L'uomo è un cane razionale, diviso sette
‐Come è andata oggi?‐ chiese Bobby con fare assonnato.
‐La solita settimana‐ rispose Lucky, grattandosi l’orecchio destro.
Bobby sedette sul suo didietro, adagiando la testa al collo. Lo chiamavano Bobby “Macchia bianca”, per via di quell’enorme chiazza avorio sulla fronte, leggermente spostata verso la tempia. Un essere sempre assonnato, il contorno degli occhi cascante, che mostrava il rossore perenne delle vene, mentre le pupille castane guardavano in su, scrutando il cielo o i suoi coetanei, lui che era il più piccolo in statura.
L’amico Lucky invece era completamente canuto, sempre arruffato, dalla fronte alle unghie, il portamento eretto e fiero, gli occhi piccoli e neri e il pelo che gli cresceva sotto la sua invidiabile dentatura, leggermente sporcato, ingrigito. Non aveva soprannomi, come si conviene ai maschi alpha.
‐A te Macchia?‐ disse Lucky dall’alto verso il basso.
‐Mangiare, dormire, mangiare, qualche grattatina piacevole, magari dietro l’orecchio…lo sai che vado in estasi…coccole con qualche randagia e una passeggiata al giorno, per prendere un po’ d’aria. Il solito insomma‐ spiegò Bobby starnutendo.
Anche Lucky si sedette, riprese fiato.
‐Perché per noi il tempo passa così in fretta? Un minuto fa ero in orario, invece ora sono sette minuti in ritardo‐ una domanda che entrambi si ponevano spesso, ma non avendo così tanto tempo per darsi una risposta, lasciavano sempre perdere. Le domande esistenziali non hanno mai una risposta, si sa, ma questa era impossibile anche solo da pensare. Nel momento in cui si chiedevano il perché, il per come, il quando, il dove, il se e il ma, il tempo era già passato, non veloce e rapido come si conviene, ma sempre moltiplicato, una costante matematica. Nonostante questa vita sempre al passo col tempo, l’andatura di Lucky e Bobby rasentava il ciondolare ritmico e rallentato di chi sa che cosa fare, senza badare troppo al tempo che passa, passa, passa, passa, passa, passa, passa, mostrando una noncuranza che stimola gli altri a correre più velocemente, per avere il sentore di essere migliori.
‐Ci vediamo dopo Lucky?‐ disse Bobby annusando l’aria, impregnata del fumo proveniente dalla fattoria vicino.
‐Quando?‐ rispose Lucky.
‐Tra tre ore. Fatti te i calcoli‐
Lucky salutò Bobby e cominciò a contare per capire quando si sarebbe dovuto rincontrare con il suo amico fedele. Erano le 10:00 di mattina, quindi a rigor di logica, l’indomani si sarebbe dovuto svegliare presto per essere nello stesso e solito posto alle sette. Sì tre ore, aveva senso.
Bobby era il cane dei fattori vicini, Lucky invece viveva nell’ultima di una serie di fattorie, al termine di una pianura erbosa, costellata di piccole macchioline verdastre, a volte grigie, formate dagli arbusti. Ogni volta che i due si incontravano, dovevano fare una lunga traversata della piatta terra che li divideva, chiacchieravano dai 30 ai 40 minuti (o dai 4,285714285714286 ai 5,714285714285714 minuti, a seconda dei sistemi di misura) e poi ripercorrevano in senso contrario la stessa strada. Ogni giorno. Il problema era che un uomo, a percorrere alla stessa velocità (o quasi), quel tratto di terreno brullo, ci metteva all’incirca due ore, mentre loro, poveri cani, ce ne mettevano quattordici e considerando che Bobby dormiva molto, i due furono costretti a portarsi cibo e acqua per il tragitto; e non solo. Infatti, oltre alla carne, agli avanzi di pasta, alla ciotola e al piccolo barile pieno d’acqua legato al collo, entrambi si portavano appresso anche una palla gommosa e un osso di plastica, nel caso la noia aumentasse.
Una volta chiacchierato, se ne tornavano alle rispettive fattorie, Bobby mettendosi nella cuccia a dormire o intrattenendosi con compagnie occasionali, e Lucky accudendo i tre figli (che per fortuna sua non erano moltiplicabili) e dando retta alla compagna, poi forse un po’ di tempo per riposare gli rimaneva. Durante il giorno, mentre non c’era, il primogenito Fido, andava a scuola, o meglio era la scuola che arrivava da lui. Una maestra gli insegnava i conti, la storia della loro inurbanità, anche se loro preferivano chiamarla oscurantismo, le differenze tra le loro razze e l’importanza del rapporto 1 a 7 nella vita quotidiana. Un po’ come il numero aureo dettava matematicamente o divinamente le proporzioni di ogni cosa. Una costante imprescindibile, ma bellamente snobbata, cosa che però i poveri cani non potevano certo ignorare.
‐Che cosa hai imparato oggi Fido?‐ chiese Lucky.
Fido si girò su se stesso, scodinzolando per la contentezza di vedere suo padre, muovendo tutto il suo corpo peloso e andando a trusciarsi contro il genitore, con il capo leggermente abbassato in segno di rispetto.
