Karol, il Grande
Il nostro Papa è morto. Il papà di tutti. Proprio di tutti. La storia lo ha già appellato IL GRANDE. Ormai siamo già al termine del giorno dopo. Il primo in 26 anni. All’improvviso il vuoto. Non nego che questa forte quercia ci aveva abituati ad averlo quasi in casa. Tra noi, con noi. Come un immortale. Era illuminato da un carisma unico. Talmente unico da riflettere la luce di Dio anche quando nel mondo regnava il buio più assoluto. Sul suo viso l’immagine riflessa del Cristo che ci piace. Quello che ci guida, che veglia su di noi proteggendoci. Quello che alza la voce per farsi sentire. Quello che si arrabbia se non lo stai ad ascoltare. Ci aveva abituato troppo bene. C’era Lui. Era una certezza. Ora?. Questa assurda e intensa sensazione di trovarsi nel deserto senza acqua. In mezzo al mare e non saper nuotare. Ci manca questo uomo semplice nella sua immensa potestà, il Grande Atleta di Dio. Il campione da cui attingere coraggio e forza, colui che tanto ha creduto nel futuro che leggeva negli occhi dei giovani. Non c’è più quell’anello che teneva legate tra loro tutte le religioni, le persone che lo hanno stimato come uomo e amato come Padre. Piange questo mondo. E finalmente scopre che lo sa fare ancora. Il provare dei sentimenti puri e sinceri che si pensava persi nell’inferno della vita sempre più in discesa, rapida e ripida cosparsa di fuoco e cenere. Lui era l’acqua di cui noi avevamo bisogno per fermare il fuoco del male e dissetarci quando la sete di Dio ardeva nella nostra gola. Arsura. Sofferenza. Profonda, incontenibile che trascina allo sbando. Poi ci pensi, ti accorgi che dovresti vivere la sua morte con gioia perché è questo che ci ha insegnato il Papa. Che ci vuole dignità sempre: nel vivere, nel soffrire e nel morire. Perché, per il vero cristiano, la morte è l’inizio di una nuova vita… l’incontro più desiderato e bello a cui aspiriamo ma quasi mai preparati. Piangiamo per la morte e non ricordiamo che è solo un altro modo di assaporare la vita. Senza famiglia. E’ mancato senza quella mano che lo poteva rincuorare e coccolare. Senza figli ma padre di tutti i giovani del mondo. "Per madre la Madonna, per fratello Gesù e per padre Dio". Era sereno il nostro Papa mentre stava lasciando il suo, il nostro mondo. Stava per salire le scale di "casa sua", intravvedeva il sentiero cosparso di rose e fiori che lambivano il giardino del Paradiso. A Karol, al secolo il Grande, il Santo, il Padre che ci ha abituato a lui come il pane sulla tavola. Presenza quotidiana. A te una lacrima di dolore per il vuoto in cui ci hai lasciati. A te una preghiera perché continui a tenerci per mano e proteggerci come solo un Padre vero farebbe coi suoi figli. A Dio un ringraziamento con tutto il cuore per avercelo regalato e lasciato così tanto a lungo da scoprire che la fede, la speranza, la carità e la pace possono esisteste ancora. 2000 anni dopo. Ci mancherai ma questo applauso, l’ultimo rivolto a te, è per salutare un abile maratoneta che dopo aver vinto la sua gara più lunga e difficile, con la medaglia d’oro al collo, lascia la pista vuota, avvolta nel silenzio di uno stadio ormai chiuso. Su quel tabellone, scritto in rosso, il nome del primo partito ultimo. Ti ricorderemo sempre così. Alla finestra, quel 16 ottobre 1978 quando al mondo col naso all’insù pendeva dalle tue labbra hai detto: "Non nego di avere avuto paura ma come Cristo accetto il volere del Padre Mio " e poi, a voce alta, il Papa polacco che a stento comunicava in lingua italiana, ci mostra in tre parole la strada per "tornare ad essere" buoni cristiani… " Non Abbiate Paura! Non abbiate paura di aprire le porte a Cristo". Addio Karol detto il Grande. Ma per tutti Uno di Noi. Volevo dirti solo questo: grazie.