L'amaro sapore della vendetta

Giallo, Thriller, Adulti ‐ Racconto + Gioco

PRESENTAZIONE

Benvenuto!
Per prima cosa, ci auguriamo che quello che stai per leggere ti piacerà. Poi, vogliamo comunicarti una interessante novità, questo libro può essere letto in due modi:
‐ puoi godertelo come un normale libro giallo,
‐ oppure puoi metterti in gioco, da solo o con i tuoi amici, immedesimandoti nel detective Yours e anticipare la sua saggia consulente, Lara Kovalski. Un’anziana scrittrice e scienziata che collabora alle indagini dell’ispettore.

Come divertirsi con GIOCA IL GIALLO.
Durante lo svolgimento della trama, l’ispettore YOURS, si trova tra le mani degli speciali indizi, suggerimenti misteriosi che l’assassino lascia apposta per inviare delle indicazioni sulle sue prossime mosse.
Gli INDIZI sono identificabili come hastag (parole chiave, aggregatori web) e sono contraddistinte dal classico simbolo, detto cancelletto, #.
Nei capitoli che leggi ne troverai alcuni, tutti utilissimi alla soluzione dell’enigma proposto dal killer. Poi arriverai alle parti del racconto contrassegnate dalla dicitura:
“LE DEDUZIONI DI LARA KOVALSKI”
Questo significa che hai “in mano” gli stessi indizi della scrittrice...
ora, grazie agli #hastag, tu e i tuoi amici avrete potuto effettuare le vostre ricerche e, prima di leggere le pagine successive, dibattere tra di voi per poi controllare chi ha avuto più acume nell’intuire la soluzione degli enigmi.
Buon divertimento, con Gioca il Giallo.
Nota: Questa è un’iniziativa sperimentale, saremmo lieti di conoscere il tuo parere. Se vuoi darci una mano scrivici: [email protected].

1 ‐ Sangue sulle bianche scogliere di Dover

Vendette giuste non ne esistono.
Miguel de Cervantes

Inizio autunno.
La stagione balneare si conclude con un orribile fatto di sangue, che si consuma su una delle rare spiagge, incastonate tra le bianche scogliere di Dover.
Uno sconosciuto viene ritrovato ucciso, brutalmente sfigurato, completamente nudo. Anche i polpastrelli sono stati asportati... unico indizio: all’indice, un vecchio anello nuziale.
Il delitto si presenta semplice, lascia pensare a un regolamento di conti della malavita locale, ma le indagini, grazie all’intervento di un’attenta criminologa e scrittrice, prendono una piega assai più complessa. La polizia si trova di fronte a un serial killer spietato e misterioso; ama lasciare indizi complicati sulle sue vittime, sfidando gli inquirenti e preavvisandoli sul prossimo delitto.
Questo è un giallo classico che sfocia nel thriller... ma, se vi piace accettare le sfide, può diventare anche un gioco, una caccia agli indizi che “l’assassino” lascerà in giro, durante lo svolgimento della trama.
In un racconto tradizionale, l’autore tende spesso a fuorviare, a sorprendere il lettore, in questo scritto, al contrario, le indicazioni “sensibili” sono addirittura contraddistinte da un #hastag, per richiamare l’attenzione del lettore e provare a interpretare i simbolismi del killer.
Chi ci prova dovrà misurarsi con una donna molto esperta, dalla cultura enciclopedica. Una scrittrice di romanzi che, già in altre occasioni, è stata consulente della polizia.
Il “gioco”, però, nulla toglie alla trama e alla suspense, sempre apprezzata dallo spettatore classico: la scena del crimine non ne risentirà; le descrizioni della dottoressa Lara si faranno seguire con interesse; la spietatezza dell’assassino non darà respiro all’ispettore Yours. L’esperto poliziotto combatterà fino all’ultimo la sua partita, senza esclusione di colpi, e nonostante il difficile momento personale che sta attraversando: l’inquirente vive, infatti, uno dei momenti più impegnativi di una tormentata e sofferta storia d’amore.
Ma passiamo alla storia... inizia il "gioco", anche se macabro!