‐Ciao papà. Oggi la signora Tin Tin mi ha spiegato tante cose. Mi ha detto dell’1 diviso 7‐
‐Il rapporto 1 a 7 intendi?‐ disse Lucky.
‐Sì papà. Oggi matematica‐ Fido provò a ricordare il problema svolto in quella giornata‐ Ci ha detto che se un padrone viaggia ad una velocità di 5 chilometri orari e un cane viaggia a 10, per percorre una distanza di 70 chilometri, il padrone ci metterà 14 ore mentre il cane 49, quindi il cane dovrà partire 5 ore prima del padrone per arrivare allo stesso momento. Poi però ci ha detto che il cane viaggerà sempre assieme al padrone, quindi al termine del viaggio rimarrà esausto dai due giorni di cammino e dovrà dormire. Per questo quando un cane va da qualche parte con un uomo, lo aspetta fuori dormendo. Allora io le ho chiesto perché alcuni cani stanno fuori dalla porta ad aspettare il loro padrone, fissando l’entrata e la signora Tin Tin mi ha detto che capita che alcuni di noi impazziscono. Sono cani che non riescono a vivere in pace con loro stessi e quindi fanno così, cercano di essere come i padroni, facendo finta di non essere stanchi. Poveretti‐
‐Lo so tesoro, non è una vita facile. Poi cosa ti ha insegnato?‐
‐Mi ha raccontato del primo cane e della sua prima femmina. Ha detto che non avevano nomi perché nacquero prima dei padroni. Mi ha detto che poi il signore dei cani creò altri due cani, un maschio e una femmina, perché si era accorto che i figli dei due cani senza nome, non avrebbero potuto accoppiarsi né tra di loro, né con il padre o la madre, quindi creò una seconda coppia in modo tale da non creare incesti. Mi ha detto anche che dietro ad un albero un gatto si era trasformato in un padrone e i due cani senza nome, desiderosi di avere un nome proprio pensarono che fossero i loro primi padroni e all’inizio fecero tutto quello che il gatto trasformato gli disse, poi il cane maschio si accorse dell’inganno e uccise il gatto e da allora i cani non riescono a fare a meno di attaccare i gatti. Però ci ha detto che il signore dei cani era fratello del signore dei gatti e che dopotutto forse era meglio lasciarli stare i gatti, ma molti non ci riescono mica‐
‐Sono i fondamentalisti figliolo‐ aggiunse Lucky ‐E che nome gli ha dato, il gatto, ai due cani?‐
‐Tigre al maschio e Tricky alla femmina. Ci ha detto che alcuni gatti si chiamano così per ricordare e tramandare quel momento in cui i gatti avevano ingannato noi cani‐
‐E poi, quando furono creati i primi due padroni?‐
‐Nessun nome papà, i primi due padroni non sapevano parlare. Il primo ad avere un nome fu Argo, qualche era dopo, quando il padrone riuscì a parlare e a dare nomi ai propri cani‐
‐E come si chiama l’epoca prima di Argo figliolo?‐
‐Uffa papà‐
‐Dai che lo sai‐
‐Età del silenzio‐
‐Bravo! Ora va a giocare con i tuoi fratellini che io sto un po’ con tua madre‐
Fido si allontanò mentre Lucky si diresse nella cuccia assieme alla compagna Coda. Si chiamava così perché quando la trovarono in un pozzo, era senza coda. Poi dopo un anno umano arrivò il compagno, un accoppiamento combinato, ma Coda e Lucky si vollero subito bene. Dal primo giorno Coda mostrò affetto per quel cane e così i padroni decisero di chiamarlo Lucky.
Quella sera Coda e Lucky fecero l’amore mentre i tre cuccioli giocavano poco lontano dalla fattoria. I due cani volevano arrivare a cinque e siccome il tempo era poco per loro, ogni sera ci provavano, figli permettendo. Poi una gravidanza apparentemente corta (per l’uomo), ma eterna per Coda, circa un anno e due mesi. Finito l’accoppiamento, Lucky corse fuori dalla cuccia tutto felice, andando lontano fino ai confini della fattoria, là dove iniziava la pianura. Fuffi e Sansone, i due cuccioli gemelli, gli corsero in contro.
‐Dov’è Fido‐ domandò Lucky?
