Io Dare Dodici Cento Lire Se ...
Ottobre 1945, Roma, la seconda guerra mondiale era appena terminata, Gabriella Mazzarini stava uscendo dalla sua abitazione in via degli Avignonesi a Roma quando incontrò un soldato mulatto, probabilmente americano con la divisa in disordine senza cappello e barcollante nel camminare, chiaramente ubriaco. Appoggiatosi al muro il militare: “Io dare dodici cento lire se you dare culo bianco.” Gabri non sapeva se ridere e arrabbiarsi, optò per la prima soluzione:”Io volere dodici mille lire!” “Io non avere dodici mille lire!” “Allora fatti una sega!” “Io non essere falegname…!” Molto probabilmente il soldato era un italo americano, aveva percepito il significato della parola sega ma non quello dato volgarmente a quel termine, Gabri per evitare problemi preferì rientrare in casa. Quell’appartamento di via degli Avignonesi durante il regime fascista era situato sopra una casa di tolleranza frequentata anche da persone ‘per bene’, la maggior parte fascisti sposati. Il 3 settembre 1945 un gruppo di partigiani facinorosi dopo la caduta del Fascismo avevano suonato al campanello del ‘casino’, erano entrati, si erano scopate le signorine gratis e, per sfregio, le avevano rapate a zero. Gabriella era stata fortunata, era uscita presto dal suo appartamento, al ritorno aveva visto le ‘signorine’ piangenti. Le consolò: “Mettetevi un foulard in testa, ai maschietti non interessano i capelli.” Gabriella, ora cinquantenne era stata la maîtresse della casa di tolleranza, previdente, aveva messo da parte in un sottoscala i documenti riservati riguardanti il ‘casino’. In seguito aveva cercato di farli pubblicare in una rivista sotto il titolo: ‘Museo delle case di tolleranza nel ventennio fascista’ ma era stata chiamata dal capo redattore che si era scusato di non poter rendere pubblico quanto in suo possesso, un alto prelato del Vaticano, venutone a conoscenza non si sa come aveva ‘pregato’ il direttore del giornale di evitare la pubblicazione perché ‘i bambini potrebbero scandalizzarsi.’ Passata la buriana le quattro signorine Marisella, Rosina, Annalisa e la tedesca Erica non avevano ripreso a ‘lavorare’ e insalutato ospite erano sparite dalla circolazione forse emigrate in Germania al seguito della deutsche. Dopo la guerra non era ancora entrata in vigore la sciagurata legge Merlin che avrebbe imposto la chiusura delle ‘case chiuse’ e così Gabri si trovò a dover rimpiazzare le fuggiasche. Dopo la guerra l’Italia era ridotta a brandelli soprattutto in campo economico, allora non c’erano in giro malattie come gli infarti ma la tubercolosi purtroppo regnava sovrana, gli italiani soprattutto nelle grandi città non sapevano come soddisfare i loro bisogni primari in quanto a cibo. La povertà aveva spinto signore e signorine anche di una certa levatura sociale ad intraprendere il mestiere più antico del mondo evitando di esercitare la professione vicino ai luoghi dove erano conosciute. Una mattina di dicembre 1945, freddo da cani a Roma, suonò il campanello di casa Mazzarini, al classico: “Chi suona?” Un voce di donna: “Prego apra, le spiegherò a voce chi sono.” “Secondo piano.” Gabriella ancora insonnolita anche se erano le undici aprì la porta ad una signora impellicciata che: “Mi avevano avvisato che a Roma talvolta fa molto freddo, io vengo da Messina, la città dello Stretto.” “Lasci all’ingresso la valigia, preferisce caffè o te?” “Cappuccino, ho un certo languorino…” Toltasi la pelliccia la signora mostrò un bel fisico, poco truccata, non eccessivamente alta, longilinea, bel seno, insomma piacevole. “Vorrei ‘lavorare’ in questa ‘casa’ che vedo ha molto stile e penso prezzi alti, ho bisogno di denaro per una vicenda spiacevole…ora non mi va di rammentarla, mi scusi…” “La ‘casa’ è situata nell’appartamento sottostante, ci sono oltre ai servizi e ad un salone quattro camere da letto con bagno, lei è la prima signora che si è presentata, diamoci del tu, se sei brava puoi aiutarmi a preparare il pranzo.” “Non mi sono presentata: sono Barbara Solimeni, calabrese, moglie di un ufficiale dell’Esercito di stanza a Messina. Sino a poco tempo addietro facevo una vita agiata, mio marito era addetto al vettovagliamento del battaglione, non ci avevo fatto molto caso ma il signorino mostrava una disponibilità finanziaria superiore al suo stipendio, disponibilità di cui anch’io fruivo. Un giorno non ritornò per il pranzo, li per li non ci feci caso ma verso sera una sua telefonata, che aveva combinato? Facendo la ‘cresta’ sui conti dell’Esercito si era impossessato di una notevole somma di danaro. IL Colonnello, suo comandante di battaglione non aveva controllato i conti come suo dovere, scoperto l’inghippo lasciò a mio marito due soluzioni: essere denunziato ed andare a Gaeta (carcere militare) oppure congedarsi a domanda, naturalmente mio marito scelse la seconda, col solo vestito che aveva indosso sparì dalla circolazione con la Jaguar che aveva acquistato pagando solo un anticipo. Io ero casalinga, nessuna entrata, abituata ad una vita lussuosa ho dovuto scegliere fra un impiego mal pagato o …come vedi ho scelto o…” Bene, dovrai sottoporti come da regolamento ad una visita ginecologica da parte del nostro medico convenzionato dottor