L'Attesa Silenziosa

Nel crepuscolo perlaceo di una notte immobile, un uomo dal cappello consunto giaceva rannicchiato all'interno di un cubo che egli stesso tracciava con un gessetto evanescente. La sua mano, nervosa e ossuta, scivolava lenta lungo i confini invisibili, come se il gesto potesse conferir loro una consistenza reale. Ogni linea completata restringeva il suo spazio vitale, ogni tratto lo avvicinava alla prigione perfetta.

"Ti costruisci il tuo stesso labirinto, eppure non cerchi l'uscita," sussurrò una voce, che pareva scivolare dagli angoli oscuri della stanza.

L'uomo sollevò il capo, e sotto la falda ombrosa del cappello si delinearono due occhi che parevano braci spente, prive di riflesso. Davanti a lui, sospeso in un’aria densa di polvere e sogni infranti, un essere dal volto intangibile si stagliava con l’eleganza di un’idea mai del tutto formulata.

"Forse il segreto non è uscire, ma affinare i confini fino a renderli impercettibili," rispose l’uomo, il cui gessetto continuava, ostinato, a disegnare.

"E quando il confine sarà dissolto?" insistette la voce, che ora sembrava intrecciarsi alle ombre stesse.

"Allora sarò ovunque e in nessun luogo. Non più prigioniero di pareti, ma parte del gesso, dell’aria, del nero insondabile che avvolge questa stanza."

La figura senza volto tacque per un istante, quasi ponderando il senso di quelle parole. Poi, con un movimento impercettibile, si dissolse in una spirale di polvere fosforescente, lasciando dietro di sé solo il silenzio.

L’uomo chinò il capo. La sua mano tremava mentre terminava l’ultimo tratto. Il cubo era ora perfetto. Non esisteva spiraglio, non esisteva difetto nella simmetria. Il respiro si fece affannoso, e il cuore pulsava come un tamburo che annuncia la fine di una battaglia già decisa.

Chiuse gli occhi.

Quando li riaprì, la stanza era scomparsa. Il cubo non era che una cornice che fluttuava nel nulla. Lui stesso non sentiva più il peso del corpo, né il freddo delle ginocchia poggiate a terra. Esisteva soltanto la linea, e l’idea della linea.

E in quell’attimo, capì che l’aveva superata.