L'Amore Contro
Ispirami o diva i voluttuosi canti di fiorellini deliziosi e di gagliardi volatili. Con questa omerica premessa vengo a raccontarvi le delizie ed i casini della mia vita, sempre che vi interessi in caso contrario…vedete voi. In tutta sincerità non posso lamentarmi dei miei quaranta anni di età e venti di carriera dietro gli sportelli di un’ufficio postale. Non mi sono mai lamentato del lavoro anche quando qualche villico se le andava a cercare ma risolvevo tutto prendendolo per i fondelli col mio humor romanesco. Che fa un romano (ovviamente romanista) a Messina, strada Panoramica 1284 ‘me cianno mannato’. Ricordate quella canzone di Alberto Sordi: ‘te cianno mai mannato a quel paese…’ è il caso mio, il motivo non me lo ricordo bene o meglio …va bene ve lo dico ma resti fra di noi. Vinto il concorso alle poste, ero stato assegnato all’ufficio postale di via Taranto a Roma, una fortuna sfacciata proprio vicino a casa mia, abitavo in via Conegliano ma la fortuna talvolta ti gira le spalle o meglio…diciamola tutta è stata colpa mia. Mia collega era una brunona che più brunona non si può, 1,70, seno forza tre, occhi verdi che mi facevano impazzire, sedere prominente ma soprattutto sempre allegra e sorridente. Domanda: era sposata? Maledizione si con un racchio (ovviamente ricco) ma siciliano di una paese dell’interno dell’isola, insomma di mentalità svedese, si svedese un par di balle. Dopo un lungo corteggiamento alla voluttuosa Mariella, andato a buon fine il pomeriggio di un sabato, Crocifisso G.,il marito, (non faccio commenti sul nome) cominciò a prendere violentemente a calci la saracinesca chiusa dell’ufficio postale dove io Alberto M. (scusate se ho dimenticato di presentarmi) mi stavo deliziosamente intrattenendomi con la di lui consorte.(Come avesse fatto a sapere che eravamo chiusi lì dentro è stato per me sempre un mistero, forse un collega invidioso, bah!) Ovviamente noi due fedigrafi restavamo rintanati all’interno dell’edificio completamente atterriti. Il gran chiasso aveva fatto sì che qualcuno che abitava nei pressi interessasse la Benemerita che, a sua volta, aveva telefonato al direttore della filiale postale. All’interno per fortuna penetrarono solo un maresciallo dei Carabinieri ed il direttore i quali, resisi conto della situazione, uscirono dai locali facendo presente che lì dentro non c’era nessuno e riuscendo in qualche modo a calmare il cocù il quale, non molto convinto, fu scortato dal maresciallo sino a casa sua dove, ricomposta e sorridente, dopo circa mezz’ora fece ritorno la consorte che riuscì, a denti stretti, a farsi tante risate quando venne a conoscenza dei fatti. Il direttore generale delle poste capitoline, siciliano di nascita, venuto a conoscenza del fatto,consigliò vivamente (insomma impose) al povero Alberto di cambiare aria il più possibile lontano dalla capitale, un posto libero a Messina faceva al suo caso. Ecco spiegato il trasferimento di un romano nella terra di Trinacria. Alberto veniva trasferito temporaneamente negli uffici postali delle isole Eolie in sostituzione di colleghi che andavano in licenza ma ben presto si stancò di pensioni e trattorie. Un giorno ad un tavolo vicino notò la presenza di una bruna sicula che gli ricordava in parte Mariella (si quella dell’ufficio postale di Roma). Era una maestra che insegnava alle elementari anche lei temporaneamente trasferita dalla sua sede di Milazzo alle isole Lipari. Alberto s’era fatti i conti, come si dice in gergo: voleva una casa sua, sollazzare ‘ciccio’ quando ne aveva voglia, avere biancheria pulita e piatti lavati insomma voleva sistemarsi dinanzi al televisore mentre la consorte ‘badava’ alla casa. Quello che non amava della baby era il nome: Calogera B. che in Sicilia diventava Lilla, ma…c’erano cose peggiori. Il matrimonio per espresso desiderio di Lilla, venne celebrato in chiesa, Alberto, ateo, aveva dovuto cedere. Il rinfresco si era svolto al S.Domenico rinomato albergo di Taormina (anche molto costoso) ex convento con piscina, giardino interno, Santi e Madonne alle pareti. Un solitario tavolo al centro della