La leggenda del granchio d'oro

LA LEGGENDA DEL GRANCHIO D’ORO

Commedia campestre in tre atti
di: Rocco Chinnici

Cosa spinge un autore di teatro, dopo aver pubblicato varie opere che affrontano temi di attualità come la mafia e la questione morale, a rovistare nella propria memoria, facendo un salto indietro di quasi cinquant’anni e a regalarci questa deliziosa commedia? Ed è soltanto un caso che Rocco Chinnici abbia voluto affidarne la prefazione al sottoscritto?
Queste sono state le prime due domande che mi sono posto dopo la lettura di Tempu di pisatina, a cui cercherò di rispondere. Riguardo alla seconda, vi dirò subito che non si tratta di un caso, non solo per l’amicizia e gli interessi culturali che ci legano, ma anche e soprattutto per gli aspetti comuni della mia e della sua infanzia. Stessa scuola elementare durante l’inverno e a primavera inoltrata, finita la scuola, al Parco Vecchio, ad aiutare i genitori nei campi. A noi bambini toccavano i lavori meno pesanti, ma non per questo meno importanti. Riempire d’acqua fresca le lancedde o i bummuli ’a testa ’i l’acqua, e poi portarli sulle spalle dopo aver percorso un chilometro fino all’aia, era un incarico che ci riempiva d’orgoglio, soprattutto quando i contadini, con la loro faccia piena di sudore e di polvere, dicevano a sete estinta: «Bravu u picciriddu! E stasira a pigghiari i granci!». Ma non era solo questo che ci rendeva felici e che ci faceva sentire già grandi, quanto il viaggio stesso per giungere alla sorgente. Il sentiero, in alcuni tratti, era sconnesso, tanto che si rischiava di cadere nelle pozze d’acqua; ma ciò faceva parte del gioco, e la ricca vegetazione faceva dimenticare il pericolo. Si cominciava il cammino

attraversando frutteti naturali, dove trovavi gelsi bianchi e neri, fichi, mele, pere e noci; e mentre t’imbrattavi del succo dei gelsi neri, la cicala con il suo meti e pisa e porta a casa ci ricordava che era già estate. Si continuava, poi, attraversando un vero e proprio paradiso, con un limpido ruscello al centro, tra fitte vegetazioni e brulle aridità, con l’ultimo ristoro all’ombra dei pioppi. Ma la cosa più straordinaria rimanevano gli incontri con le lepri e le donnole, per arrivare infine alla testa ’i l’acqua (la sorgente), alla base di una roccia rosa abbracciata dalla cascata, madre del ruscello che attraversava il Parco Vecchio. La cascata e la scalata della roccia erano parte dei nostri giochi, cui presenziava la sacralità di quella sorgente. Lì s’immergevano delicate lancedde di stagno e bummuli di terracotta e, dopo un sorso d’acqua, iniziava il ritorno che doveva essere più veloce, per non sentire il classico rimprovero «Ma unni isti, a America, a gghinchiri ’st’acqua?». Sull’aia, muli e cavalli venivano fatti girare sulle spighe secche al grido di «E gira, mareddu, gira»; noi bambini partecipavamo ai canti e, alla fine della pisatina, potevamo spagghiari e tenere aperti i sacchi per il grano, che i contadini avevano misurato con il tùmmino. La sera, dopo una capatina al ruscello in cerca di granci, la cena era a base di pasta e patate e insalate di pomodoro e cipolle, da mangiare con l’aiuto di una forchetta di canna. Allora, iniziava la magia dei racconti: sul giaciglio che i genitori preparavano ai margini dell’aia, si stava attenti che il sacco che faceva da coperta ci proteggesse dalla luna, che non si diventasse lupi munari, e si aspettava che i contadini narrassero di lavori eccezionali, spiriti e uomini che, al plenilunio, si aggiravano ululando tra le case. Ci addormentavamo così, tra la paura di quei racconti e la voglia di conoscerne di nuovi, per poi risvegliarci alle prime luci dell’alba già pronti per una nuova giornata di sudore e avventure.
Quanto finora ho raccontato credo contenga, in parte, risposta alla prima domanda d’inizio, perché è il racconto dell’infanzia dell’autore; e non ho alcun dubbio che rappresenti, più che profondamente, l’anima di questa commedia, cioè quell’insieme di conoscenze e di

