐ gli chiesi stringendolo in un abbraccio che sembrava voler concentrare l’intensità di un decennio.
‐No, Katia, non faccio più il cuoco o meglio, non più come professione. Cucino solo per me e per la mensa dei poveri e la domenica celebro la messa. Io ora sono un servo Dio. Non credetti alle mie orecchie. Come era possibile che il mio Antonio, amante delle belle donne e della vita dissoluta, fosse diventato un prete?
‐Ma ora che sei sacerdote, andare a pranzo con una donna, per di più una ex, non è in contrapposizione con la tua vocazione?‐
Ma intanto che io gli formulavo quest’ultima domanda, le sue pupille, focalizzate sulle mie labbra si dilatarono, comunque, lui con una calma serafica mi rispose:
‐ No Katia, ma cosa dici. Andare a pranzo con una vecchia amica, mica significa portarsela a letto?‐
Più lo ascoltavo e più l’impulso di confidargli un mio grande segreto si faceva spazio nella mia mente. Sentivo di potermi fidare di lui, ecco il motivo per cui (come si dice in certi casi) decisi di confessarmi.
‐Sai Antonio, per più di due anni sono stata innamorata di una persona che non è mio marito. In alcuni momenti ho temuto addirittura di fare qualche sciocchezza per quell’ uomo.‐
Dopo aver confessato il mio “peccato” tutto d’un fiato mi sentii meglio. Avrei voluto spiegargli le cose in modo più dettagliato, ma non sapevo da dove cominciare. E poi, un senso di leggerezza pervase la mia anima. Improvvisamente avvertii la sensazione di essere una donna migliore, una persona candida. Allora, tacqui per una manciata di secondi e ne approfittai per osservare Antonio, il quale annuiva. Evidentemente era abituato a questo tipo di rivelazioni. Mi aveva dato perfino la sensazione di provare una certa soddisfazione per la mia confessione.
‐Avrei mandato all’aria il mio matrimonio, se solo lui avesse ricambiato il mio sentimento.‐ gli dissi
Antonio assentì ancora.
‐Più volte abbiamo fatto sesso, o meglio lui lo considerava solo un piacere fisico, per me invece, quell’atto aveva un valore molto, ma molto più profondo. La cosa più sconcertante è che io ne ero perfettamente consapevole, ma nonostante ciò, non riuscivo a rinunciarci. Con quella sua voce calma e sicura, con quell’espressione del viso che rasentava il profondo cinismo, mi ripeteva: ‐io amo mia moglie‐. Il pensiero però di condurlo sentimentalmente a me era così intrigante che al solo pensiero mi eccitava terribilmente. Oggi, mi domando ancora quale possa essere stato il motivo che mi aveva spinto fra le sue braccia.
‐Sarà stata la noia? ‐
‐Non so, ma ricordo che in passato, l’irraggiungibile ti ha sempre affascinato. –
Antonio sorrise
‐E’ vero Antonio, sono stata sempre incline alle storie impossibili, ma in quella circostanza, mi inebriava proprio l’idea che lui amasse la moglie, ma facesse sesso con me. Sono malata vero?
‐No, ma cosa dici… Io credo solo che tu abbia sofferto tanto!‐
‐Non è stato così spiacevole, ero felice di essere ancora desiderata a quarant’anni, quando mio marito quasi non mi guardava più. Provavo una strana sensazione di appagamento e di esaltazione quando appuravo che i miei movimenti, le mie carezze, la mia bocca gli generassero profonda eccitazione.
Sapevo perfettamente di amare e di non essere ricambiata, quell’amore, seppure non contraccambiato, mi faceva sentire comunque viva e soprattutto donna. ‐
‐L’amore è sofferenza mia dolce Katia.‐ mi disse Antonio scuotendo la testa. Poi guardandomi con uno sguardo molto intenso mi disse:
‐Sai Katia, anch’io non ho mai smesso di amarti.‐
A quella rivelazione, mi si gelarono le gambe. Improvvisamente mi sentii proiettata in una dimensione surreale. Scoppiai a ridere, era uno scherzo che spesso la tensione emotiva mi faceva quando ero sotto stress.
Lui dopo essersi inumidito le labbra con la lingua, prese un gran sospiro e mi disse:
‐Quando presi i voti ebbi la sensazione di tradirti, anche se tu avevi scelto di non volermi più frequentare, nel profondo del mio cuore sapevo che mi avresti amato per tutta la vita.‐
‐Noi siamo nati per tradire, se non è col nostro partner, finiamo prima o poi per essere infedeli a noi stessi.‐
‐Voglio baciarti‐ mi disse ‐Fosse l’ultima cosa che faccio, ho voglia di accarezzare la tua pelle liscia, e sussurrarti dolci parole d’amore guardandoti negli occhi che hanno il “velluto della notte”.‐
Tossii, la saliva mi andò di traverso.