sala con i due sposi (Alberto era orfano dei genitori) lo aveva indotto a spostarsi in continuazione nella sala per parlare e scherzare soprattutto con femminucce procaci, scollate e ridanciane, cosa che aveva indispettito la sposa che aveva richiamato all’ordine il povero appena coniuge il quale, con la coda fra le gambe, era ritornato al tavolo ad occhi bassi senza mangiare più nulla, solo una fetta di torta, bell’inizio! Una casa già arredata sulla strada Panoramica, con visione sulle coste calabrese, era stato di gradimento di Alberto e di Lilla, anche il canone non era eccessivo in quanto il proprietario, scottato dai precedenti inquilini mal pagatori, aveva preferito loro due dal sicuro stipendio. Due avvenimenti avevano modificato in senso totale la vita del bell’Alberto: il decesso quasi contemporanea dei nonni: Alfredo M. se n’era andato in quel di Montesilvano (Pescara) alla veneranda età di novant’anni con un patrimonio nient’affatto male di case e di terreni coltivati ad olivi e vigneti famosi per il Trebbiano ed il Montepulciano d’Abruzzo. Sinesio S. (nonno materno) dieci anni in meno, aveva lasciato questa terra a Grotte di Castro (Viterbo) anche lui decisamente ricco per possedimenti di terreni agricoli e di numerosi appartamenti nel capoluogo, insomma una pacchia per Alberto e Massimo M., due cugini, che si erano divisi fraternamente il patrimonio, unici beneficiari per espressa volontà dei due avi che avevano escluso dall’eredità gli altri parenti. Che i soldi non fanno la felicità…un par di balle, in ogni caso ti cambiano la vita e così fu per l’Albertone che pensò bene per prima cosa di cambiare casa: un appartamento di 200 metri quadrati in un condominio di otto inquilini con piscina a campo da tennis sempre lungo la Panoramica. Reso contanti il patrimonio, l’Albertone si presentò con vari assegni decisamente pesanti al direttore della sua banca che, a quella vista, ebbe un rigurgito gastro‐esofageo, ripresosi: “Mi dica signor M. come intende investire i suoi soldi, il ragioniere Minutoli sarà a sua completa disposizione.” Anche il ragioniere alla vista degli assegni stralunò passando il suo sguardo dal viso del dottor M. (di colpo Alberto era diventato dottore) a quello degli assegni. “Ragioniere mi affido completamente a lei, intanto vorrei una carta di credito oro con spesa illimitata, bancomat, insomma tutti quegli documenti che mi possono servire.” È cosa risaputa che le donzelle, nominate miss Italia, per prima cosa si disfanno, si disfacino, si disf…insomma mandano a f.c. il fidanzato ufficiale. Alberto seguì il loro esempio anche aiutato dalla sorte infatti Lilla, sempre in giro nelle scuole elementari delle isole Eolie, negli ultimi tempi, nei rari incontri, si dimostrava piuttosto freddina, soprattutto quando si trattava di avere rapporti sessuali, segno evidente di innamoramento di altro maschietto. Confessione reciproca, un assegno sostanzioso da parte del marito contribuì acchè la separazione avvenisse, come si dice, in maniera civile. A questo punto l’Albertone alzò le antenne al fine di individuare una preda appetibile, possibilmente coniugata, al fine di avere ampia libertà nel reperire varie passerotte disponibili, insomma voleva scopazzare in giro senza troppi coinvolgimenti sentimentali e qui… Un giorno di sabato, divenuto proprietario dell’attico all’ultimo piano della strada Panoramica al n.2020, nell’entrare nell’androne pieno di pacchi, incrociò o meglio dire andò ad intruppare (a sbattere) con una signora che stava uscendo dall’edificio. Ovviamente i pacchi finirono a terra, reciproche scuse, sguardo intenso senza profferire parola ed infine grande risata. “Forse c’era un sistema migliore per conoscerci” esordì la signora “sono Regina M., il mio cognome non è siciliano, sono marchigiana di Pesaro…” “Non è possibile, io sono Alberto M., se anagrammiamo i nostri cognomi sono uguali, questo è un segno del destino…” La signora era già dal primo sguardo degna di nota: capelli castani media lunghezza, occhi grigi mai visti da Alberto in una donna, naso deliziosamente all’insù, bocca invitante, orecchie