esperienze che determinano le scelte di una vita, all’insegna della passione, della generosità e della solidarietà. Tempu di pisatina fa emergere questi valori e riporta all’attenzione di chi ha perso la memoria la necessità di recuperare le origini. Recupero qui effettuato con il linguaggio semplice e concreto dei contadini che con la campagna e con l’acqua sono in simbiosi, un linguaggio belmontese paterno che impreziosisce quella che è una favola da trasmettere, come tale, ai figli e ai nipoti; e che Rocco Chinnici trasmette ai bambini, a quelli veri, perché la usino contro la devianza che sbarra loro la via della favola. Favola che solo favola non è, un amalgama avito di storia e finzione, che pure è radice di ferma credenza e cultura.
Un racconto insomma dove persino l’amore scorre leggero, e dove diventano protagonisti personaggi veramente esistiti. Fra Gilormu o frate Girolamo di Tagliavia, ancora oggi incute timore agli anziani di cui raccontano di suoi strani poteri. E a zà Pitrina era una contadina che ha messo al mondo diversi figli e ha quasi sempre vissuto al ParcoVecchio.
La strana leggenda della grotta delle sette camere che tanto ha pervaso di mistero ed avventura i sogni dei bambini belmontesi, qui si intreccia magicamente con quella del grancio d’oro che alla fine della commedia, dopo averti messo i brividi addosso, obbliga a chiederti: ma tutto sommato perché questo racconto non dovrebbe essere vero? In fondo noi belmontesi conosciamo così poco dei nostri antenati.

Franco La Barbera

Personaggi
Vanni (anni 55) padrone della tenuta
Grazia (anni 45) moglie
Ninetta (anni 25) figlia
Damianuccio (anni 6) figlio
Pietra (anni 55) contadina
Peppina (anni 53) contadina
Bartolo (anni 50) contadino
Melchiorre (anni 56) contadino
Andrea (anni 28)carrettiere
Antonino (anni 27) garzone
Carmela (anni 23)
Venerina (anni 20)
Dottore (anni 50)
Frate Girolamo monaco di Tagliavia Comparsa
(ragazzo anni 10)
Contadini

(Un’aja, nella tenuta di Parcovecchio: dei govòni di frumento che aspettano d’essere calpestati dai muli, dei setacci, tridenti, pale di legno ed altre cose che servono per setacciare il frumento. A destra la casa di padron Vanni; a sinistra un magazzino, e, accanto, una “pinnàta” (mezza casa) dove i contadini usano mettere le bestie e attrezzi da lavoro. Da fuori si sente arrivare un inneggiare di contadini che, in un altro spiazzo, fanno girare dei muli su govòni già finiti d’asciugare)..

V.F.C.
Gira, cavallo gira! Spagliamola, spagliamola! (Ancora canto, e dopo un po’ ancora incitamento alle bestie) Oh, quanto è bello questo baio! (cavallo) E gira baio, gira baio! Spagliamola, spagliamola! (Entra un frate con una bisaccia a tracolla, va chiedendo elemosine a favore di un convento del feudo di Tagliavia).

FRATE GIROLAMO
(Bussa alla porta ed affaccia donna Pietra) Fate la carità ai monaci di Tagliavia; solo un pò di frumento e un fiasco di vino vi chiediamo, e il Padre Eterno ve ne farà ricca l’annata.

PIETRA
Tenga, fra Girolamo; l’annata fu scarsa.

FRATE GIROLAMO
Il Signore ve ne farà grazia, donna Pietra.

PIETRA
Grazia, si! E lo lasci stare il Signore! Con tutti i pensieri che si trova ad avere… (Se ne rientra).
FRATE GIROLAMO
(Portandosi verso il proscenio) Sono frate Girolamo, o…, comu tutti m’intendono: fra Gilormo; e giro feuda, feuda, cercando un poco di provvidenza. Il convento di Tagliavia è grande; i frati siam tanti, la nostra terra è poca, e il frutto non basta. E così giro chiedendo elemosina, incontrando tanta gente e conoscendo tante storie; e quella, di dove ora mi trovo e della quale voglio narrarvi, è la storia di padrone Vanni. Gente onesta e lavoratrice, attaccata alla propria terra e che vive di ciò che da loro l’annata; e l’annata pare proprio che non promette niente di buono! E… come senon bastasse… (Si avvia uscendo e chiedendo elemosina).

