L'eredità dell'amante materno
Chiamarsi Vaccaro è una normalità ma nel caso che tale cognome risulti anagraficamente quello di un contadino la situazione cambia. Era il caso di Calogero ( di origine siciliana che esercitava il suo mestiere in frazione Pavone di Albano Laziale vicino Roma. Sposato con Santa Diotaiuti conduceva la classica vita di coltivatore della terra con la sveglia il mattino presto, mungitura delle due vacche che venivano poi agganciate ad un aratro per ‘tracciare un solco’ senza spada come da mussoliniana memoria, solco dove impiantare i semi di frumento o di altri cereali. Il buon Calogero si dedicava anche alla cura della vigna mentre la consorte Santa era addetta al pollaio e alle faccende domestiche. Il cognome era stato apposto ad un suo antenato da qualche sacerdote integralista che in tal modo aveva per sempre ‘bollato’ la sua condizione di figlio di N.N. I coniugi Vaccaro dopo vari anni di matrimonio avevano messo al mondo Carlo Alberto un bel pupone biondo e dalla pelle chiara in contrasto con quella dei genitori bruni. Il nome gli era stato imposto dal marchese Sinesio Langellotti suo padrino di battessimo e proprietario del terreno. Crescendo a Carlo Alberto erano state evitate le fatiche della coltivazione dei campi su suggerimento del marchese che da, buon padrino sovvenzionava ogni mese la famiglia Vaccaro. Il giovane frequentò le elementari nel plesso vicino casa, iscritto alla scuola media cominciarono i suoi guai. I suoi compagni, la maggior parte figli di persone abbienti lo sfottevano per il cognome: “Quante vacche hai?” “Ci porti un po’ di latte?” “Mio padre ha detto che il vostro vino fa schifo!” Carlo Alberto spesso tornava a casa piangendo, i genitori cercavano di consolarlo: “Fai finta di non sentire.”, soprattutto la madre gli era più vicino, Un giorno Carlo Alberto tornò a casa con un occhio nero, aveva cercato di difendersi dalle ingiurie prendendo a pugni i dileggiatori ma ne aveva pagato le conseguenze. Né Calogero né Santa andarono dal preside per informarlo che il loro figlio era oggetto di stalking da parte dei compagni. Dopo un bel po’ tempo il marchese si ritirò nel suo castello adiacente al terreno agricolo dopo un ‘world tour’, era abbronzato e molto dimagrito. Calogero: “Signor marchese lei ha bisogno di riposo e soprattutto di mangiare qualcosa di buono, chissà quante schifezze avrà ingurgitato, mia moglie insieme a sua sorella Gina sarà a disposizione sia per mettere in ordine il suo castello che a preparare intingoli romani.” Santa aveva preso sul serio quell’incarico tanto di rimanere talvolta nel castello del marchese anche la notte, giustificazione al marito: “Caro ero tanto stanca che i sono addormentata sul letto degli ospiti.” Calogero non si poneva tante domande, con l’aiuto del marchese aveva acquistato un altro paio di vacche e soprattutto aveva ingaggiato un giovane contadino che lo aiutava nei lavori georgici (dei campi). Un giorno, era domenica, il marchese incontrò Carlo Alberto: “Non so più nulla di te, dimmi qualcosa per esempio che classe frequenti…” Sto per compiere diciotto anni, quest’anno sono di licenza liceale poi si vedrà.”Se non hai la patente datti da fare, vai alla scuola guida ‘Lo specchietto‘, il padrone Giovanni Gerundini è mio amico, digli di mandare a me il conto delle lezioni poi contatta un meccanico di Albano per sistemare la Lancia Aprilia che è nel mio garage, era di mio padre. Carlo Alberto seguì le direttive del padrino, conseguì la patente di guida, fece sistemare la Lancia Aprilia con la quale portava in giro il marchese e sua madre, sembravano loro i suoi genitori. Il marchese durante i suoi viaggi aveva pensato solo a divertirsi tralasciando la salute, negli ultimi tempi non stava bene, ricoverato nella casa di cura San Camillo risultò affetto da glaucoma con perdita in parte della vista ma il problema più preoccupante era il cuore affetto da fibrillazione atriale. Fu consultato un cardiologo che decise di operarlo al cuore il giorno successivo, il marchese morì durante la notte. Al funerale parteciparono oltre Calogero, Santa e Carlo Alberto in prima fila dietro il feretro anche molti paesani riconoscenti per le donazioni ricevute dal nobile. All’apertura del testamento depositato presso il notaio D’Arrigo Carlo Alberto risultò l’unico erede, un patrimonio veramente ingente. Da quel momento molto cambiò nel menage della famiglia Vaccaro: Santa a Carlo Alberto si installarono nella villa del marchese, Calogero invece preferì restare nella casa contadina “Cosa farei tutto il giorno, non mi sento di andare in pensione, mi sentirei inutile, seguirò a lavorare nei campi, mi farò aiutare da quel giovane che ho ingaggiato per i lavori più pesanti.” Un giorno Carlo Alberto aveva posteggiato a Roma la Lancia Aprilia presso un negozio dove sua madre era entrata per acquistare dei vestiti, lui era rimasto seduto alla guida perché aveva posteggiato l’auto in divieto di sosta. Gli si era avvicinato un signore anziano che: “Che bella macchina, sono un appassionato di auto d’epoca, che ne dice di vendermela?” Carlo Alberto era perplesso, quell’auto era un ricordo del suo benefattore poi pensò all’acquisto di una macchina più moderna, una Jaguar che aveva notato su una rivista specializzata. L’affare fu concluso, notevole la somma incassata. Senza porre tempo in mezzo la mattina dopo Carlo Alberto e sua madre si recarono in taxi presso una concessionaria Jaguar. All’ingresso furono contattati da un impiegato della concessionaria che, venuto a conoscenza del desiderio del giovane: “Vado a chiamare il titolare.” Si presentò un signore vestito elegantemente con un abito fumo di Londra, fece un mezzo inchino: “Sono John Braun a vostra disposizione.” “Signor Braun vorrei acquistare la Jaguar F‐Pace 550 CV ADW.” “Ne ho una in concessionaria da molto tempo, il prezzo è elevato, i clienti della Jaguar preferiscono modelli meno cari, il prezzo è superiore ai centomila Euro, non so se ….” Carlo Alberto comprese che il signor Braun molto probabilmente era uno snob e lo considerava non all’altezza di pagare quella cifra. “Per la mia solvibilità può chiamare al numero telefonico che le fornirò il dottor Mazzarini, è il direttore della Banca Credito Romano.” “Mi scusi, non era mia intenzione…accetto la sua carta di credito platino.” Mamma e figlio uscirono dalla concessionaria con la macchina appena acquistata, passando per Albano Laziale notarono gli sguardi meravigliati dei concittadini, Carlo Alberto si sentiva (ed in verità lo era) figlio del marchese. Con l’aiuto della madre ‘rivoluzionò’ l’interno del castello in cui spesso dava delle feste a cui partecipavano i notabili dei dintorni, soprattutto femminucce che tentavano in tutti i modi di farsi impalmare, fatica inutile, Carlo Alberto seguiva l’esempio del marchese suo padre: niente legami fissi!