La favola del pulcino dal becco lungo e sottile
C’era una volta un pulcino dal becco lungo e sottile. Era diverso da tutti gli altri e questo lo rendeva un po’ triste. Con quel becco lungo lungo e sottile sottile non riusciva a beccare neanche un chicco di grano. I pulcini normali avevano un becco corto e largo e si muovevano in gruppi di cinque o sei mentre lui stava quasi sempre da solo. Quando la tristezza lo andava a trovare lui volgeva lo sguardo verso l’alto e gli sembrava di sentirsi meglio. Guardava il cielo e le nuvole di giorno, le stelle e la luna di notte. Di giorno passeggiava cercando di non infilare il becco nella terra, di notte si metteva a pancia in su per guardare il firmamento. “Chi sono?” si chiedeva “Perché il mio becco è così diverso da quello degli altri pulcini?”. Osservando gli altri animali si era accorto di invidiare la civetta, la farfalla, il calabrone e l’aquila: “Se solo potessi…” pensava. Non parlava mai di quanto era infelice. Quando il porcospino o la marmotta gli chiedevano: “Coma va, pulcino dal becco lungo e sottile?” rispondeva sempre: “Bene, benissimo, chi sta meglio di me?”. Ma non era vero, non era sincero. “Se solo potessi…” pensava sempre. Mentre gli altri pulcini crescevano in fretta lui restava piccolino, piccolino ma con una gran becco. La lucertola, piccola come lui, lo rincuorava. Il passero passava sempre a salutarlo. Eppure quel pulcino era sempre più depresso, sentiva che gli mancava qualcosa. Un giorno di maggio, il pulcino dal becco lungo e sottile era intento a saltellare qua e là senza motivo e fu notato dalla faina che rimase impressionata: saltava molto in alto, altissimo, molto più in alto di un normale pulcino. “Perché fai tutti questo salti?” gli chiese la faina “C’è un motivo particolare?”. “Ma no, cara faina, è semplicemente quello che mi sento di fare. Se solo potessi…” A quel punto la faina usò tutta la sua intelligenza e lo mise alle strette: “Tu dici sempre: se solo potessi… se solo potessi…Perché non ti spieghi meglio? Forse ti potrei aiutare…” Alla fine, il pulcino dal becco lungo e sottile confessò: “Se solo potessi… se solo potessi… se solo potessi…volare!” La faina lo guardò stupita perché sapeva che i pulcini non possono volare ma aveva sentito, da chiacchiere del bosco, che le formiche rosse avevano una grande fabbrica di ali e che molte farfalle, fringuelli e pipistrelli si erano rivolti a loro per dei problemi nel volo. Inoltre, molte formiche terraiole erano diventate formiche volanti. “Passa la foresta dei pini, gira attorno al laghetto e dopo la grande quercia vedrai una montagnola di terra. Lì sotto c’è la fabbrica di ali delle formiche rosse ma dovrai aspettare a lungo prima che ti aprano, hanno paura di tutti. Dì che ti mando io.” Il pulcino dal becco lungo e sottile non aspettò neanche un minuto e partì. “Se solo potessi volare” pensò “tutto sarebbe più facile e la mia vita sarebbe una vita felice. Ma per ora, devo continuare a camminare e stare attento a dove metto il becco”. Dopo sette ore di cammino capì subito di essere arrivato alla fabbrica di ali delle formiche rosse. C’erano, ad aspettare in fila indiana, libellule e moscerini, un’ape ferita e un millepiedi stanco di camminare. Arrivato il suo turno, il pulcino bussò tre volte ma nessuno gli aprì. Stava quasi per andarsene sconsolato quando vide alle sue spalle una squadra di formiche rosse in assetto da guerra. Erano pronte ad attaccarlo e lo credevano uno dei tanti mangia‐formiche che passavano di là per un pranzetto facile facile. “Mi manda la faina” disse un po’ timido “mi hanno detto che avete sottoterra una fabbrica di ali e che fate miracoli. Mi potete aiutare? Vorrei volare…”. Le formiche abbassarono le armi e si misero a parlottare tra di loro. Poi, la formica‐responsabile salì dalle zampe del pulcino fino alle sue orecchie: “Sei molto grande, non puoi scendere nella nostra fabbrica sottoterra, la porta è troppo piccola. Noi costruiamo ali o le aggiustiamo per animali piccoli come noi. Per te dovremo lavorare per tanti giorni, dovremo procurare molte penne e piume e molta resina di pino per attaccarle. Sarà un lavoro lungo, dovrai avere pazienza e stare qui fuori all’aria aperta per molto tempo.” Il pulcino dal becco lungo e sottile rimase vicino a quella fabbrica per settimane mentre le formiche laboriose studiavano il progetto, prendevano le misure, facevano delle prove. “Le tue ali, caro pulcino, dovranno essere speciali perché non sei nato per volare. Le costruiremo elastiche e flessibili perché dovranno muoversi come le pale di un elicottero. Solo così potrai restare sospeso nell’aria.” Così gli dissero e lui si fidò ciecamente delle formiche rosse: solo loro potevano cambiare la sua vita e farlo diventare felice, solo con loro poteva realizzare il suo sogno. Quando le ali furono pronte, un esercito di formiche rosse le portarono fuori dalla fabbrica e dodici di loro portarono la resina del pino per attaccarle. Il pulcino restò immobile per sette lunghe ore ma il suo sforzo fu premiato: ora aveva due belle ali. La formica‐ingegnere spiegò che le ali non potevano essere sbattute per almeno una settimana, poi si poteva provare a farle funzionare, ma senza volare. Finalmente, il primo volo di prova avvenne davanti alla fabbrica, alla presenza della faina e di una coppia di usignoli. Il pulcino si alzò da terra e restò immobile nell’aria per un minuto prima di atterrare. Ci fu un lungo applauso e lui fu molto commosso. Ogni giorno volava sempre più in alto e sempre più veloce. Sbatteva le ali così veloci che nessuno riusciva più nemmeno a vederle. Scoprì anche un nuovo cibo delizioso, il nettare dei fiori. Aveva imparato a fermarsi immobile in volo per nutrirsi dai fiori col suo lungo becco sottile. Ormai era un uccellino, non era più un pulcino. Si era fatto tanti nuovi amici tra gli animali volanti e li chiamava “i miei amici del cielo”. Con le formiche rosse aveva fatto un accordo: la notte avrebbe dormito lì vicino facendo il guardiano alla loro fabbrica di ali e così avrebbe anche pagato il conto per le sue ali. Durante uno degli ultimi controlli, per aggiungere un po’ di resina alle ali, il pulcino dal becco lungo e sottile sentì la formica‐responsabile parlare alla formica‐ingegnere: “Non è più un pulcino, ormai è un uccellino, ma è un uccellino strano non ti pare?” “Sì, è vero” rispose la formica‐ingegnere “sbatte le ali più veloce di tutti gli altri uccellini, mangia solo il polline dei fiori ma comunque lo dobbiamo considerare un uccellino a tutti gli effetti.” “Giusto” aggiunse la formica‐responsabile “e io direi che non può più tenere il suo vecchio nome.” A quel punto le due formiche si guardarono pensierose fino a che la formica‐ingegnere propose: “Lo chiameremo colibrì”. E tornarono a lavorare soddisfatte.