Marzo, 2004 ‐ L'insegnante scomparsa

Il trambusto si era appena sopito nella Wellington Scool di Watford.
Il preside Hogan era finalmente riuscito a ritirarsi nel suo ufficio. Liberatosi dagli investigatori, aveva invitato miss. Gordon, la segretaria, ad approntare la documentazione necessaria, prima delle 15,30. Non visto, si concesse una corposa sorsata di Scotch (ne aveva una fiaschetta in un sottocassetto segreto) lontano dagli occhi curiosi degli inservienti; a prova persino di quelle iene inarrestabili delle alunne. Il preside non si sentì assolutamente in colpa, per quella bevutina fuori orario: teneva il liquore per i momenti di emergenza, “E Dio mi fulmini se questa non è un’emergenza!” pensò il flemmatico signore, rammaricandosi di essere incappato in quello scandalo, a poco più di un anno dalla pensione.
Hogan era alto e smilzo, la faccia liscia e curata gli nascondeva qualche anno, ma non era mai stato un bell’uomo e un’epa, solitaria e rotondetta, lo marchiava, a un occhio allenato, come un tipo cui, ogni tanto, piaceva alzare il gomito. Cercando di recuperare le forze e, con esse, una parvenza di lucidità, si avviò verso la sua poltrona per riposare. L’arrivo degli ispettori scolastici, da Londra, era previsto subito dopo l’ora di colazione, certo miss. Gordon sarebbe stata pronta per distribuire l’avviso nelle classi. Per fortuna era giovedì: prevedeva che, chiudendo la scuola il giorno successivo, gli investigatori e gli ispettori, avrebbero avuto ben due giorni per proseguire le indagini, e, nel caso, pure la domenica,. Quel pensiero lo fece rabbrividire: tale incresciosa eventualità, l’avrebbe costretto a disertare la partita al Golf Club, perdendo irrimediabilmente il vantaggio già acquisito nel Torneo d’Autunno.
Ora c’era silenzio intorno, nessuna classe era senza professore; da nessuna parte arrivava neppure un brusio. Forse tanto riserbo era dovuto anche alla presenza dei due poliziotti, fermi e attenti, in piedi nel cortile dove affacciavano tutte le aule. Le alte vetrate erano state realizzate relativamente da poco, la costruzione era stata un antico castello, basso, adatto a una guarnigione. Nessuna apertura, sull’esterno, per il primo piano, a causa delle mura spesse un metro. Il secondo piano invece, realizzato nel cinquanta, aveva piccole finestre per le camere, quando la scuola era un convitto.
Bussarono sul vetro rumoroso della porta e Hogan sussultò… “che giornata inaccettabile!”
«L’abbiamo trovata, signore!» disse Colber, il bidello tuttofare della Wellington. Sembrava infelice invece che soddisfatto. Hogan lo poteva comprendere; in passato non gli era sfuggito lo sguardo di ammirazione del bidello per i fianchi prosperosi della Bridge. Come avrebbe potuto biasimarlo? Anzi, lo aveva invidiato: dopotutto lui e la piacente maestra erano coetanei, mentre il preside aveva quasi il doppio della loro età.
«Qui?» disse il preside sbigottito «E dove?»
«Nel capanno degli attrezzi… in fondo al giardino!»
«Ma… ma com’è possibile? Aveva la chiave?»
«Non credo… signore, ci sono due chiavi del catenaccio; sono insieme, nello stesso anello e sono sempre appese in Segreteria… io chiudo a chiave solo nel week end… il catenaccio blocca il paletto, da fuori, ma da dentro è impossibile aprire… »
«Io non ci capisco niente… insomma, queste chiavi, dove sono?» invocò il vecchio in cerca di certezze.
«Sono al loro posto… appese nella bacheca. Ecco: dopo il caos di stamattina, stavo cercando di iniziare a fare qualcosa, ho saputo che domani saremo chiusi. Così sono andato in fondo al giardino per recuperare il secchio. Allora ho sentito chiamare aiuto, una voce flebile, ho pensato subito al capanno. Infatti, ho accostato l’orecchio… ancora la voce di donna che invocava aiuto. Ho gridato “Pamela? E’ lei, là dentro?” e lei ha detto di sì; ha chiesto di farla uscire, per carità!» Si vedeva che l’uomo era molto provato e impaziente. «Io non ho aperto, signore… non sapevo cosa fare, e sono corso da lei!»
«Hai fatto benissimo, andiamo… per fortuna ci sono ancora i poliziotti!»
Poco dopo, il piccolo corteo, raggiungeva il capanno, il più discretamente possibile.
Finalmente il bidello liberò il paletto e tirò l’uscio verso l’esterno. Accovacciata per terra, in uno stato pietoso, c’era una donna. Era scarmigliata, spossata, sanguinava dalle unghie, per il lungo graffiare sulle assi di legno della porta.

