La favola del sottomarino
C’era una volta un fratellino e una sorellina che andavano sempre d’accordo e non litigavano mai. Tutt’eddue leggevano molti libri ma le storie che preferivano erano molto diverse. Lei leggeva di principi, principesse e castelli favolosi. Lui era appassionato di animali, alberi e terre lontane; insomma, della natura selvaggia. La sera, prima di addormentarsi, si raccontavano tutto quello che avevano letto durante il giorno e si divertivano molto. Lei gli parlava di principi vestiti completamente di azzurro che facevano innamorare tutte le principesse: sognava di andare a cavallo nelle foreste per incontrarne uno. Lui le spiegava che tanti anni prima c’erano degli animali enormi, molto più grandi degli ippopotami, che erano scomparsi senza avvertire nessuno. Una sera, dopo aver letto un vecchio libro pieno di disegni colorati, il fratellino cominciò a raccontarle: “Sai che dentro al mare non esistono solo i pesci, i granchi e i cavallucci marini che conosciamo tutti? Quelli vivono nelle acque basse e in quelle poco profonde, dove tutti noi possiamo nuotare e guardarli con la maschera. Invece, nei mari molto profondi, vivono pesci ed animali stranissimi che hanno costruito anche delle città. Ma lì sotto ci si può andare solo con i sottomarini.” La sorellina si impaurì ma fu anche incuriosita: “Delle città costruite dai pesci? Sul fondo del mare? Ma qualcuno le ha mai viste? E cos’è un sottomarino?”. Lui le rispose sicuro: “Le città sul fondo del mare profondissimo le hanno viste gli esploratori con i sottomarini. Non sai cos’è un sottomarino? Non hai mai visto un sottomarino? E’ come un’automobile senza le ruote. Il sottomarino è fatto di ferro molto spesso, tutto sigillato perché l’acqua non ci deve entrare. Ha i finestrini, cioè gli oblò, rotondi e di vetro robusto. Un sottomarino è come una grande lavatrice.” “Una lavatrice? Come quella della mamma? Ma allora abbiamo anche noi un piccolo sottomarino?” chiese la sorellina. “Beh, certo. Infatti, io la userò per andare in fondo al mare, nelle acque profondissime per vedere quegli animali strani e le loro città. Purtroppo, tu non puoi venire con me perché nella nostra lavatrice c’è posto per un solo bambino. Però, mi dovrai aiutare. Porteremo la lavatrice sul molo, di notte. La legheremo con una corda lunghissima e robusta e tu chiuderai l’oblò dopo che io ci sarò entrato. La corda è nel garage del papà. Poi, spingerai il nostro sottomarino, con me dentro, giù dal molo così che finirà nell’acqua e comincerà a scendere fino al mare più profondo. Quando ti accorgerai che la corda non si muoverà più vorrà dire che sono arrivato sul fondo. A quel punto mi tirerai su. Bisogna fare in fretta perché potrebbero esserci anche pesci o animali feroci e io non voglio essere mangiato. Terrò accesa una pila e così potrò vedere e poi raccontarti tutto.” Lei lo guardò un po’ perplessa e preoccupata: “Ma sei sicuro che…”. “Stai tranquilla, so quello che faccio” la zittì il fratellino. La sera dopo, molto tardi, la lavatrice era sul molo, legata ad una lunghissima corda robusta. Il fratellino entrò nella lavatrice e subito accese la pila. Non vedeva l’ora di incontrare quelle creature incredibili disegnate nel suo libro. Lei chiuse lo sportello, lo salutò e poi spinse la lavatrice, anzi, il sottomarino, nell’acqua. Ci fu un grande rumore di bolle e la corda cominciò a scendere veloce dentro l’oceano. In poco tempo arrivò nelle acque profonde sempre più buie e poi fu il buio assoluto. In quel nero intenso quel bambino passò i minuti più lunghi della sua vita. La grande paura, però, durò poco, perché la lavatrice atterrò di colpo sul fondo del mare. Improvvisamente, vide una grande luce e capì che era arrivato nei mari profondissimi, nella città dei pesci più strani. Sapeva di avere pochissimi minuti per guardare, forse uno solo: la sorellina lo avrebbe tirato su subito. Vide le creature del mare che erano descritte in quel vecchio libro e la città che avevano costruito c’era veramente. L’oblò era piccolo e lui si sforzava di guardare quante più cose possibili. Nelle strade i semafori erano delle specie di gamberi rossi e verdi. Non c’erano marciapiedi. C’era un negozio dove un pesce‐salumiere tagliuzzava usando due conchiglie affilate. Vide una tartaruga‐pubblica che nuotava velocissima portando sul suo guscio cinquanta passeggeri. Un piccolo squalo era rincorso da un grande pesce‐poliziotto tutto blu e al pesciporto due pesci‐radar controllavano il traffico con dieci occhi e la coda piantata nella sabbia. Tre pesci‐muratori costruivano un casa rossa portando in bocca dei pezzi di corallo. Fece in tempo a vedere un granchio‐ubriacone che camminava a pancia in su e proprio in quel momento il sottomarino subì un forte scossone e cominciò a risalire veloce verso la superficie. Allora, salutò tutti con una mano e una specie di polipo, che stava alla frontiera, agitò cinque braccia e gli fece tre sorrisi, uno per ognuna delle tre piccole bocche. La città profondissima diventò velocemente un puntino luminoso in fondo al mare. In pochi minuti la lavatrice era sul molo da dove era partita. La sorellina era sfinita e lui non faceva che ripeterle: “E’ stato bellissimo. E’ più bello del libro. La prossima volta ci devi venire anche tu. Ma non dovevi tirarmi su così presto!”. Poi, di corsa, andarono a rimettere la corda nel garage e la lavatrice nel bagno della mamma. Appena toccarono il loro lettini i due piccoli si addormentarono subito, esausti. La sera dopo sentirono la mamma che diceva al papà: “Il nuovo detersivo per lavatrici che ho comperato non è per niente buono. Tutto il bucato ha uno odore strano, un odore… come di pesce!”. “No” gridò il bambino “non è il detersivo che non è buono. E’ la lavatrice che è vecchia. Ed è anche troppo piccola e ha un solo oblò. Ne comperiamo una nuova, più grande?”.