Istantanee d'amore
Nevica. Il camino riscalda la piccola stanza in cui è seduto Colin. Apre il cassetto. E, come per magia, inizia a sognare. La casa dove è nato, dove ha mosso i primi passi, in cui è cresciuto, in cui è tornata la prima volta in ritardo, la prima punizione, un mese senza videogiochi. E via. Poi il parco giochi, dove giocava con Amelie, a nascondino, a racchettoni, a pallavolo. Amelie, la sua vicina di casa, il primo compagno di giochi, le risate quotidiane. Ed ecco la scuola, con quel muro di mattoni rossi che davano quel tocco di severità che ti intimoriva. Le prime fughe, i compiti, i bigliettini volanti… La prima cotta, quella della quarta B, con quei lunghi capelli neri e gli occhi scuri, grandi come il mare e bellissimi come un cielo dopo una giornata di pioggia. E gelosie, amici che si perdono e si ritrovano, e i frammenti del cuore che si diradano in ogni dove. E lei, la tua migliore amica, Amelie, che te li fa ritrovare poco alla volta, con pazienza. E le serate in discoteca, con gli amici, le spacconate, il “stasera rimorchiamo” che si trasformava puntualmente in un nulla di fatto, a ritrovarsi sotto casa in cinque su una cinquecento, a ripromettersi che sabato prossimo andiamo in un locale dove si rimorchia a vista! Quando l’amore ce l’hai in mano, ma con l’occhio scruti lontano, perché ciò che è irraggiungibile è sempre più bello, ma una volta che lo raggiungi… E poi, eccola qua, la tua prima macchina. Usata, s’intende, quando nuova costa svariati milioni e sai che non potrai permetterla se non forse per i tuoi cinquant’anni, allora metti via un po’ di soldi, vai dal primo concessionario che trovi e te la porti a casa così, con la metà degli optional che avresti voluto, magari non del colore preferito, ma con il cuore impazzito appena fai la tua prima seconda‐terza a settemila giri. Ed ecco qua, il tuo primo appartamento, appena uscito di casa, in affitto, senza la camera dove puoi stipare tutte le cianfrusaglie che hai accumulato in anni, e che ora devi buttare per non riempire inutilmente il garage. E le cene organizzate con gli amici, le serate davanti alla tv, magari a giocare con l’X‐Box, e giù a ridere. E poi le esplorazioni nei negozi d’arredamento, un tappeto oggi, la cucina domani, e vedi la tua casa che cresce e ti somiglia, e la ami, è un po’ una parte di te. Ed ecco qua. La foto di quella spiaggia, quella volta che Amelie era triste perché era stata licenziata dal lavoro, una corsa al mare e fare il bagno vestiti, solo con la biancheria intima, perché il costume era rimasto a casa, dato che non era previsto il suo utilizzo nella giornata. E scocca il primo bacio, quello più bello, quello che non ti aspetti perché non l’hai nemmeno mai sognato, ma che ora vuoi con tutte le tue forze, ed ora che l’hai avuto ne vuoi mille altri… E la chiesa, quella chiesa che l’ha vista arrivare vestita di bianco, bellissima, radiosa, salire la scalinata e dirti che sì, sarà tua per tutta la vita. E Venezia, Firenze, Londra. Il viaggio di nozze dove hai visitato i, luoghi che avreste sempre voluto ma che avete sempre rimandato. Le notti insonni in albergo, a fare l’amore come due ragazzini, e le gambe che tremavano di giorno, perché stremati dall’amore. E l’ospedale. Quel luogo orribile dove ti hanno portato per fare le tonsille e le adenoidi a quattro anni, ma divenuto meraviglioso quando in quella stanza bianca hai visto per la prima volta Terry, vostro figlio. E una lacrima ti sfugge. Ed eccola qui. La tua casa. La vostra casa. Comprata con un mutuo a d un tasso che non vuoi nemmeno pensare. Ma non importa. E’ tua, la lascerai a Terry, vi crescerà la sua famiglia, e l’amerà, più di quanto tu la ami adesso. Riponi l’ultima fotografia nella scatola. Il viaggio nel tempo è finito. E guardi Amelie. Sta dormendo. Ha appena messo a letto Terry, tutto eccitato perché domani lo porterete al parco dei divertimenti. Guardi il fuoco. Sta brillando più che mai. E vi scalda. Perché è il vostro amore.