L'avventura di un attivista per la pace
È una bella giornata, il sole tiepido, il cielo limpido, il mare sembra una coltre impassibile. Hanno scelto la mattina giusta per andare a pescare.
Vittorio dice a Shane: “io vado insieme a Mutafiz. Tu vai insieme ad Amos?”
“Si, va benissimo. Solo non so se sarò in grado di stare sopra un imbarcazione da pesca, è la prima volta per me”
“Tranquillo, noi li dobbiamo solo accompagnare, per dargli un po’ di sicurezza. Devono capire che siamo pronti a rischiare proprio quanto lo sono loro” gli risponde Vittorio.
La pesca sembra procedere bene, le lenze hanno già portato i primi pesci e si procede per l’utilizzo delle reti. Le due imbarcazioni decidono di fermarsi a sei metri dalla miglia.
Verso le sei del mattino accade ciò che tutti temevano accadesse: i due pescherecci vengono intercettati da ben otto imbarcazioni militari Israeliane. Vengono da queste accerchiati e si vedono aprire un fuoco intimidatori intorno.
“Il trattato di Oslo conferisce sovranità ai Palestinesi fino a venti miglia dalle coste della striscia e noi siamo solo a sei miglia dalle coste di Gaza, non riesco a capire perché ci sparano contro” dice Shane.
“Semplicemente perché siamo palestinesi caro amico mio” gli risponde Amos.
Vittori pensava che l’avrebbero ucciso, era questione di minuti. Gli puntavano addosso decine di fucili, pistole, canne di cannone. “Perché siete a bordo del nostro peschereccio?” chiese a loro, o meglio, chiese all’ufficiale che sembrava ricoprire il grado più alto. Continuò : “quale pericolo per la sicurezza di Israele rappresentiamo? Sono semplici pescatori che vanno a largo per procacciarsi il minimo sufficiente a sfamare le proprie famiglie”. Non ottenne, però, alcuna risposta dall’ufficiale Israeliano.
Vittori riprende a parlare: “ In quanto ben distanti dai confini Israeliani non riconosco la vostra autorità”. Così decide di iniziare una protesta non violenta: si arrampica sul tetto del peschereccio e da lì sull’impalcatura di ferro che funge da gru, a poppa, per issare le veli. I militari, altresì, non rimangono fermi, lo inseguono e gli puntano le pistole in faccia. Questa scena dura pochi istanti, fino a quando sopraggiunge un altro soldato che gli spara un colpo di pistola taser sulla schiena, ovvero una fortissima scarica elettrica che in un attimo lo fa accasciare a terra. Con Vittorio sul suolo i soldati – erano quattro – cercano di spingerlo di sotto sulla poppa, una caduta di tre metri che gli avrebbe procurato, come minimo, qualche frattura. Fortunatamente, con un colpo di reni riesce a gettarsi in mare, e vi rimase, nuotando lentamente verso la costa di Gaza, non curandosi degli spari che i soldati facevano arrivare a pochi centimetri da lui. Nuotò per una buona mezz’ora, con le navi che lo seguivano a breve distanza, ma i palmi delle mani si erano fatti blu, i denti iniziavano a battere, quindi, stremato decise di fermarsi e farsi trarre fuori dall’acqua dai soldati.
Le navi si diressero verso il porto di Ashkelon . Vittorio continuava a tremare per il freddo, ma non poteva farci nulla, non si poteva muovere, stufi di lui i soldati gli avrebbero sparato con estrema facilità.
Una volta arrivati al porto sono stati condotti fuori dalle imbarcazioni da guerra, lui e il suo amico attivista Shane, e videro una scena agghiacciante :tutti quanti i pescatori stavano inginocchiati nudi, incatenati alle caviglie e coi polsi ammanettati dietro la schiena , bendati. Avevano fatto tutta la traversata in mare in quello stato.
Vittorio e Shane trascorreranno , poi , tre giorni in un angusta cella di Tel Aviv , popolata da insetti e parassiti.
Nel buio della cella Vittorio non riesce a non pensare a quella terribile giornata in mare, dove per poco non è morto. Non riesce a scrollarsi dalla mente l’immagine di quel soldato israeliano che gli puntava la pistola in fronte, e pensa : “i loro occhi, dietro i passamontagna neri, sono la migliore rappresentazione dell’odio che mai mi è capitata di vedere, un odio impartito in anni di lezioni rimandate a memoria, su come annientare il nemico, anche quando il nemico non esiste”.