L'indigestione
La debole luce dell’alba disegnava nella stanza la sua figura , seduto al tavolo, che ciondolava la testa, ormai sconfitto dal sonno. Appena il capo cadeva in avanti, con un sussulto si risvegliava e spalancava gli occhi. Poi lentamente il gioco si ripeteva e gli occhi si richiudevano. A interrompere quel circolo vizioso arrivò la signorina Adele che bussò più volte alla sua porta. Tommaso si alzò, indossò la sua vestaglia e mentre accendeva il lume a petrolio a voce alta chiese: ‐ “Chi è?” ‐ “Signor Tommaso, sono io, la signorina Adele”. Con movimenti lenti Tommaso andò alla porta, tolse i giri di chiave e aprì. La signorina Adele era vestita di tutto punto per la messa, il cappellino di feltro con la veletta, il solito cappotto nero e una vecchia stola di pelliccia di un non ben identificato animale, forse lapin. Era domenica e come consuetudine, Tommaso l’accompagnava alla prima funzione del mattino. Guardandola si poteva ben comprendere perché fosse rimasta signorina. Aveva più o meno la stessa età di Tommaso, circa cinquant’anni, un viso segaligno con tratti che escludevano ogni segno di bellezza, seppure remota, e la sua voce, cantilenante e stridula, non faceva altro che sottolineare il suo aspetto. Ma per Tommaso, oltre che essere la sua padrona di casa , era anche una compagnia, forse l’unica, per un uomo come lui, schivo e poco incline alle amicizie. La signorina entrò in quella stanza con cucinotto che era tutta la casa di Tommaso, e nel vederlo ancora in vestaglia gli disse indispettita : ‐“Signor Tommaso! Ma come, stavate ancora dormendo? Ma faremo tardi per la messa!” ‐“Buongiorno Madamin.” disse trascinando le parole –“ Abbiate pazienza, ma se proprio ci tenete che vi accompagni bisognerà andare alla funzione delle 10…” ‐“Non vi sentite bene?” ‐“Proprio no . Sono tutto rotto, come se mi avessero bastonato.” Poi si avvicinò allo specchio e guardandosi esclamo con sorpresa:‐ “Santo cielo! Guardate qui. Ho due borse sotto gli occhi che fanno paura! Per non parlare della bocca: mi sembra di avere mangiato la colla…” . Poi tirandosi fuori la lingua: ‐“Aaaaaaa… madamin, statemi lontana, ho un alito che potrebbe uccidervi.” ‐“Su signor Tommaso, vi faccio un bel caffè?” ‐“Ecco, si, brava, siate gentile, è proprio quello che mi ci vuole. Del resto se mi sento così è anche un po’ colpa vostra.” ‐“Mia, signor Tommaso?” ‐“ Eh si Madamin... Oddio, indirettamente perché se voi non aveste avuto il pensiero di festeggiare il vostro compleanno con una cena cosi… “importante” diciamo, ecco, io non avrei mai ecceduto.” Quasi stupita la signorina Adele rispose senza batter ciglio: ‐ “Va bene signor Tommaso, vorrà dire alla prossima occasione festeggeremo a pane ed acqua.” ‐“Via, Madamin Adele, non ve la prendete, dicevo così per dire. Lo so che ho esagerato io, ma ai ravioli di carne nel vino ed al brasato al Barolo non so proprio resistere. E se poi lo stesso Barolo accompagna la cena, non c’e santo che tenga !” La signorina Adele sorrise, si tolse cappellino e cappotto e si mise a preparare il caffè. ‐ “Ve lo avevo detto di non esagerare signor Tommaso. E questo è il risultato.” ‐“Va bene, va bene… quello che è fatto è fatto. Ma lo sapete madamin che ho girato tutta la notte nel letto tra incubi e visioni? Ho sentito tutti i rintocchi del campanile: l’una , le due, le tre, le quattro. E poi tutte le volte che riuscivo a chiudere occhio, russavo così forte che mi svegliavo!” ‐“Ah ah ah ... Addirittura!” ‐“ Davvero! Non mi avete sentito per caso, stanotte?” ‐“ Signor Tommaso, io dormo alla fine del corridoio e comunque quando chiudo gli occhi non sento più nulla. Sono come morta.” ‐“Beata voi. Comunque, dopo le quattro devo essermi addormentato perché non ricordo il rintocco delle cinque. E in quel periodo di tempo lì, ho avuto un incubo che mi ha messo una angoscia addosso che è come un macigno.” ‐ “ O Santo Cielo, che cosa avete mai sognato?” ‐”State a sentire. Dunque. Ero qui, nella mia stanza, alla finestra, e guardavo il paese. Ad un tratto mi rendo conto di sapere volare. Sapete come succede nei sogni, no? “ ‐“Veramente io