piccole e sorriso smagliante. “Mi sta fotografando…” “Sono appassionato di foto, lei sarebbe un soggetto meraviglioso chissà se…” “Per essere in primo incontro siamo andati abbastanza avanti, non crede?” “Non so che dire, di solito non mi impappino…volevo dire…” “Voleva dire che è stato fulminato dalla mia beltade, glielo concedo, so di essere bellissima…mettiamola sul ridire, mi dia un suo biglietto da visita, forse ci rivedremo.” Il viso sorridente di Regina accompagnò Alberto nei giorni seguenti quando decise di andare all’attacco, al citofono: “Gentile signora M. sono…” “So chi è e sto per uscire, mi aspetti al portone.” “Sa di quei libercoli che andavano di moda al primo novecento per gli innamorati maschi che non sapevano cosa scrivere ad una gentile signorina di cui volevano beneficiare le grazie…” “Lo dica chiaramente, se le volevano scopare!” Il silenzio era sceso nell’androne delle scale, Alberto e Regina si guardavano negli occhi senza parlare. “Ho qui fuori la macchina, se vuole un passaggio.” “Cacchio siamo alla Jaguar, ricco di famiglia o mafioso?” “Eredità di due nonni morti in contemporanea.” “Non è che li ha avvelenati lei?” “Morte naturale, si accomodi in macchina prima che…” “Mi salti addosso, non è il caso, mio marito è dietro i vetri.” “Lei non è abituato a femminucce che lo assaltano, io son fatta così solo con le persone , maschietti, che mi piacciono e lei…” Alberto fermò di colpo la Jaguar in un vialetto della Panoramica e incollò le sue labbra su quelle di Regina. “Così impari ad assaltare i maschietti che, talvolta, mordono.” “Tu non mordi, baci molto bene, lo sapevo che sarebbe finita così sin da quando ti ho visto per la prima volta come dice il libretto del primo novecento…” “Ho bisogno di qualche consiglio per arredare il mio attico, da come ti vesti vedo che hai buon gusto, potresti darmi qualche consiglio, ovviamente ti pagherei la consulenza.” “Moneta contante o…” “Contanti quanti ne vuoi, anch’io appena ti ho vista… maledizione non volevo proprio, mi ero fatto un piano per feste da ballo in casa mia con contorno di conturbanti modelle e tu...” “Spero che non faremo la fine di Paolo e Francesca, Gianciotto…” “Mio marito…la prima domanda che mi farai è il perché l’ho sposato, lui è un buono, buono che talvolta si coniuga con fessacchiotto, l’ho sposato perché era sottufficiale dell’Esercito a Pesaro ed io volevo andare via da casa, mia madre si era risposata e non andavo d’accordo col mio patrigno che voleva…si mi si voleva fare, tutto qua.” I pomeriggi dei giorni seguenti Alberto e Regina li dedicarono alla visita di negozi di mobilia, di servizi igienici, di lampadari, insomma cercarono di fare un piano per arredare con gusto l’attico di Alberto. Regina conosceva il titolare di una ditta che avrebbe fornito la mano d’opera, sembravano due fidanzati che facevano il nido dove abitare da sposati. “È la prima volta che…mi sento strano, non so se sia l’aggettivo adatto ma…ti prego vieni a casa mia, ho una voglia matta di…” “Anch’io ho una voglia matta di…, le uniamo insieme e facciamo due voglie matte! Mio marito (si chiama Nino) domani sera è di guardia in caserma.” Alberto aveva posteggiato la Jaguar fuori dalla vista degli inquilini di casa M., Regina era salita in fretta nell’attico. “Porcellone hai la faccia da satiro arrapato, buonino, dai, tra poco …” L’appartamento era riscaldato, era il 10 dicembre, tutti e due sotto la doccia, nuda era ancora più bella, Regina era il nome che più le si addiceva, Alberto era estasiato. Quello che successe, immaginate voi, di tutto e di più. Sveglia, alle sette Regina rientrò a casa sua, Alberto a pomeriggio inoltrato fu svegliato dal suono del telefono. “Pronto…” “Hai la voce impastata, mi sa che la notte passata hai fatto il porcellone…” “E tu, quante volte sei venuta?” “Le ho contate, undici…stamattina non riuscivo a stare in piedi, mi si ammollavano le gambe.” “Cerco di non pensare a cosa mi sta succedendo, sicuramente qualcosa di molto piacevole ma anche impegnativo, c’è una parola che mi fa paura, si ‘amore’, non vorrei che entrasse nella mia