Vinicio Barbera presso il suo studio a piazza Barberini e le analisi del sangue le potrai fare presso il Centro Padovani a via Veneto, sono due posti qui vicino, potrai andarci a piedi. La seconda candidata si presentò il pomeriggio dello stesso giorno: “Sono Daria Andreani, mi hanno comunicato che mio marito è dato per disperso, non mi spetta nemmeno la pensione, coltivavo con lui un terreno sulla via Ardeatina vicino Roma, il padrone, vecchio porco voleva che seguitassi a fare la contadina e la sera portarmi a letto, l’ho preso a calci nelle palle e…son qua, se la do via voglio almeno essere pagata.” “Cara Daria questa è una casa di lusso, vai a nome mio al salone di parrucchiera qui all’angolo, Patrizia, la titolare ti sistemerà, prima di tutto le unghie e poi ti farà togliere i baffetti che hai sotto il naso, per il resto affidati a lei.” Due giorni dopo, anche se con personale ridotto a due ‘signorine’ il casino ebbe a riprendere il ‘lavoro’, si era sparsa la voce della presenza della nuova ‘quindicina’ come allora si diceva in gergo. Tor della Monaca la provenienza di Ginevra Famiglini la terza ‘volontaria’. Rossa di capelli, alta, fisico longilineo, viso da bambola in poche parole mise al corrente Gabriella della sua tragica storia: in una baracca dove viveva con la madre ed il nuovo marito, era stata violentata da quest’ultimo, la madre le aveva dato torto’: “Tu con quella minigonna te la sei andata a cercare, gli uomini sono fatti così.” Solito giro di sistemazione prima dalla parrucchiera e poi la visita medica e gli esami del sangue. Dopo altri due giorni “Sono Mariella Civerchia, Barbara Solimeni mi ha informata del suo nuovo ‘lavoro’, la mia posizione familiare è precaria, mio marito è stato investito da un motociclista che è scappato, gli hanno tagliato un gamba, non può più lavorare…” Gabriella squadrò la nuova venuta, bionda, grandi occhi ben truccati, anche il vestiario era ricercato, tuta blu molto aderente, aveva voluto dare una spiegazione poco convincente di quella sua scelta, Gabriella non ritenne opportuno farle domande, era il ‘pezzo’ pregiato della sua casa. L’ultima candidata fu una vera sorpresa, una brasileira alta, bruna, tette e sedere da sfilata del Carnevale di Rio, parlava l’italiano appreso da un nonno paterno. Fatima Morello, queste le sue generalità aveva uno stile particolare che non sfuggì all’osservazione di Gabriella che non seppe darsi una spiegazione. L’organico era saturo, dopo pranzo Fatima chiese a Gabriella di parlarle a quattro occhi. Insieme si recarono nell’appartamento di Gabri che: “Sono curiosa di sapere quello che hai da dirmi, fisicamente mi sembri a posto…” “Si ma ho qualcosa in più…” Fatima scostò gli slip ed apparve lui, un coso che pian piano si stava alzando…un trans! Dopo un attimo di stupore: “Cara per gli italiani sarai una sorpresa, durante il regime fascista era impensabile la presenza di un trans, avrebbe tolto lustro alla mascolinità italica, anche ora…” “Ho un passaporto in cui risulto donna, se non vuoi farmi ‘lavorare’ lasciami dormire qualche giorno a casa tua, sono disperata, nei giorni passati…” Fatima aveva preso a piangere. Gabriella ebbe un moto di pietà e di generosità, acconsentì alla richiesta, pretese solo che Fatima stesse nascosta in casa sua. La brasiliana era costretta a prepararsi i pasti ma quello che più le pesava durante il giorno era la solitudine, solo la sera aveva la compagnia di Gabriella, dormivano nello stesso letto matrimoniale. La signorina Morello un giorno ebbe la non buona idea di affacciarsi al balcone, la sua presenza su notata da Giovanni Abramo dirimpettaio, quarantenne ricco e sfaticato appena rientrato dal Brasile, era rimasto sorpreso nel vedere a casa di Gabriella una miss di cotanta bellezza. All’apertura della casa di tolleranza, alle sedici si presentò in sala e andò sui complimenti: “Carissima, sei sempre in forma, una domanda: chi è quella brunona che abitata a casa tua?” Gabri, benché sorpresa comprese quello che era successo. “Per le spiegazioni ci vediamo domani a pranzo, come saprai io chiudo la casa la domenica, ti farò conoscere quella signorina che probabilmente avrai visto al balcone di casa mia, mangeremo insieme, spero ti piaccia la cucina carioca.” Giovanni si comportò da gentiluomo, si presentò con due mazzi di rose, quello rosso per la sconosciuta, l’altro bianco per la padrona di casa. All’ingresso finto baciamano per le due dame. Nel salone sul grande tavolo erano stati disposti i piatti brasiliani a lui noti: ‘Feijoada, Moqueca, Acarajé, Farofa il tutto ’innaffiato’ con un vino bianco italiano il Verdicchio dei Castelli di Jesi, un caffè e fine del pranzo. Giovanni prese a conversare con Fatima in portoghese, riprese la madre lingua per non lasciar fuori dalla conversazione Gabriella. “Sei la classica brasiliana, non ti domando come sei arrivata in Italia, mi basta averti conosciuta, col permesso della tua amica vorrei fari visitare casa mia.” La visita si concluse con la permanenza fissa di Fatima a casa del signor Abramo, un colpo di fulmine. Era stata da lui apprezzata la scoperta di ‘qualcosa di più’ in possesso della signorina Morello, girando il mondo, in particolare la terra Carioca era diventato bisessuale.