V.F.S.
(Escono donna Pietra e donna Peppina e riprendono il loro lavoro di setaccio e di spaglio. Si sente ancora un leggero canto di contadini). Spagliamola, spagliamola!

PEPPINA
Eh, st’annata c’è poco di che spagliare, donna Pietra, la segale ha avuto il sopravvento sul frumento.

PIETRA
Era destino che st’anno doveva esser carestìa; mah! ”Buon tempo e mal tempo, non dura tuttu l’anno!” Dicevano i nostri padri.

PEPPINA
E intanto è il terzo anno che ripetiamo sempre la stessa cosa, e l’annata non cambia! Queste son disgrazie, zia Pietra! Disgrazie che prendono solo la gente onesta e poveraccia! “Ah, quanto è bello il pomodorino!” (Detto contadino)

PIETRA
Chi doveva immaginarlo che proprio padrone Vanni aveva da inginocchiarsi alla malasorte.

PEPPINA
Eh, già! Non c’è peggior cosa di quando a una casa va a far visita “la disgrazia”: “mala sorte, mala morte!”

PIETRA
Sant’uomo don Vanni! Padrone buono e rispettoso; non s’è mai perso un giorno di messa… lavorato un giorno di festa comandata; e come se non bastasse, pure la malannata!

PEPPINA
Eh, pover’uomo! (Si sente il vociare dei contadini) E… (allusiva) lei, lei che fine ha fatto? (ironica) …la signora!

PIETRA
(Stizzita) La peste che se la mangi! A lei e a quel brutto scellerato di compare Jacopo che se l’è presa a se! Ma cosa ha visto in questo cataplasma? Che ha visto?

ANTONINO
(Entra uno dei contadini con un sacco di frumento) Zia Pietra, dove li andiamo mettendo i sacchi col frumento?

PIETRA
Metteteli dietro la casa, che all’imbrunire viene Andrea col carretto e se li porta in paese. Oh, giovanotti, su, su con le mani! Se no Andrea il viaggio lo fa a vuoto, e padrone Vanni non può permettersi simili sfarzi!

ANTONINO
Ai suoi comandi, zia Pietra! Basta che lei ci prepara del buon pane caldo bello inzuppato d’olio d’oliva… ah, guardi che gli uomini stanno finendo di spagliare il frumento! (Si avvia).

PIETRA
Portatemi un fascio di tralci di vite, perché legna per alimentare il forno dietro il palmento non ce n’è più. E fate venire Venerina per impastare, che lei è giovane e ha i polsi più forti, se no per notte possiamo infornare.

ANTONINO
Sempre ai suoi comandi, zia Pietra. (Esce a posare il sacco dietro le case).

PEPPINA
Bel figliolo Antonino! Garbato, lavoratore… certo che per padrone Vanni sarebbe stato un ottimo genero… sempre se alla signorina Ninetta fosse andato a genio.

PIETRA
La signorina Ninetta, si! Una brava ragazza, chi dice di no, ma… lei studia, e alletterata! Abbita in città, e chi sa quanti giovani studenti le girano attorno… ih, ad Antonino pensa!

V.F.S
(Si sente ancora un canto e il ringraziamento al Sacramento) Ringraziamo e lodiamo il santissimo Sacramento! Ringraziamo e lodiamo il santissimo Sacramento

VANNI
(Entra Vanni) Donna Peppina! Zia Pietra! A che punto siamo col frumento?

PIETRA
Oh, buon giorno, padrone Vanni! Gli operai stanno levando di spagliare. Antonino ha portato i cavalli a bere, e ora stanno portando i sacchi dietro la casa a punto di carretto. Voscenza non mangia con noi? Il tempo che Venerina impasta la farina e… inforniamo due schiacciate… è da quest’oggi che gli uomini me li chiedono; a lei gliene faccio una delle solite: con la cipolla soffritta…

VANNI
Mangiate, mangiate col vostro comodo; di me non datevene pensiero. Arrivo su in cima al colle a raccogliere due pere cerate, stasera ho mia figlia Ninetta che viene a trovarmi, e...