ho anche paura a fare le scale, altro che volare! Andate avanti, raccontate intanto che “sale” il caffè”. ‐“Come dicevo, mi rendo conto di essere in grado di volare. Così salgo lì, sul davanzale e agito le braccia come se fossero ali, così. Vedo che un po’ alla volta mi sollevo. Un balzo e… spicco il volo dal davanzale; subito mi accorgo che non è così facile, anzi è piuttosto faticoso. Ma volo! Volo! Così, faticosamente, mi libro sopra i tetti del paese. A dire la verità non assomigliava per nulla al paese. Ma anche questo capita nei sogni: sai di essere in quel posto anche se non è per nulla uguale.” ‐“ Se andate avanti di questo passo signor Tommaso, faremo tardi anche per la funzione delle 10. Andate avanti su, ora mi avete incuriosita. E allora?” ‐ “ E allora… E’ sera. In maniera maldestra mi avvicino alle finestre delle case. Ma non è per nulla facile. Sbatto parecchie volte contro cornicioni e grondaie nel tentativo di arrestare il volo. Quando finalmente riesco, mi accosto alle finestre e , non visto, spio nella loro intimità familiare. E’ l’ora di cena , perché tutti sono a tavola seduti a mangiare. Nonostante le finestre chiuse posso sentire le loro voci ; ridono, parlano, brindano. Volo via verso un’altra finestra dove all’interno scorgo le figure di due persone che cenano. Guardo meglio quelle due persone dall’aspetto così famigliare e riconosco in loro mia madre e mio padre. Ma sono molto giovani, almeno trent’anni più giovani. Allora la sorpresa si trasforma in emozione e poi in gioia. Senza indugiare oltre busso ai vetri della finestra e col cuore in gola comincio a chiamarli : ‐“Mamma! Papà!” Mia madre è seduta coma sua abitudine, in modo composto e con la schiena dritta. Mio padre invece è curvo sul piatto che mangia, senza nemmeno alzare lo sguardo. Richiamata dal rumore e dalle grida, mia madre si alza i viene ad aprire la finestra. Quasi senza sorpresa mi sorride, mi fa entrare e con tenerezza mi abbraccia. Mio padre invece continua a mangiare, solleva appena lo sguardo e scuote la testa in segno di disapprovazione. Mia madre mi prende per le spalle e con preoccupazione mi domanda.‐“Tommaso, da dove arrivi?” “Mamma, io arrivo dal cielo! Io volo mamma, capisci? Il tuo figliolo sa fare una cosa straordinaria: sa volare!” Mi sorride, quasi con compassione, poi si volta verso mio padre. Io mi avvicino a lui e gli dico: ‐“Papà, ora puoi essere orgoglioso di tuo figlio. Tuo figlio sa fare una cosa che nessun altro uomo al mondo sa fare. IO VOLO! Ti rendi conto, io so volare. Non è bellissimo?” Freddamente lui mi guarda e mi domanda:‐ “E a cosa serve? Ti da forse da mangiare?Ti permette di avere una posizione nella società? No? E allora è un’altra di quelle stupide idee che ti inventi di notte! Ma quando è che diventi un uomo? Ma cresci una buona volta!” E così dicendo batte forte un pugno sul tavolo. Giro lo sguardo verso mia madre che ora sommessamente piange. All’improvviso sento la rabbia che mi sale incontrollabile al cervello. Non resisto più e la mano parte in uno schiaffo che va a colpire in pieno viso mio padre. Cade per terra e la mamma gli si fa accanto ed insieme mi guardano; lei con dolore, lui con disprezzo. ‐“Io volo, io volo!!!” , e mentre lo urlo sono sul davanzale. Ma sento di non esserne più capace. Ormai è troppo tardi, in ogni caso devo saltare, non posso più tirarmi indietro, E salto, agito le braccia, con forza, ma precipito giù e con un tonfo cado… lì… per terra, accanto al mio letto, tutto sudato, confuso e ammaccato… Avete capito adesso, madamin ? Avete capito perché sono così “mal preso” stamane?”. ‐“O santo cielo, signor Tommaso, potevate chiamare. Ci credo che siete tutto dolorante. Su adesso bevete il caffè. Non vi passerà il dolore ma almeno mandate via quel brutto sogno.” ‐“Grazie, siete sempre così gentile voi.” ‐“Bisogna che vi tenga buono e vi curi se no chi mi accompagna alla messa la domenica mattina?” ‐“Su, non dite così, sapete che lo faccio volentieri. E comunque madamin Adele, la prossima volta che avete intenzione di festeggiare qualcosa, sarà meglio che vi organizzate per il pranzo!”