Quando l’insegnante Pamela Bridge, scomparsa da due notti, e ricercata dal mattino, per atti osceni e violenza su minori, invece di vedersi confortare, si sentì trascinare fuori, sull’erba fredda, e ammanettare, cedette a una crisi nervosa e iniziò a strillare come un’ossessa.
Sporca, vestita alla meglio, senza calze e senza slip, poco dopo venne caricata su un ambulanza e sedata con una potente dose di tranquillanti.

2 ‐ Ottobre, 2015 ‐ Vite parallele

«Sono felice che ti sia liberata… » disse Emma, raggiante, mentre caricava il voluminoso trolley nel bagagliaio dell’imponente Evoque di Geimy Sovrano. Erano lontani i tempi in cui la prendevano in giro per l’ostentazione dell’opulenza di famiglia… Per chi conosceva la donna e i suoi parenti era acclarato: la famiglia Sovrano (probabilmente grazie a misteriosi traffici con il paese d’origine) viveva, da sempre, nella ricchezza, ostentata senza troppo self‐control. Dopotutto erano solo chiacchiere, si sapeva che erano commercianti e che nessuno di loro, nonostante le dicerie, era incorso in problemi particolari con la giustizia.
«Volevo salutare tua madre… »
«Lascia perdere, non c’è nessuno… ti ho parlato della villa in Sardegna?» disse Geimy, mentre metteva in moto, «Sono rimasti tutti là, dovrebbero rientrare a Londra martedì.» poi, imboccando il vialetto «Ci sono passata solo per due giorni; arrivammo con la barca di Greg… ma lo sai, mio padre non lo vede di buon occhio. Non credo sia per lui ma è un tradizionalista: non avrebbe voluto che divorziassi da Carmelo, che palle!»
«Hai ragione,» disse l’amica «da un lato vivere in famiglia è bello ma dall’altro, tutti si sentono in dovere di sindacare sulla tua vita! Credo che per l’anno prossimo ritornerò a vivere da sola…» Emma Grey non si era mai sposata. Dopo la laurea, aveva passato molti anni negli Stati Uniti, facendo esperienza e cambiando un sacco di lavori… Geimy, era al corrente delle voci che correvano riguardo alle strane tendenze sessuali di Emma; nonostante fossero rimaste in contatto non erano tanto amiche da scambiarsi certe confidenze. Da ragazzine ne avevano fatte di fesserie ma ora erano donne, donne fatte, con una vita abbastanza stabile e si preoccupavano molto della propria rispettabilità. Il passato era morto e sepolto, e non ne avrebbero mai più parlato.
«Com’è che non lo trovi strano?» se ne uscì la Sovrano, cambiando argomento «Un’intervista sulle vecchie Scuole tradizionali… e ti mandano un invito proprio per noi due, come facevano a sapere che eravamo ancora in contatto?»
«Uff… ancora con questa storia? Tu sei una cazzo di superficiale ma appena senti parlare del College tiri fuori le unghie, diventi matta!» disse ridendo Emma. «Te l’ho già spiegato: quando presentarono il saggio su L’Istruzione, tra passato e futuro, riempii un questionario per la casa Editrice… e, alla fine, chiedevano: Sareste interessate a partecipare a un week end – seminario?» controllò che l’amica, finalmente, prestasse attenzione a ciò che diceva «E visto che si potevano inserire due nominativi, ho pensato a te! Tutto quì… siamo state fortunate.»
Emma aveva sempre amato i libri e, grazie all’influenza di uno zio titolato, era riuscita ad ottenere un posto di prestigio nella British Museum Reading Room.
Ormai avevano imboccato la comoda statale, entro le 17 sarebbero arrivate a Folkestone, magari giusto in tempo per prendere il te.