PEPPINA
E siccome alla signorina Ninetta, quelle pere piacciono sin da quando era piccola… E… a scuola? A quando i confetti…

zia Pietra! Mangiate, mangiate voi, che io arrivo a cogliere le pere (esce).

PEPPINA
Davvero un galantuomo è padrone Vanni! Non la meritava proprio sta disgrazia! E’ proprio vero; il motto antico non sbaglia mai: “la migliore acqua se la bevono i porci!”

VENERINA
(Entrano allegre, Venerina e Carmela) Eccoci qua, donna Pietra, ai suoi comandi!
PIETRA
Eccone un’altra coi comandi! Neanche se fossi un generale.

VENERINA
Lei è più che un generale! Ci dica, cosa dobbiamo fare? Gli uomini dicono d’aver fame da vendere!

PEPPINA
E’ certo! E’ dall’alba che spagliano! Sono stanchi, poveracci!

CARMELA

VANNI
Della laurea, lei dice? E cosa vuole che le dica, donna Peppina, è da poi che… voi lo sapete, che vi sto a raccontare; è da poi che rimase…

Perché, noi no?

VENERINA

si, orfanella, ecco, è d’allora che lo studio non l’alletta più!

PIETRA
Creatura, non sembrava! Era la meraviglia di tutti!

VANNI
Eh! Quando tutto è dato per certo, basta un apri e chiudi d’occhio che tutto cambia! E’ il gioco della vita! Mah, pasienza, pasienza ci vuole, zia Pietra! Mangiate, mangiate voi, che io arrivo a cogliere le pere (esce).

PEPPINA
Davvero un galantuomo è padrone Vanni! Non la meritava proprio sta disgrazia! E’ proprio vero; il motto antico non sbaglia mai: “la migliore acqua se la bevono i porci!”

VENERINA
(Entrano allegre, Venerina e Carmela) Eccoci qua, donna Pietra, ai suoi comandi!
PIETRA
Eccone un’altra coi comandi! Neanche se fossi un generale.

VENERINA
Lei è più che un generale! Ci dica, cosa dobbiamo fare? Gli uomini dicono d’aver fame da vendere!

PEPPINA
E’ certo! E’ dall’alba che spagliano! Sono stanchi, poveracci!

CARMELA
Perché, noi no?

VENERINA
Sempri al setaccio, sempre al setaccio…

CARMELA
Una volta che questo lavoro lo comanda il vento, non ci rimane che andarci dietro!

PEPPINA
Mentre voi vorreste andare dietro ai giovanotti! E’ vero?

VENERINA
E perché, donna Peppina, peccato mortale è, se noi andassimo dietro i giovanotti?

PIETRA
Non entriamo in questi discorsi, perché allora non ne usciamo più.

CARMELA
Che c’è, donna Peppina, vi assale la nostalgia?

PEPPINA
Acqua passata è la nostra, anche se questi discorsi smuovono sempre… l’acqua stagnante!

CARMELA
Acqua di stagno, lei non sembra proprio!

VENERINA
Donna Peppina è acqua che ancora… s’increspa! (Risata generale)

PIETRA
Su, su ragazze! Ve l’ho detto che entrando in questi discorsi si rischia di non uscirne più. Entrate invece dentro il palmento, e accanto alla botte vecchia ci sono la madia e il sacco con la farina, e tu, Venerina, comincia con l’impastare. (Si avviano) Ah, Venerina! Guarda che il lievito è dentro il vaso di terracotta!

CARMELA
Donna Pietra, le lasci fare a me oggi le schiacciate; in campagna da mia nonna sono io a farle, perché dicono i miei che… si leccano il muso!

PIETRA
E oggi vorresti farlo leccare a noi il muso; abbiamo capito, ma… se dovreste avere bisogno, chiamate, noi siam qui. E… le schiacciate… mi raccomando, riempitele di buchi, se no gonfiano come le rane!

VENERINA
(Uscendo) Va bene, va bene! Non stia in pensiero!