mente, nel mio cuore, nello stesso tempo…” “Non fare il ‘vergine’, parlo del tuo segno zodiacale, che cerca sempre di definire le situazioni, talvolta penso sia meglio lasciarsi trasportare dagli avvenimenti.” “Forse hai ragione, intanto vorrei sapere quando potremo di nuovo…” “Brutto zozzone…ti va bene domani sera?” “Ok. Ma tuo marito?” “Fa il pesce in barile, non pensare a lui.” L’ombra di Nino cominciò a pesare sul rapporto fra Regina ed Alberto. “Vorrei sapere cosa ti dice, quali sono i suoi comportamenti, una moglie che sta fuori tutta la notte,ad esempio stasera che programma hai?” “Andiamo al cinema ‘Bianchini’.” “Mai sentito prima, l’hanno aperto di recente?” “Ma no schiocchino, il cinema ‘Bianchini’ è quello sotto le coperte e sopra i cuscini.” “Non…” “Allora papale papale, stasera scopo con mio marito, a lui non importa se vengo con te, ma vuole la sua parte ed è pure bravo!” “È pure bravo!” la frase rimbombò sulla mente di Alberto, un’ira improvvisa, aveva pensato al grande amore mentre Regina aveva ridotto il tutto una ad volgare relazione. Il telefono fu scagliato contro il muro, in mille pezzi non era andato solo quel povero apparecchio innocente ma anche le illusioni di un povero Alberto invecchiato di colpo che recuperò una certa coscienza verso le tre di notte. Preso da improvviso furore riempì una valigia di vestiti, e dopo poco tempo si trovò imbarcato sulla ‘Caronte’ diretto sull’altra sponda dello stretto a Villa S.Giovanni, destinazione finale…Roma, non sapeva dove altro rifugiarsi. Pian piano la sponda di Messina si allontanava come pure i monti Peloritani dove tante volte era andato a rifugiarsi con Regina, gli sembrava l’addio ai monti di manzoniana memoria. Durante il tragitto si fermò varie volte per riposarsi, arrivò nella capitale nel tardo pomeriggio dirigendosi verso i luoghi della sua infanzia, il quartiere di S.Giovanni, un albergo vicino a casa sua: Hotel Appio. Per due giorni restò la maggior parte del tempo in camera, solo due uscite per andare ad un vicino ristorante. La padrona dell’hotel un po’ allarmata gli chiese se avesse bisogno di qualcosa: “Per ora nulla, sarò io a contattarla.” “Madame, son qua.” “Sono Clotilde M., sono a sua disposizione sempre se riesca a capire quali sono le sue esigenze.” La dama, circa sessantenne, aveva sicuramente molta esperienza sui clienti dell’albergo, aveva intuito del conflitto interno di Alberto e voleva, a modo suo, dargli un a mano. “Signora per ora soggiornerò nel suo hotel, non so per quanto tempo, le dò un assegno per il pagamento mensile di una stanza che vorrei cambiare con una più grande con bagno, penso che resterò a lungo.” Alberto capì che doveva uscire dal torpore che lo aveva invaso. Cominciò con l’andare nei luoghi cari ai turisti: piazza di Spagna, il Colosseo, fontana di Trevi usando i mezzi pubblici, poi cambiò completamente. Di notte con la Jaguar scorrazzava in posti mai visti, talvolta si perdeva ed era costretto ad affidarsi al satellitare per rientrare in albergo. Cambiò ancora: vicino all’albergo c’era un posteggio di taxi, cominciò ad usarli soprattutto di notte. “Dottore dove la porto?” “Dove ti pare, fammi vedere Roma by night, anzi, sai che ti dico, mi metto vicino a te così mi sento meno solo, dammi del tu, io mi chiamo Alberto.” “Romolo, Romoletto per gli amici.” “Romoletto dimmi qualcosa di te.” “Eh, me faccio mette ar turno de notte per guadammiare qualche sordo de più, mia moglie è ammalata ed ho tre figli che vanno a scuola, all’età loro già andavo a bottega ma oggi, stì ragazzini sò schizzinosi, sembrano tutti figli de signori ed io non ho il coraggio…” “Romolè io so fortunato non ho figli in compenso ho avuto un’eredità e ho smesso di lavorare, a proposito…” “A proposito de che?” “No pensavo ai fatti miei.” In verità Alberto aveva abbandonato tutto senza rendersi conto che aveva molto in sospeso: era in regola solo col lavoro, si era licenziato ma per la casa di Messina… si sarebbe rivolto a Nicola F.suo compagno di lavoro, una procura… il giorno dopo avrebbe sistemato tutto. Ad un certo punto ‘ciccio’ reclamò la sua parte, quanto