L'uomo senza volto - esistenze appartate
Il percorso era sempre lo stesso. Il parco nuovo dove i bambini senza maglia giocavano mettendo la pelle alla mercè del sole cocente; le donne che non potevano permettersi vacanze esotiche, come matrone antiche filavano i loro discorsi all'ombra degli alberi, mentre i più piccoli ritornavano da loro con i volti rigati dalle lacrime, con le ginocchia sbucciate. Era il segno dell'estate, l'apertura di finestre e porte sui pianerottoli anneriti dal fumo delle braci. Il fuoco nel fuoco dell'aria silenziosa, dava l'idea che infondo il tempo non esistesse. Come se tutte le cose, gli eventi, i dolori e le gioie delle stagioni passate non fossero mai esistiti. Questo era l'estate un'immemore distesa di biancore e sospensione.
La parte retrostante del parco dava su una piccola cappella, lì opulenta e bizantina si ergeva la Madonna della scuola. Un raccordo di due strade differenti: il sacro deserto del raccoglimento e il ritrovo di quelli che il paese definisce '' i tossici'' .
Quello però era il giorno dell'uomo senza volto. La macchina era parcheggiata alla rinfusa, come si fosse fermato di scatto senza manovre, un'urgenza che avrei capito solo dopo.
In macchina addormentato c'era un ragazzino con la bava cristallizzata agli angoli delle labbra e le mani piccole da neonato.
Sotto la cappella c'era l'uomo senza volto con le mani giunte. Non era seduto o raccolto nella calma, somigliava alla sua auto gettata lì a caso, nella fretta, nell'urgenza. Oscillava come un pendolo e anche lui piangeva, come i bambini del parco. Ma i vestiti non erano laceri e le ginocchia non erano sbucciate.
Quindi anche questo era l'estate.
L'osservazione del mistero che si propagava in ogni dove .Del dolore esposto sotto la luce indiscreta e violenta del sole.