Un’altra prestigiosa vettura, intanto, percorreva la statale in direzione di Dover: un’Alfa Romeo G.T.V. Sfrecciava solitaria alcuni chilometri davanti a loro… la mente di Yours, invece, apprezzato detective di Scotland Yard, percorreva col pensiero ben altre strade.
Lei lo aveva fatto ancora, era sparita nel nulla da tre giorni e lui si rodeva l’anima. Soffriva per l’accordo scellerato che aveva stretto con quella donna, affascinante e misteriosa. Ogni cosa in lei era ammantata di mistero, strana, controversa. “Se vuoi continuare questa storia,” aveva detto lei “devi accettare due condizioni. La prima (e lui era trasalito, perché le aveva confidato solo il nome di battesimo e non le aveva mai parlato del suo lavoro, durante quel primo, passionale, rapporto) è che non devi mai cercare informazioni su di me; la seconda è che, quando avrò bisogno di andar via, tu non mi fermerai… Non temere, se mi vorrai è probabile che ritornerò ma non cercare di bloccarmi. Mi conosco… Lo prometti?»
Cinque giorni di crociera sul Nilo, una pausa speciale, forse entrambi stavano fuggendo da qualcosa, però non se lo dissero mai. Forse nemmeno parlarono del passato; come se avessero bisogno l’uno dell’altra, si scelsero e si tennero stretti, durante quell’incantevole viaggio lontano dal mondo.
Quando giunse il momento di salutarsi, lei lo mise di fronte a quella scelta. Nonostante avesse cercato di non farlo trapelare, aveva capito che era un poliziotto e aveva cercato ogni appiglio per troncare, sul nascere, quella loro breve storia ma Yours non voleva rassegnarsi, fece di tutto per convincerla e, quando lei gli dettò le sue condizioni, alla fine promise. Iniziò così la sua storia con Eva Pool.
La donna viveva in periferia, unica pensionante di una vecchia signora assai discreta. Una volta tornati in città, però, i loro incontri non furono frequenti come Yours si sarebbe aspettato, lei era sempre molto impegnata.

3 ‐ Un cadavere sulla spiaggia
Dopo un paio di settimane nella City, per Yours l’atmosfera fiabesca delle Piramidi aveva lasciato il posto alla dura routine del lavoro: gli orari sballati ridivennero la norma e l’impossibilità di tener fede a un appuntamento su cinque, una questione di ordinaria amministrazione. La visione “libera” del rapporto, secondo Eva, si rivelò una regola saggia; i due si amavano ma senza impegnarsi e questo li rendeva felici, durante le poche ore che si potevano permettere di passare insieme. Una vita ideale per un segugio come lui… quel suo difficile mestiere, la causa principale che aveva fatto fallire il suo matrimonio. Invece, adesso… Eva e Yours non litigavano mai! Poi lui fece un passo falso… e quella fu la prima volta in cui Eva Pool sparì nel nulla. Erano passati alcuni mesi; la curiosità ebbe la meglio sulle promesse: servendosi della sua autorità e dei suoi “canali” cercò di scoprire chi fosse, veramente, Eva Pool ma si trovò di fronte a un mistero. La donna che dormiva spesso al suo fianco, aveva un curriculum blindato: Top Secret. Meglio se, semplicemente, Eva non fosse risultata in nessun archivio; invece no, esisteva ma il suo profilo era inarrivabile, solo un pezzo grosso avrebbe potuto presentare le credenziali per accedere ai suoi dati. Un paio di giorni dopo, trovò solo un biglietto: “Sono molto addolorata per ciò che hai fatto ma ti capisco e so che la colpa è mia. Perdonami e dimenticami.”
Yours credeva d’impazzire… non pensava che lei gli sarebbe mancata tanto. Non fece nulla per cercarla, però ogni sera si recava personalmente a casa sua e consegnava alla vecchia signora una rosa per lei. Non smise mai. Trenta giorni dopo il suo cellulare squillò: Eva era tornata da lui.


