La favola del prato magico
C’era una volta il cortile di un condominio. Ogni pomeriggio, dopo la scuola, cinque bambini si incontravano per giocare assieme. I loro giochi preferiti erano le biglie colorate, i soldatini, le macchinine e nascondino. Certi giorni, preferivano correre con le biciclette, dietro il palazzo e attorno alla fontana. Il loro cortile confinava con un grande prato che i bambini guardavano appoggiando la faccia alla rete verde che era il loro recinto. In quel prato non c’era mai nessuno, solo gli animali lo abitavano. Si vedevano gatti selvatici e cani randagi. Moltissime lucertole prendevano il sole indisturbate e le libellule volavano in gruppo. Sugli alberi cantavano tanti uccellini diversi che però non litigavano mai tra di loro. Era proprio un bel prato. Un pomeriggio, giocando alle palline colorate, uno dei bambini, per sbaglio, ne tirò una oltre la rete verde, in quel prato. La vedevano bene la loro pallina ma era impossibile andare a recuperarla: la rete era alta e loro erano ancora piccoli. Si dovettero rassegnare, quella biglia era persa. Ci furono alcuni giorni di pioggia e altri di sole. Un pomeriggio, i cinque amici fermarono le biciclette vicino alla rete verde dove la pallina era uscita per sbaglio. Nessuno riuscì a vederla tra i fili d’erba di quel prato rigoglioso. C’era, invece, una nuova piantina, alta come un bambino e con dei rami sottili. Sui rami si vedevano bene delle piccole foglie ma i fiori erano proprio strani. “Ehi!” disse un bambino “Ma che fiori strani ha quella piantina!”. “Eh sì” disse un altro “sono rotondi come un pisello ma di tutti i colori!”. “Ma…” aggiunse il terzo “sono come delle palline, delle palline colorate!” “La nostra biglia” disse il quarto “era caduta proprio lì ed ora non c’è più!” “Non potrebbe essere una pianta di biglie?” concluse il quinto. “Una pianta di biglie?” risposero tutti in coro. I cinque bambini restarono con gli occhi spalancati e le facce appiccicate alla rete per tre minuti finché il più sveglio dei cinque si voltò e disse: ”Seguitemi, ho capito tutto, vi posso spiegare. Ci troviamo davanti al garage di mio padre.” Cinque biciclette si misero in moto e in un battibaleno tutti furono sul luogo dell’appuntamento. Appoggiate le biciclette al muro, si sedettero per terra come degli indiani. “Quello che vi dirò adesso potrà sembrare molto strano. Abbiamo visto tutti che la nostra biglia non c’è più e al suo posto, ora, c’è un alberello con delle piccole palline al posto dei fiori. Bene, quel prato deve essere molto strano, forse è un prato magico. Se seminando una pallina nasce una pianta di palline forse seminando una macchinina avremo un albero di macchinine. Dobbiamo fare una prova al più presto.” I quattro bambini che avevano ascoltato, muti come dei pesci, rimasero stupefatti della spiegazione. Ma si fidavano di lui: era sempre stato il primo della classe. Alla fine tutti muovevano la testa come per dire: “Sì, siamo d’accordo.” “Bene,” disse il capo “lanceremo con la fionda una macchinina oltre la rete verde e guarderemo bene dove va a cadere. Poi aspetteremo due settimane circa. Se la mia idea è giusta avremo macchinine nuove per tutti senza chiedere niente ai nostri genitori o ai nonni.” “Fantastico!” disse uno “Ma come andremo a recuperarle? Come supereremo la rete verde?”. “E’ una domanda giusta” rispose l’organizzatore “ma risolverò anche questo problema. Non oggi però. Chi ma dà una macchinina?”. Nessuno rispose e il capo cominciò a innervosirsi. Poi, risolse la situazione alla sua maniera e chiese: “Chi di noi a più macchinine?”. Tutti sapevano chi era e, infatti, il bambino più ricco si alzò e pescò dal suo sacco una Ferrari rossa un po’ graffiata. Il bambino più ricco la consegnò al bambino più intelligente che guardando il cielo disse: “Il primo giorno di sole porterò la mia fionda, voglio trovarvi tutti qui”. Arrivò il giorno fatidico, c’era un bel sole e quattro bambini erano in attesa che il quinto, munito di fionda, facesse volare la macchinina oltre la rete verde. “Uno, due e, e, e… tre!”: la Ferrari rossa spiccò il volo e atterrò senza fare rumore nel bel mezzo del prato. “Bene, operazione conclusa. Aspetteremo.” disse il tiratore scelto. Il bambino più piccolo aggiunse: “Io ho portato anche una caramella al limone, la mia preferita, e la lancio nel prato.” E così fece. Dopo solo una settimana là dove era caduta la macchinina e dove atterrata la caramella si vedevano già due piccoli alberelli, uno con dei pezzi di metallo rossi al posto dei fiori e l’altro con dei piccoli pezzi carta arrotolati. I bambini si guardarono negli occhi e si abbracciarono. “Io lancerò il mio trenino e così ne avrò così tanti che potrò regalarli a tutti i miei compagni di scuola!” disse uno di loro. “Io seminerò la mia bicicletta, e anche il pallone da calcio.” aggiunse un altro. “Io butterò una moneta e con quello che crescerà mi comprerò quello che voglio” affermò il primo della classe. Quella sera, tutti e cinque si addormentarono sopra un sogno bellissimo: un prato magico che poteva accontentare tutti e fare di ogni bambino il bambino più felice del mondo. Poche ore dopo, alle prime luci dell’alba tutti gli abitanti del condominio sentirono dei rumori di ruspa e camion e delle voci di uomini. I bambini continuarono a dormire e a sognare. Ma quando uscirono per andare a scuola si accorsero che, al posto del prato, c’era un cratere, una enorme voragine: delle ruspe stavano scavando e dei camion trasportavano via la terra. Un operaio disse ad alta voce: “Sono le fondamenta di un nuovo palazzo che nasce oggi.” I bambini guardavano increduli quel buco enorme. Niente più erba, niente più uccellini, niente più gatti selvatici. E niente più alberi magici. Un bambino si avvicinò alla rete e urlò: “Non occorre rovinare tutto il prato. Se volete un palazzo basta seminare un piccolo palazzo e aspettare due settimane!” Ma il rumore delle ruspe era troppo forte e nessuno sentì. Quando i bambini stavano per piangere, un operaio li guardò e gli chiese: “Sono vostre tutte queste palline colorate, queste macchinine e queste caramelle?.” Tutti gridarono di sì ed ebbero una montagna di biglie, di macchinine e di caramelle. Al posto delle lacrime spuntò un sorriso e tutti corsero a scuola.