Intervista impossibile con il padre
D) Caro papà, che mi osservi dalla foto posta all’ingresso della mia camera da letto, certa del fatto che tra noi il filo del discorso, muto o parlato, non si sia spezzato quel lontano giugno del 1973, vorrei farti una piccola intervista da inviare ad un premio letterario, me la concedi?
R) Vedo che non sei cambiata molto in tutti questi anni: la tua passione è restata quella di scrivere… perché dovrei dirti di no?
D) Mamma diceva che la foto da cui mi sorridi con i tuoi osservatori “occhi a triangolo” ti fosse stata scattata da una donna. Questo il motivo, a detta di lei, del tuo sorriso affascinante…
R) Mamma Gelsomina è sempre stata gelosissima, ma non potevo prendermela con lei: ero geloso anche io.
D) Anche di me?
R) Certo: anche di te, altrimenti non sarei stato così attento a ciò che facevi… ricordi come tenevo sotto controllo te e mamma al cinema e vi chiedevo se qualcuno vi infastidisse?
D) Sì, ma le domande le faccio io, altrimenti che intervista è? Sai che sono giornalista…
R) Non lo eri quando ti ho lasciato, ma di te non mi stupisce nulla, sei sempre stata una fanciulla piena di iniziative e curiosità. I libri della mia biblioteca, partendo da Pirandello li ha letto a meno di dodici anni. Anche D’Annunzio.
D) Una domanda avrei voluto farti, dopo che ci hai abbandonati così all’improvviso: hai lasciato un testamento olografo a soli 56 anni. Tu sapevi?
R) Vuoi dire se sapevo di essere a rischio? Sì, lo sapevo. Ma dirvelo sarebbe stata una inutile cattiveria. Ho sempre avuto la sensazione che tu lo avessi capito, almeno con chiarezza da tempo e con dolore una settimana prima che…
D) Lo avevo capito. E’ vero. Ricordi che ti presi la mano e per quello scherzoso gioco che facevamo tra noi provai a leggertela?
R) Già. Mi fissasti il palmo e mi chiedesti se mi ero fatto visitare dal medico ed io ti chiesi, a mia volta: ‐“Cosa vuoi dire, che debbo morire?”‐
D) Lo chiedesti tu a me. Allora non ne eri davvero certo?
R) Chi può dire di essere davvero certo della propria fine? Sapevo di star male con il cuore, ma speravo di vivere ancora. Sapevo, anche che tu hai doti acquisite da tua madre, che a sua volta le prese da nonna Michela. Ho sempre saputo che sei una medium. Anche adesso che fingi di fare questa intervista, in realtà sta parlando davvero con me.
D) Sì papà, credo di esserne cosciente. Forse è questa la ragione per cui non mi sono mai sentita davvero lontana da te. Ma è vero che mi sei stato vicino?
R) A mio modo, sì: ricordi quando piangevi disperatamente in bagno, dopo l’addio? Tu attendevi la prima bimba, quella Fiammetta che non mi ha mai conosciuto. Ti venni in sogno e ti dissi‐: "Biancolina, sono papà. Non è necessario che tu senta troppo dolore per me. E dato che ti stai impressionando, adesso stacco…”‐
D) Eri tu, davvero? Mi svegliai con il cuore in gola e la tua voce all’orecchio, come quando chiamavi dalla banca per parlare con mamma…
R) Sì, ero io davvero.
D) E’ per questo che Fiammetta, da piccola, osservava la tua foto e sorrideva come se ti conoscesse?
R) Mi conosceva attraverso te.
D) Vorrei domandarti qualcosa della tua vita che non ho avuto modo di chiederti mai, me lo permetti?
R) Che problema c’è? Fai pure.
D) Tu hai perduto tuo padre che avevi 9 anni. Lo ricordavi?
R) Sì e no: mio padre era un medico. Aveva lo studio in casa e la porta restava chiusa. Non c’era concesso di entrare. So che aveva fatto il medico in guerra e che, nel corso di una operazione ad un militare a cui dovette amputare un arto per la cancrena, si era ferito ad un dito. So che, cosciente del rischio che correva (non c’erano ancora né penicilline né antibiotici), se lo amputò da sé.
D) Terribile. Lo raccontava lui?
R) No: lo raccontava mia madre. Nonna Bianca.
D) Che mamma è stata la nonna?
R) Una madre preoccupata ed affettuosa: mi portava a mare, in barca per farmi respirare l’aria iodata che al tempo si diceva facesse bene. Mi lavava con l’alcool quando non voleva usare l’acqua in quanto soffrivo di febbri. Ero un ragazzino delicato.
D) Ma è vero che la nonna, dopo la morte di tuo padre, fu fidanzata per un periodo con Enrico De Nicola?
R) Alla morte di mio padre i parenti di papà cercarono di far sì che non ricevesse tutto il patrimonio del marito e ci furono molte lungaggini. Pare che De Nicola, che al tempo era un giovane avvocato pieno di fascino, difendesse nonna Bianca. Nel tempo, poi, l’amicizia divenne affetto. Ma era trascorso più di un anno dalla morte del nonno. Pensa che mia madre, restando vedova, aspettava il terzo figlio, zio Vincenzo…
D) Si fidanzarono?
R) Durò poco. Mi dissero che lui volesse mettere in collegio noi tre figli: io, zia Maria e zio Enzo. Mamma non volle e lui la lasciò… ma sono soltanto cose che ho sentito dire.
D) Davvero tu non ne sapevi proprio nulla?
R) Non posso negare che, anche da figlio, fossi un po’ geloso. Da nato sotto il segno dello scorpione, può darsi che abbia fatto con la mamma le storie che un ragazzino di dieci undici anni poteva fare…
D) Già: credibile, conoscendoti. Te ne sei mai pentito?
R) Senza dubbio. Per noi sarebbe stato meglio che nonna facesse una vita meno solitaria e che avesse un compagno al suo fianco.
D) Amavi la nonna?
R) Tantissimo. Una donna bellissima, con lunghi capelli del colore dei tuoi. Dolce, elegante. Vestiva alla “merveilleux”, una casa di mode napoletana molto “in”. Camminava in carrozza, andava all’opera…
D) Ma era davvero tanto ricca?
R) Visse con il padre, assieme a noi. Mio nonno era certamente agiato ma l’eredità di mio padre in breve tempo venne usata. Male, forse. I terreni furono venduti, uno ad uno. Tanti che portavano dai paesi vicini alla città. Anche gioielli, quadri…
D) Vuoi dire che l’eredità fu sperperata?
R) Mia madre era abituata a vivere bene e le donne del tempo non lavoravano e non erano educate al risparmio o all’economia. Facilmente sbagliavano.
D) Tu non lo impedisti?
R) No: volevo che godesse finché poteva. Poi ho ricostituito un mio piccolo patrimonio personale.
D) Ti dispiace se questo nostro dialogo lo rendo pubblico?
R) Dialogo? E chi mai potrà accusarmi di avere detto cose sbagliate o false? Io sono morto da oltre quarant’anni. Vuoi forse far credere davvero che tu abbia intervistato tuo padre? Sai bene che è frutto della tua fantasia di scrittrice…
D) Vuoi dire che dovrei completare con la solita frase:‐ “Ogni riferimento a fatti e persone è da ritenersi puramente casuale?” Da avvocato quale sei, cosa mi consigli?
R) Penso proprio che tu non abbia nulla da preoccuparti. Pubblica pure la tua “intervista impossibile” e faremo finta che sia stata tutta inventata. Mi ha fatto piacere parlare con te. Lo sai che non ti lascio mai.