“BUSSARE IL CAMPANELLO, GRAZIE”
Il foglietto, con l’avviso stilato rapidamente a mano, spiccava sul marmo verde cupo del bancone. A fianco, alcuni depliant del Touring Club, una piccola pila di cartoline della Pensione e un vecchio campanello in ottone, di quelli a pressione. L’albergo era carino e pulito, ma dava la netta sensazione di essere troppo “intimo” per ospitare un Congresso. Anche la strada da percorre per arrivarci era stretta e tortuosa, fatta apposta per quella che era la vera natura di quel posticino: una pensione vicino al mare, tipicamente turistica e sicuramente più ospitale d’estate.
Geimy Sovrano batté ripetutamente sul campanello, anche per manifestare, da subito, il suo disappunto, mentre la Grey, più pacata e riflessiva, si impadronì subito di una cartolina pubblicitaria, per documentarsi sui “piaceri” che quella vacanza gratuita le poteva regalare.
“Ho già provato io… devi aspettare un po’, impaziente signora!” la voce inattesa che veniva dalle loro spalle, fece sobbalzare le due amiche; la donna che aveva richiamato la loro attenzione doveva già essere nella Hall prima di loro, probabilmente era seduta a una delle comode poltrone e si stava godendo il magnifico panorama del giardino, che terminava con una ringhiera, subito dopo: il blu del mare mai quieto, della Manica.
La prima a riconoscerla fu Emma e d’istinto ne gioì:
«Ma… no… non è possibile: Polly, Polly Horse. E che cavolo ci fai tu, qui?»
«Beh, non te la prendere, mia cara ma è la stessa domanda che mi sono fatta io, quando vi ho viste entrare.» Rise apertamente. «Nonostante gli anni, sempre insieme… : la gatta e la volpe, come vi chiamavamo allora…»
Le tre si salutarono con un abbraccio più di cortesia che di felicità. La faccia di Geimy, da sempre insofferente e abbastanza viziata da non preoccuparsi dell’etichetta, manifestava con chiarezza che avrebbe preferito non incontrare la vecchia amica del College.
Polly spiegò loro che era stata molti anni negli States e che era diventata una scrittrice, ma non di romanzi; si era specializzata nella produzione di libri scolastici, nell’ambito della puericultura. Anche lei aveva ricevuto un invito…
Intanto non arrivava ancora nessuno e le tre ne approfittarono per chiacchierare e guardarsi intorno; finché, dietro la gabbia del piccolo ascensore, scoprirono una porta, con attaccato sopra un cartoncino abbastanza grottesco. in verità. Sopra c’era scritto in stampatello: “SIMPOSIO, LA SCUOLA DEL PASSATO PUÒ INFLUENZARE IL FUTURO?”
Ma quando la Sovrano tentò la maniglia, la porta si rivelò chiusa a chiave…


«Ecco, detective,» disse l’agente, lo aspettava sulla spiaggia, riparato alla meglio sotto uno spogliatoio del Lido, che ancora non era stato smontato «l’ho abbiamo coperto con l’incerata!»
«Chi l’ha trovato?» chiese Yours, mentre la sua mente si metteva in moto e si guardava intorno in cerca di indizi.
«Stamattina, verso le otto, gli operai che smontano le strutture del Lido, l’hanno trovato qui… in questo punto preciso! Sono scappati via… uno spettacolo orrendo!»
Il cadavere dell’uomo giaceva di lato, in posizione fetale. Non aveva più la faccia: tutta la pelle del volto gli era stata strappata, come fosse stato divorato da uno o più animali feroci, o da pesci… carnivori.