PEPPINA
Brave ragazze, Carmela e Venerina, ma… boriose!

PIETRA
Ah, loro! Perché lei no alla loro età! Che è, lo ha già dimenticato quando anche lei correva dietro a suo marito… buon’anima? La vita è una ruota che gira, e non si può fermare mettendogli il piede davanti.

PEPPINA
E chi dice di no! Io intendevo dire che ci son ragazze calme, e ragazze… cavallerizze!

PIETRA
Com’eravate voi una volta! Come, pure le bastonate che le diede sua madre ha già dimenticato, ogni volta che v’intestardivate? (Entra Antonino con altri due contadini: Bartolo e Melchiorre, sono più adulti di lui; hanno sulle spalle dei piccoli mazzi di tralci di vite).

ANTONINO
Zia Pietra, lei dice che bastano questi, o vado aprenderne altri?

PIETRA
Bastano, si! Lesti, lesti a scaldare il forno, che con questo caldo la pasta allievita subito! (Li posano li davanti e Antonino uscirà spesso a prenderli per il forno)

MELCHIORRE

E con la volontà di Dio per oggi di pestare e spagliare abbiamo finito. Donna Pietra, il caldo ci ha arrostito le carni; e i cavalli, povere bestie, sono stanchi morti! Voi siete state qui!

PIETRA
E dove volevate che stessimo?

MELCHIORRE
Io non volevo dir questo, ma solo ricordarvi un vecchio proverbio.

PIETRA
E sentiamolo questo proverbio!

MELCHIORRE
“Se nell’aja non stai mentre c’è spaglio, sarai presto ridotto a pane e aglio!” (I due ridono).

PEPPINA
Melchiorre, molto lunga la sa!

PIETRA
(A Melchiorre) Che volete dire? (A Bartolo che sta ridendo) E lei che ha da ridere? Poiché già povera lo sono, ho forse da far pure la mendicante?

BARTOLO
Non dategli ascolto, comare Pietra; è la fame che lo fa sparlare! Anzi, a proposito, a che punto siamo? Che intanto ci laviamo (si avviano alla fontanella che si trova lì in un angolo e si sciacquano le mani e la faccia).

PEPPINA
Con voi due, siamo sempre al puntu di partenza! Non avete mai una buona nuova da darci, come se noi siam stati qui a cacciar le mosche oraccontarci le storielle! Non abbiamo lavorato a setaccio, o che vi pare? …A proposito, ve lo insegno io un proverbio a entrambi, e tenetevelo bene a mente: “Chi pensa e dice agli altri che non fan niente, tempo non passa che non parla e neanche sente”.

PIETRA
(Melchiorre finge d’aver perduto la parola e di non sentire, e fa versacci a zia Peppina). Si, si, scherza pure tu! Vorrei proprio vedere se fosse vero!

BARTOLO
E basta, comare bella! Lei sa com’è Melchiorre! Ha sempre voglia di scherzare; è natura!

PIETRA
Va bene si! Avanti, avanti muovetevi! Che a momenti arriva padrone Vanni e…

MELCHIORRE
E che c’è, donna Pietra? Abbiamo smesso noi di lavorare! Che non possiamo scherzare nemmeno a lavoro finito?

PIETRA
E che dico questo, io, forse?

BARTOLO
Comare Pietra intendeva dire di non scherzare con le persone più anziane.

PEPPINA
(Ironica) Oh, che caro figliolo! Sai che sei veramente esperto, figlio?

VENERINA
(Venendo da dietro il palmento) Zia Pietra, zia Pietra! Il forno è pronto, e Carmela dice che la pasta sta lievitando; apparecchiamo fuori o dentro?

PEPPINA
Che dentro e dentro! Qua (indicando l’aja), sopra la paglia, qui fuori, ci sediamo a terra sulla’aja a mangiare. (A Bartolo) Lei, Bartolo, entri nel palmento, e in fondo alla sua sinistra dove sono le botti c’è una brocca, la riempie di vino vecchio di Cascavallotti (contrada); uva ‘nzolia che fa girar la testa!

VENERINA
Che è, donna Peppina, increspa, increspa?

