L'urlo di Tonio
2008 Primavera, alture del Pigno, Marano di Napoli. Oggi rientrando nella villetta del mio padrone di casa, ho visto movimento d’uomini lassù, tra gli ultimi alberi ed arbusti di una campagna perdente. Dal ramo forte del ciliegio pendevano corde intrecciate ad una nera carrucola. Poteva essere un’impiccagione d’altri tempi. Fiori di ciliegio volavano nel vento.
“Venite quassù dottore, accerimmo o’ maiale”, venite! E’ ‘nu spettacolo!”
Ho risentito la voce di mia zia Maria che prendendomi per mano mi diceva: “Via dall’aia, vieni su con me, qui oggi si uccide Tonio. Non è uno spettacolo per bimbi”.
Avevo sei anni a Villa Adela, a Serravalle Scrivia. Tonio era il mio amico di guerra, in quella casa di grandi, dove l’unico bambino ero io. Lo aveva portato, un giorno, nonno Angelo, che si occupava dell’approvvigionamento di cibo, in quei momenti di fame. Un pugno di carne rosa, con una simmetrica metà nera . Un germoglio di vita che avevo già appreso nella stalla, alla nascita del vitello o allo schiudersi delle uova dell’oca Santina.
“Lo chiameremo Tonio” Il nome dato fu il viatico d’entrata in famiglia di un’altra entità. Fu sistemato nel sottoscala e per molte notti ci impedì il sonno. Crescendo, mi fu affidato il suo per il pascolo nei campi, vicino alla concimaia. Per la mia ‘paura dell’acqua’ a lavarmi, qualcuno, in villa, iniziò a darmi del Tonio. E la cosa non mi dispiaceva, ma mi univa maggiormente a questo enorme animale che sentivo amico.
“Spezza le gambe di un capretto con un solo morso” mi diceva, l’Adele, la cameriera bambina che si aveva lassù. Ed io ero riconoscente a quel muso rosa, con due buchi carnosi per naso, che mi s’intrufolava, grugnendo, tra le gambe, come se volesse giocare con me. Qualcuno, leggendo, si meraviglierà che noi si potesse convivere con un porcile in casa. Ma non sa cosa può essere una guerra, quale alternativa di costumi può aprire. Vincono le necessità basilari. Vi dirò di più. Crescendo Tonio, il sottoscala si fece troppo angusto e decidemmo di metterlo nel salottino di vimini, gioiello della casa in affitto. Ovviamente, accatastammo i preziosi mobili della padrona di casa che nulla doveva sapere. Poi arrivarono le armate tedesche e prima che requisissero Tonio si decise di trasformarlo in salami e prosciutti.
Quel giorno, lo ricordo ancora. Zia Maria che mi porta al primo piano, nella sua camera da letto. Un urlo di dolore, quasi umano, che lacera l’aria. “Chiudi le orecchie, come quando bombardano” Vedo il volto di zia, che si scherma le orecchie con entrambe le mani, la stessa espressione del bombardamento del ponte sullo Scrivia. Io non sento più nulla, solo il pulsare del sangue. Uccidono l’unico amico che ho. Il volto di zia si decontrae, sorride: “Finito”.
Scendiamo. Tonio è appeso per un garretto al ramo del pioppo. Dalla sua gola squarciata il sangue cola in un secchio.
‐ “Se ne fa sanguinaccio, con quel liquido rosso, vedrai che bontà!”