La festa di compleanno
Hobm, l'ultimo della sua gente, stava riposando.
Qualche ora prima aveva dovuto far fronte ad un serio problema, e quindi aveva esaurito una buona parte delle sue energie. Mentre riposava il suo ottenebramento lo aveva portato in un luogo strano, uno di quei posti che venivano classificati come “ onirismo genetico archetipale”.
Non era nuovo a questo tipo di esperienza, ed era abbastanza istruito per rendersi conto che si trattava di un “sogno”, rimembranza inevitabile della specie a cui apparteneva. I suoi antenati infatti avevano vissuto su un pianeta, Gaia, che lui non aveva mai visto, essendo nato nello spazio. Sapeva che quando la sua energia era esaurita, l’ottenebramento poteva riportare a galla il suo stato primitivo.
Nel “sogno”si trovava in una scatola, una specie di cubo nel quale vi erano delle aperture quadrate; da lì poteva vedere un luogo pieno di colori, un “giardino” forse. Sentiva strani rumori, che tuttavia nell’ottenebramento gli erano perfettamente noti. “Uccelli”, pensò. Qualcosa frullò verso di lui, lasciando intorno un odore primitivo. Hobm sorrise nel sogno, poi si alzò una brezza calda e vide “foglie” agitarsi nel vento. Ebbe un attimo d’esitazione. Per un istante perse la consapevolezza del suo ottenebramento, ed ebbe paura. Si riprese subito. Si ricondusse alla guida del suo sogno ed il suo “camminare” divenne consapevole.
Allora si lasciò andare, ed andò a spasso per un sentiero ricco di creature colorate. “Fiori”, seppe, e ne sentì l’odore. “Acqua” fu la risposta alla sua domanda davanti ad un “ruscello”. Si tranquillizzò e decise di proseguire nella rigenerazione.
Sapeva che da lì a poco il “sogno” si sarebbe concluso e che presto sarebbe tornato nel “luogo zero”. Condurre una nave nello spazio gli era costato molto. Molto lavoro, molta osservazione, molto apprendere, molto silenzio. Adesso poteva godersi “ l’ottenebramento”.
Non poteva assolutamente comunicare con i suoi simili, quelli della Colonia, che stava conducendo.
Conosceva a memoria “Il Piano” e tutti i suoi regolamenti. Se avesse avuto un solo attimo di esitazione, molte vite sarebbero andate in frantumi per sua causa. Molte vite, molti progetti, tutto Il Piano avrebbero collassato.
Qualche ora prima aveva dovuto risolvere un grosso guaio. L’antimateria stava per esaurirsi, e la scorta non era sufficiente per far fronte agli anni‐luce da percorrere prima del rifornimento. Le particelle virtuali incostanti, delle quali il Mega‐Motore si nutriva, facendole poi collidere nel suo interno, per qualche motivo erano quasi finite. L’ultima volta era successo molti livelli di energo‐consapevolezza prima. Allora aveva dovuto proiettare la legge quattro‐ nove su tutti gli abitanti della Colonia, i quali non si accorsero minimamente dell’ibernazione temporanea che Hobm attuò, e che consentì poi in via del tutto eccezionale il campo di ricerca totale di antimateria. All’epoca individuò facilmente la zona più ricca di carburante, e senza destabilizzare nessuno, caricò la nave velocemente. Gli abitanti della Colonia, non erano consapevoli di essere parte del Piano e del suo svolgersi.
Ora il problema fu diverso. In zona galattica non c’era nessuna fonte, e l’unico modo per rifornirsi e proseguire, costò ad Hobm gran parte della sua energia, sacrificata fino al punto di uscire dal punto‐zero, mettendo a rischio la propria incolumità. Uscire dal punto‐zero infatti significava avvicinarsi di gran rotta ai buchi neri, catturare l’antimateria velocemente, sottoponendosi ad una forza psichica contrastante difficilissima da sostenere ed oltretutto tenendo la Colonia all’oscuro, per evitare il panico che ineluttabilmente si sarebbe trasformato in una forza di risucchio inevitabile. Tutto andò bene, salvo pagare lo scotto della propria decisione.
Gli Esseri come lui erano stati debitamente modificati, prolungati, accreditati e super‐consapevolizzati per questo scopo, ma ciò non escludeva imprevisti di sorta, e questo Hobm lo sapeva bene. Sapeva bene tante cose, ed umilmente proseguiva in piena solitudine.
Adesso il suo ottenebramento rigenerante si stava concludendo. Ne uscì con un grande sforzo. Guai a non dirigerlo! Avrebbe significato una totale perdita della rotta. Le sue prolunghe si agitarono causando scosse che avrebbero pervaso a lungo lo spazio, portando informazioni alla zona sconosciuta, dove ogni cosa convergeva, creando cause ed effetti permanenti.
Lentamente si schiarì la visuale con il Mantra di prassi, e quando la hostess addetta al rifocillamento gli portò da bere, immerse la prolunga nel liquido caldo senza che lei si accorgesse di nulla.
Per un attimo provò la Nostalgia. Si districò a fatica dal suo manto, grazie anche al liquido schiumoso e pluri‐assaporabile e ringraziò i cinque occhi dolci della hostess , prima di scuotersi ulteriormente.
Percepì le risate provenire dalla zona settima della Colonia, e si ricordò della festa di compleanno che stava per iniziare.
Inserì il pilota automatico e si avviò alla festa dispiegando le prolunghe nella zona sottostante: il terzo livello al centosedicesimo piano.
Quando fu presente, regalò il suo sogno al festeggiato, proiettandolo con discrezione nella sua mente. La brezza raggiunse tutti i partecipanti, che videro le “foglie” agitarsi nel vento, e l’odore del giardino permase a lungo, fino a che Hobm si riavviò lentamente verso la cabina di comando.
Lasciò una scia appiccicosa e profumata.
Sarebbero passati molti secoli, prima che la Colonia potesse rivederlo.