4 ‐ La fede no si porta all’indice

“Purtroppo i proprietari hanno avuto un incidente ma dovrebbero rientrare questa notte. Le vostre chiavi. La cena sarà servita alle 19,30.” Le tre donne si scambiarono un’occhiata sorpresa, dietro al bancone era comparso un personaggio a dir poco strano: occhiali spessi, sopracciglia folte e un posticcio di capelli neri d’infima qualità, anche i baffi erano neri e sicuramente tinti. Infine, il tipo, cercava di nascondere un’altra, fin troppo evidente incongruenza: era effeminato. Un gay attempato che cercava di nascondere la sua tendenza. Aveva stampato sul viso un sorriso stereotipato, di mestiere, e faceva del suo meglio per attirare la loro attenzione sul foglietto che doveva essersi preparato da solo.
“Speriamo che il vostro soggiorno sia piacevole e ci scusiamo per l’inconveniente.
Sono Pier, sono il cameriere e il factotum, e purtroppo non posso parlare.” Infatti Pier, continuava a gesticolare gaio, per attirare la loro attenzione sulla sua bocca e sul suo mutismo.
«Quindi, siamo le prime ospiti per la Conferenza; che sarebbe domani, giusto?» la Sovrano, sempre un po’ diffidente iniziò subito a interrogare l’impiegato, che le rispose asserendo con la testa e giustificandosi con le mani. «E i proprietari hanno avuto un incidente… ma d’auto?» La risposta, un po’impacciata, fu un’asserzione. «Un incidente grave?» Stavolta Pier sgranò gli occhi dietro le spesse lenti e, sempre con la mimica, fece capire che non ne sapeva di più. Si chinò sul bancone per stilare una frase su un foglio: “Non vi preoccupate per i bagagli, provvedo subito.”
«Ma no, dai.» Intervenne Polly Horse, pratica. «Funziona l’ascensore? Ci aiuti solo a caricare i Trolley che poi ci pensiamo noi… va bene così!» Sorrise, mentre Geimy le lanciava un’occhiataccia. Pier, entusiasta, si precipitò verso le valige posate nell’atrio e, con andatura insicura, se le trascinò verso il piccolo ascensore a vetri. Donne e valige insieme ci entravano a malapena ma, alla fine riuscirono a partire… dopotutto dovevano percorrere un solo piano.
Visto che erano sole nell’Hotel, fecero un po’ il comodo loro: visitarono le reciproche stanze; criticarono i tendaggi e le passamanerie; controllarono i bagni, che risultarono puliti e confortevoli, e poi si godettero il panorama dai piccoli balconcini romantici e pieni di fiori, proprio come il giardino, splendidamente curato, che affacciava sul mare.
«Ehi, ragazze,» sbottò Emma, mentre il clima euforico le portava a lasciarsi andare sempre di più e a sentirsi delle adolescenti in gita scolastica, «questa non possiamo proprio perdonargliela, che ne dite?» esibiva un sorriso malizioso e avido stampato sul volto, in mano un biglietto con un messaggio di cortesia:
“Benvenuti, il Frigo Bar è a vostra disposizione. With Compliments, la Direzione.” Lo stesso foglietto era distribuito in tutte le camere e le donne se la spassarono per un’oretta, organizzando una specie di Party di “Benvenuto”, nella camera di Polly.
«Peccato non poter invitare qualche amico,» disse Emma dopo la seconda Vodka e Lime, poi aggiunse ammiccante, «purtroppo non credo che possiamo contare su Pier… come “uomo di fatica”!» e rise.
«Già!» Aggiunse Geimy, senza pensare «Proprio come ai vecchi tempi…» la battuta non fece ridere e ci fu un attimo di gelo, ma nessuna commentò.


Da Folkestone, Yours dovette spostarsi a Dover, all’East Kent Hospital, un’edificio nuovissimo e assai efficiente. La polizia locale aveva ottenuto di inserire nella struttura un piccolo ufficio, con tanto di Foresteria. All’occorrenza, poteva essere adoperata come cella provvisoria ma non era mai stata usata.
Il detective aveva fretta: fretta di capire cosa nascondesse il misterioso cadavere; fretta di risolvere almeno le formalità di rito, e impellenza di tornare a Londra per scoprire se, la sua donna, avesse lasciato notizie.
L’ambulanza aveva deposto il corpo sfigurato in una saletta riservata, del laboratorio di Patologia. Per fortuna, un chirurgo aveva anche l’incarico di Coroner ed era ancora in Ospedale, ma di procedere all’autopsia subito non se ne parlava. Confermò solo ciò che un occhio esperto, come quello di Yours, aveva già catturato: l’uomo era morto da poco; era stato sfigurato malamente, anche i polpastrelli erano stati mutilati… ora il corpo giaceva nudo e grigio sul carrello d’acciaio, indossava solo la #fede d’oro e, stranamente, la portava all’indice; le dita del cadavere erano gonfie e rigide, e Yours, completamente bloccato! Allora il medico eseguì un’azione che lasciò scosso lo stesso poliziotto. Compresa l’impellenza dell’ispettore di ottenere un indizio, e impaziente di tornarsene ai suoi impegni: prese una grossa tronchese e, producendo uno scatto secco, tagliò l’indice del morto, liberò l’anello e lo consegnò nelle mani del detective.
«Non si scandalizzi, ero medico militare… Siamo persone pratiche, no?» Infatti, dopo un attimo di sgomento, l’ispettore si impadronì avido del reperto, per studiarlo. Come sperava, c’era una scritta incisa:
St. #Brun – #B4 – I on MM