Io e la Rossa
“Lucio, è arrivato il tuo momento! Accensione….metti la prima, e portati lentamente sino al semaforo rosso. Al verde, sei autorizzato a entrare in pista.”. Sto abitando la favolosa, rossa, Ferrari!
La voce di Marco, l’istruttore, mi giunge attraverso l’auricolare del casco. La vestizione è stata quanto mai accurata. La retina bianca, antifuoco, ha qualcosa di sacro a mettersi, incute timore. Il casco globoso rinnova la mia perenne claustrofobia. Mi sento prigioniero. Il penetrare nell’abitacolo ha messo a dura prova muscoli e articolazioni di un sessantenne. Alla fine ci sono riuscito. Altri colleghi medici, ben più giovani, hanno dovuto rinunciarci. Pur smontando il volante, la loro pancia non si addiceva alle dimensioni del posto. Un giorno è mezzo di motori, un ambiente inusitato per me, quello dell’Autodromo Varano De Melegari, se non mi fosse stato offerto da una ditta farmaceutica. Imparare gli elementi essenziali della guida sicura, correre sul bagnato, frenare, iniziare a girare in un turbine di schizzi d’acqua, prima di capire da quale parte controsterzare. “Lucio, no!” “Lucio, che cazzo fai?” “Lucio bene così”. Questa voce cattedratica mi ha accompagnato per tutti i test, durante tutta la mattinata. La consapevole colpevolezza dei miei anni, mi regalava il timore di sfigurare dinanzi a colleghi e colleghe della nuova generazione. Girare sulla pista di un autodromo per una persona che, al massimo, è arrivata ai 160, in autostrada, è un’esperienza esaltante. “Giù tutto l’acceleratore, giù tutto. Hai capito?” Il piede scende giù, pesante e tu diventi tutt’uno col motore, anzi pensi di essere tu, un motore. Per i test abbiamo usato solo macchine Alfa, preparate opportunamente.
Oggi, alle ore 17, il clou del corso. Sono giunti, da poco, due rossi tir da Maranello, ne sono scese due rosse Ferrari. Siamo stati in silenziosa adorazione per molti minuti. Ora ci tocca il premio del corso: cinque giri d’autodromo sulla favolosa Ferrari!
Anche se Marco è a pochi centimetri da me, vivo una solitudine drammatica. Quel cambio a leve sul volante, mi è sconosciuto, ne, quei pochi giri di allenamento sull’Alfa predisposta, possono essere bastati a creare una migliore maneggevolezza. “Tenere il volante alle 9,15” Ordine imperituro. Mi accorgo del sudore che mi bagna la schiena. Accendo…eccolo il fantastico canto! Un colpo all’acceleratore e un miagolio diventa lacerante ruggito. Sul cruscotto si designa una grossa lettera uno, la prima marcia, che ho innestato. Il semaforo, all’entrata della pista, è ancora rosso. Sono in tachicardia, non avrei mai immaginato questo momento. “Verde! Dai Lucio, tocca a te” Mi sto muovendo. Seconda ..ecco la pista. Un nastro violaceo si fonde con l’azzurro del cielo. Accelero, i giri del motore impazziscono. –“ Sali, vai alla terza per tutto il rettilineo. In fondo, punta sul birillo rosso, all’entrata del curvone”‐ Sto volando..sono entrato in un filmato televisivo? Il piede sull’acceleratore varia i suoni del motore. Non sono in grado pienamente di recepire il mondo esterno, ne abituarmi alla singolarità del momento. Tengo d’occhio sul cruscotto quel grande numero tre, che, all’entrata della curva, lo dovrò far scendere a due, per la prima volta . Incomincio a intravedere il birillo rosso, infondo al rettilineo, sulla destra, a inizio della curva a sinistra. Scendo di marcia e un boato fa tremare la macchina. La velocità scende di colpo, cerco il freno inutilmente. – “ Non frenare, la velocità è giusta.”‐ Il Birillo è davanti a me. Inizio a sterzare a sinistra, per la grande curva, a una velocità che non mi sarei mai permesso. ‐“ Giù tutto l’acceleratore” – La voce di Marco mi raggiunge a metà curva. Il miagolio‐ruggito mi riprende le orecchie, volo in un turbine di note. Il lungo rettilineo mi viene incontro, quasi a consumarsi dentro l’abitacolo. A che velocità starò andando? Mi chiedo. Fantastico numeri. Nell’auricolare una voce dal controllore della pista: “ Lucio, spostati a destra, hai l’altra Ferrari dietro, in sorpasso, tra qualche secondo”‐ Un lampo rosso mi sfreccia a sinistra, quasi un proiettile…e dire che pensavo di correre follemente.
Anno 2001