tempo era che non scopava, boh. Albertone si guardò intorno in albergo, spesso veniva a rifare la sua stanza una certa Rosina, l’aveva notata ma prima aveva per la testa solo per Regina. A proposito di Regina…capì che era stato un gran fregnone, si era innamorato come uno scolaretto mentre a lei piaceva solo scopare alla grande, decise che la storia era definitivamente chiusa e rivolse la sua attenzione a Rosina. Descrizione: altezza circa un metro e settanta, capelli biondi lisci, poco seno, vita stretta, gambe ben tornite, bel culo, insomma degna di nota. Una sera volutamente non mise dietro la porta della sua camera il cartello ‘non disturbare’ e così Rosina entrò in camera col pass partout. “Mi scusi signore ma…” “Niente scuse, è colpa mia, anzi voglio dirti la verità l’ho fatto apposta, volevo conoscerti. Mi pare che non abiti a Roma.” “No sto a Frascati, ogni mattina vengo a Roma con mia madre, lei lavora in un altro albergo, torniamo a casa il pomeriggio, ho due fratelli ed un padre invalido, le serve altro?” “Non volevo essere invadente, ti chiedo scusa ma volevo dirti…volevo dirti…” “Provi a dirmelo così lo saprò.” “Volevo dirti che mi piaci molto, all’inizio non ti ho dato confidenza perché ero in crisi, vengo dalla Sicilia ma sono romano, sono nato in via Conegliano, una traversa di via Taranto.” “Mi scusi la domanda ma cosa ci fa in albergo se ha casa a Roma?” “La mia casa è stata venduta tempo addietro, a Messina ho avuto dei grossi problemi e sono, come dire, scappato.” “Una femminuccia, vero?” “Hai indovinato mia bella Rosina ma ormai ho chiuso e sono pronto a…” “Primo: non sono la sua Rosina, secondo io non sono pronta a …” “Bel caratterino, non sarà facile per il tuo fidanzato…” Rosina si mise a sedere sul letto e si prese la testa fra le mani, piangeva. Cosa fa l’Albertone quando si trova dinanzi ad una ‘pulsella flentens’, l’abbraccia per vedere come va a finire. Tutto sommato gli finì bene. Dopo un po’ la baby si asciugò col grembiule il viso, si girò di spalle e prese a sistemare la camera. “Che ne dici se all’uscita dall’albergo ti accompagno a casa con la mia Jaguar.” “A parte che prendo l’autobus con mia madre, non mi fa alcuna impressione la Jaguar, forse lei è un…lasciamo perdere.” “Io non sono un…fino a due mesi addietro ero un’impiegato delle poste, poi ho avuto una grossa eredità, tutto verificabile. Dì la verità il tuo fidanzato ti ha lasciato, così siamo pari solo che la mia bella era sposata…” Rosina prese a guardare negli occhi Alberto: “Quanto anni hai?” “Quanti ne dimostro?” “Cinquanta.” “L’hai fatto apposta, meno dieci, posso farti vedere…” “Non voglio vedere niente, fra l’altro non sei il mio tipo.” “A questo punto una domanda sorge spontanea: qual è il tuo tipo?” “Lasciamo perdere, a domani.” Fine del primo round. Mattina dopo. “Mia bella frascatana stamane ti vedo radiosa, è la mia presenza che…” “Bel quarantenne, potresti anche piacermi ma te la devi meritare.” “A disposizione, senza parlare di soldi che sarebbe volgare cosa ti piacerebbe avere?” “Sto facendo la corte ad un paio di scarpe ma costano troppo, aspetto gli sconti.” “L’Albertone di cognome fa ‘sconti’, ci vediamo all’uscita.” In fondo Rosina era una bambinona, quando prese fra le mani le scarpe cominciò a ridere e abbracciò l’Alberto. “Per ora paga tu, quando prendo lo stipendio ti rimborserò.” “Cosa c’è meglio d’un rimborso se non un bacio diciamo… in fronte.” “Diciamo in fronte.” La notte porta consiglio nel senso che consigliò a Rosina di buttarsi sul bell’Alberto appena entrata in camera sua con la conseguenza che…immaginate come andò a finire. Rosina si dimostrò un’amante appassionata, tette piccole ma molto sensibili, un sessantanove con risucchio da parte della bella e goderecciate multiple. Una particolarità di Rosina: i peli del pube neri in contrasto con la capigliatura bionda naturale. Finale scontato: Alberto comprò casa a Frascati dove alloggiò anche la famiglia di Rosina, comprò anche un pastore tedesco ed un gatto soriano che, cosa strana, condividevano la cuccia e si facevano tante coccole, mah l’amore contro!