PIETRA
Ci risiamo! Finitela vi ho detto! Tu, Venerina, prendi quanto occorre per mangiar fuori, e ricorda a Carmela di bucarle le schiacciate, se no…

VENERINA
Gonfiano come le rane!

PIETRA
Su, su! Che poi Melchiorre ci narra della storia dei briganti, figli di mamma drago che abbitavano nella grotta delle sette camere, a monte del paese… o se no, quella del “granchio d’oro”!

VENERINA E CARMELA
Si, si questa, questa! Quella della grotta delle sette camere l’ha già narrata.

VENERINA
Zio Melchiorre, senza stavolta… fermarsi a metà! Tutta, ce la deve narrare tutta!

PEPPINA
(A Bartolo che stava riempiendo la brocca) E allora, Bartolo, la faccia piena, la brocca (rientra Bartolo). Quando la brocca e bella piena, si narra e parla di gran lena. (Si sente arrivare un carretto; è Andrea).

ANTONINO
Andrea arriva sempre al momento giusto! Aiutamogli a levar la bestia dal carro, se no le schiacciate si fan fredde! (Gli uomini escono a dare una mano).

PEPPINA
(Ironica) Oggi, Carmela mangia con più appetito!

CARMELA
E perché proprio io, donna Peppina?

PEPPINA
E perché, perché! Perché tu, figlia, sei più… boriosa, e Andrea…

PIETRA
La zia Peppina, oggi, si diverte a sparlare. (A Carmela) Non darle ascolto Carmela; lei vorrebbe solamente dire che Andrea ti piace e… sei contenta che è arrivato!

VENERINA
E che è vergogna per una donna se un uomo piace?

PEPPINA
Vergogna? Ma quando! Io non volevo dir questo, anzi! Volevo dire che una donna non deve mostrarsi facile preda; ecco si, questo volevo dire!

CARMELA
E che c’è di male se Andrea mi piace e non riesco a nascondere i miei sentimenti?

PIETRA
(Rientrano gli uomini) Forza, forza che la pancia piange! Antonino, aiuta Venerina a portar le schiacciate (vanno a prenderli).

ANTONINO
(Antonino rientra con Venerina, porta una madia piena di “schiacciate”). Pronti, zio Melchiorre, che finalmente si mangia! (Fanno largo aiutando a sistemare le cose. Qualcuno va a lavarsi alla fontanella accanto al palmento).
ANDREA
(Va ad abbracciare Carmela e poi zia Pietra alzandola da terra) Zia Pietra bella! Sempre arzilla lei! Gli anni le portano salute!

PIETRA
Salute, si! Possano arrivare in cielo le tue parole. Che buona nuova porti da Belmonte? (Belmonte Mezzagno).

VENERINA E CARMELA
Si, si, che notizie ci porti dal paese?

ANDREA
(Mangiano, alcuni si servono prendendo dalla madia, altri sono serviti da Carmela) Du cose: la prima è quella che hanno fatto l’aumento sulla tassa degli animali, e i proprietari sono corsi al comune a far guerra al Sindaco; e l’altra, se vi puo’ interessare, è che (ironico) Jacopo… (guardando le ragazze che si girano come se fossero disattente) lei capisce di quale Jacopo… parlo? Dicono che ha portato la (allusivo, riferendosi alla moglie dipadrone Vanni) signora in mezzo una strada a fare la… (riguarda le ragazze per non far capire, e poi ironico) si‐gno‐ra.

VENERINA E CARMELA
(Le ragazze, che invece origliavano, intervengono subito) Come come? Che ha detto. Che ha detto? Che ha voluto dire? E che bisogno c’era di portarla inmenzo una strada, se già era signora?

PIETRA
Zitte! Statevi mute! Che voi queste cose non potete ascoltarle. (Le ragazze parlano tra di loro cercando di capire). Che cose, che cose s’han da sentire! Non c’è più fede!

PEPPINA
Il Signore ha da perdonarmi, (facendosi il segno della croce) ma io ho piacere… solo mi dispiace per quel sant’uomo di padrone Vanni; ma lei questo si meritava!

BARTOLO
E lui, lui, padrone Vanni… lo sa? Che bene le voleva a quella grandissima zoccola… (si tappa la bocca guardando le ragazze che stavano a sentire e si mettono la manina davanti la bocca ridendo e qualcuna facendo le spallucce).

