La carezza
“Mi piace”, pochi bytes, un ciao, un assenso, un consenso, solo un dito su di un tasto, da chi, in realtà, non conosciamo, in questo marchingegno, falso distributore di illusioni, di interazione, amicizia e affetto. Ci siamo ridotti a questo, nella nostra disperata solitudine. L'interazione vera, ad personam, è estremamente più difficile. Implica un'aurea particolare, che non sempre ci coinvolge. I sensi, giudici tremendi, ci fanno accettare o scartare l'altro, a volte nella nostra inconsapevolezza. Il reale vuole questo, è un filtro severissimo. Un odore, un colore, un vezzo ci possono attirare o far fuggire. Nel web, i giochi mutano; riversiamo la nostra fantasia, modelliamo fantasmi, costruiamo giocattolini che vorremmo esser sicuri di aver trovato. Ci accontentiamo anche di una trappola, un quadratino di fotografia di vent'anni fa ci appaga, tanto da non premunirci ad una delusione. Perchè la delusione non va da essere! Ma in milioni d'anni l'uomo può essere giunto a questo baratto mediatico: io non ti do una carezza, ma ti dico “mi piace”, qualsiasi cosa tu posti. Il contatto di una mano è pura magia interattiva. Ve lo dice un medico. L'ammalato non vuole la tac, lo scanner, la telecamera nello stomaco. Vuole una mano che lo tocchi. Gli sciamani lo avevano già capito. Anche il bimbo nella bua della pancina vuole la mano della madre, unico vero rimedio salutare. L'alba doveva ancora sorgere, quella mattina sul vulcano Bromo, nell'isola di Giava. Freddo, altitudine, buio senza luna. “Dottore, c'è una turista francese che sta molto male, venga”. Solo un'ombra stesa, un respiro affannoso, il lampo di uno sguardo. Le accarezzai il volto teneramente. “Respira con me, più lentamente, ti prego.” Due esseri, nel buio, sconosciuti erano uniti da un contatto, di cui ignoravamo entrambi l'effetto. Ricordo che nella polverosa discesa, mi raggiunse. Mi è rimasto ancora il suo sorriso.