I due cuccioli che non avevano ancora la parola, tirarono in qualche modo il padre, cercando di portarlo con loro. Poco distante, anche se il poco per un cane è abbastanza relativo, una macchina era ferma nel nulla e di fianco un uomo alto e snello che buttava lo sguardo sotto la sua vettura. Lucky guardando più attentamente vide del sangue subito dietro l’auto, da dove era giunta, una striscia rossa. Il cane si precipitò sul luogo, assecondato, per quanto potevano con le loro piccole zampettine, dai due cuccioli. Lucky annusò l’aria e il suo naso lo portò subito sotto la macchina mentre l’uomo fissava il cane giunto. Schiacciato all’altezza dell’addome, Fido giaceva inerme adombrato dalla massa della macchina. Lucky cercò di intrufolarsi al di sotto della stessa, afferrò il figlio e lo tirò fuori, alla luce. L’uomo cercò di avvicinarsi a Lucky, ma il padre afflitto mostrò i denti e ringhiò. L’uomo rimontò sulla sua macchina e si diresse verso la fattoria. In un tempo sconosciuto, dettato dallo scorrere normale dell’uomo e storpiato dal rapporto 1 a 7 della razza canina, arrivò il padrone di Lucky. Dapprima Lucky non permise al suo padrone di intervenire, aiutato anche dall’abbaiare costante e ridicolo dei due cuccioli, ma subito dopo si allontanò permettendogli di prendere in braccio il suo cucciolo e quindi di seppellirlo in un posto vicino alla fattoria.
La morte per i cani è un’esperienza diversa da qualsivoglia altra specie sulla Terra. Non c’è un attimo in cui un cane muore, come per gli umani, ma la dipartita è un travaglio che può durare anche giorni. Per l’uomo il passaggio da vivo a morto è giustamente un attimo, un’unità di misura non quantificabile. Per il cane invece questa unità di misura non quantificabile va moltiplicata per sette, ma non essendo quantificabile dura tra “poco di più di un attimo, fino a 7 giorni”. Quando un cane si allontana dal proprio padrone, non è per andare a morire da solo, ma per terminare il suo travaglio premorte. Quando sta morendo, è già morto, ma ha bisogno di un attimo x 7 (questa la formula basica che spiegano nelle scuole canine) per essere definito morto, alla maniera umana.
Come nel caso di Fido, l’esperienza di premorte durò ben poco, diciamo poco meno di un secondo, ma certamente più di un attimo, almeno sette volte tanto, ma come successo allo zio di Lucky, una malattia lo costrinse ad allontanarsi dal suo padrone, percorrere la distanza che lo separava dal bosco, posto sul limitare della pianura (tragitto percorso in poco più di 24 ore), per poi restarsene raggomitolato su se stesso per altri tre giorni. In questo caso, matematicamente parlando, l’attimo tra vita e morte è possibile quantificarlo e non corrisponde ai quattro giorni in cui il cane ha smesso di esistere, ma dividendo per sette le 96 ore e cioè, l’attimo, agli occhi umani, per la morte dello zio di Lucky, durò 13,714285 periodico. Nel caso dell’attimo canino premorte, indipendentemente dal risultato, sarà sempre periodico, questo era quello che aveva imparato Fido prima di morire.
Lucky si fermò sdraiandosi vicino alla macchia rossa, mentre Fuffi e Sansone gli davano piccoli colpetti alle zampe con i loro graziosi musetti, fino a quando entrambi non riuscirono ad infilarsi sotto le zampe muscolose del padre. Coda arrivò dopo un po’ di tempo, annusando prima il luogo dove il figlio era morto e poi accucciandosi di fianco al compagno, prendendosi sotto il pelo Fuffi e Sansone, leccandogli la testa. La vita per un cane era certamente breve, il rapporto 1 a 7 era inesorabile, ma quando un fattore esterno non faceva compiere il tragitto, tutta la famiglia si raccoglieva in cordoglio e come tradizione dice, il cordoglio stesso sarebbe dovuto durare sette volte sette, un periodo che noi umani ancora non siamo riusciti a distinguere.
La famiglia di Lucky tornò a casa silenziosa. Arrivati, Coda mise a dormire i propri cuccioli, dandogli una leccata sulla testa e arruffandogli il pelo. Lucky andò dal suo padrone che lo stava chiamando. Lo stesso lo accarezzò, lo abbracciò e si diresse verso la cuccia e fece lo stesso con Coda, Fuffi e Sansone, toccando più dolcemente i piccoli. Poi si fece seguire da Lucky dietro la fattoria dove aveva allestito una tomba per Fido.
Da quel momento, ogni giorno, fino a che non morì la moglie, il dolore per Lucky era talmente forte che rimase in cordoglio (sette volte sette) continuo, cosicché Bobby fu costretto a trasferirsi nella fattoria di Lucky, altrimenti ci avrebbe messo un giorno e quattro ore per arrivare dal suo amico e tornare a casa. Lucky invece non poteva percorrere le 14 ore di andata e ritorno per vedere il suo amico a causa del suo continuo cordoglio.
I cani, si sa, non hanno molto tempo da dedicare a diverse cose, quindi ne scelgono solo una o due da fare. Non sono abitudinari, i cani sono pratici e difficilmente faranno ogni giorno qualcosa di diverso. C’è chi decide di mettere su famiglia e chiacchierare col proprio amico, come Lucky, c’è chi decide di dedicarsi solamente ai proprio figli e al proprio compagno come Lucky e chi dorme dorme dorme come Bobby. Quasi sempre i cuccioli invece studiano e dormono, tralasciando ovviamente il mangiare e i bisogni fisiologici, ma per questo si dovrebbe disquisire a lungo, soprattutto sui bisogni fisici che purtroppo per i cani, sono sempre moltiplicati per sette.