MELCHIORRE
Forse è la volta buona che finisce di dimenticarla.

PIETRA
Dimenticarla, si! Solo la morte può aiutarlo. Mangiamo, mangiamo che si freddano le schiacciate! (Iniziano a mangiare. Andrea mangia e parla appartato con Carmela, mentre gli altri: chi beve chi parla dell’accaduto mostrando meraviglia). Venerina, dai da bere a Melchiorre, se vuoi che narri la storia del “granchio d’oro”.

VENERINA
Vero è! Arrivo, zio Melchiorre (gli versa da bere). Così, bello pieno! Con la speranza che sia finalmente la volta buona di conoscere la storia del “granchio d’oro!” (le due ragazze ridono).

MELCHIORRE
Ridete, si! Quando sentirete, vi voglio! (A Venerina) Tu, stanotte non chiuderai occhio. Sentite, forse è meglio che andiate a dormire, perché questa non è storia che fa per voi.

CARMELA
E avanti, zio Melchiorre, non cominciamo con… (ironica) “l’andate a dormire”, che qui stasera non si chiudono veramente occhi se non si finisce prima di raccontare la storia per filo e per segno.

MELCHIORRE
E va bene, lo avete voluto voi, non venitemi dopo a dire che…
Dunque, (si dispongono seduti a semicerchio) dovete sapere che tantissimi anni fa… in questo feudo chiamato “Parcovecchio”, quando ancora non c’era nemmeno una casa, la valle era ricca di vegetazione; e il ruscello, dove ancora scorre l’acqua, era pieno di piante rare, fiori che sembravano dipinti… l’acqua era trasparente come fosse di cristallo. I granchi correvano a rintanarsi sotto le pietre di quella meravigliosa acqua che invitava tutti a farne una sazievole bevuta…

TUTTI
Le pietre, i granchi…

MELCHIORRE
Ah, si! Le pietre di questo ruscello erano popolate di centinaia di granchi che entravano ed uscivano dalle tane; e… in mezzo a tutti questi granchi, ce n’era uno ch’era… (misterioso) d’oro!(Sempre con tono misterioso) Haveva strani poteri…

CARMELA
Bum!!! Ora è! Come faceva un granchio a essere d’oro e ad avere strani poteri?

ANDREA
Ragione ha Carmela, zio Melchiorre! E poi, se era d’oro, come dice lei, come faceva a mangiare e rimanere in vita?

PIETRA
Vero è! Se era d’oro, vuol dire ch’era pesante, e come faceva allora, s’era pesante, ad uscire fuori dall’acqua e prendere aria?

ANDREA
Ah, perché i granchi se non prendono aria muoiono? E quando arriva l’inverno e l’acqua scende in piena, come fanno a uscire dalle proprie tane e prender fiato? La corrente non se li trascina?

MELCHIORRE
E viva la bestia che non sei altro! Tu granchio sei stato? Come fai a dire che l’acqua li trascina? Quando soffia il vento di tramontana, quante cose si vola per aria, ne hai mai viste persone volare?

BARTOLO
Ecco perché la storia non arriva mai alla fine! Perché ognuno ha da dire sempre la sua; e lasciatelo narrare!

VENERINA
(A Bartolo, risentita) Se non si mette pure lei, zio Bartolo, forse è la volta buona di sentirla tutta la storia!

BARTOLO
(Anch’egli risentito perché proprio lui non aveva aperto per niente bocca, si alza) Ah si! Così la prendete? Io ho cercato di intervenire perché la smettessimo, e invece… allora sapete cosa faccio, me ne vado a dormire, tanto ho capito che questa è storia che non arriverà mai alla fine, quindi… (Si avvia mentre gli altri lo invitano a rimanere).

PEPPINA
Pover’uomo, gli avete fatto passare la voglia.

ANDREA
E allora! Sta storia, si racconta o no?

TUTTI
Si racconta, si racconta! Su, zio Bartolo, non se la prenda tanto, sieda che si ricomincia.

PIETRA
Venga, Bartolo! (Rientra) E allora, zio Melchiorre, la ricominciamo sta storia?
... continua ...