La memoria dell'acqua
È una strada.
Ma per quanto mi riguarda è un tratto d'assenza che riempio di te. Dell'idea rimasta, dell'impronta che, dicevano, cancella se stessa quando non serve più segnare il passo. Invece resta. Le strade servono a questo, a tenere memoria d'impronte.
Se parli da lì, da dove t'ho lasciato, sento le parole, le sento impennarsi in colonne di celeste che arrivano lassù.
E lassù diventa scuro, è sera e piove un temporale.
Sono in bici e non dovrei.
Saggi consigli indicavano l'auto prima di partire, "che ti bagni".
Sì, mi bagno.
Mi lavo dalle cose che ti ho dato.
Mi zuppo dell'acqua di mondo che chissà da dove arriva.
M'impregno di nuvole dall'est, nate nel sud, dirette ad ovest.
E sogno il nord.
Piovono latitudini, longitudini d'altrove e viaggio mica in bici, viaggio nella pioggia e gocciolo negli occhi, viaggio che ti vedo e ti ricordo.
Semaforo.
Rosso.
Le auto in sosta si chiedono il perché di una che non corre, che sta lì e guarda avanti.
Una fatta di pioggia.
E il cestino nero accoglie una borsa, bagnata anche lei.
E i vestiti addosso son pelle nuova, che tanto fa caldo anche così.
Non sanno, quelli dei perché, che così, così se piangi non si vede e li freghi tutti quelli che hai ingannato col sorriso.
Verde.
Ferma.
Cerco le impronte.
Quelle che l'acqua scopre laccando la polvere.
Memoria dell'acqua che rinnova memoria di strade.
Cerco quelle.
Perché tu, su questa strada, hai camminato e c'eri, il segno resta, te l'ho detto. E se le trovo, scendo dalla bici e ci metto i piedi sopra, me le faccio calzare a pennello. Ci sto dentro un po' e provo a ricordare quella volta che, guardando un po' di lato, domandavi che cos'era quel cancello o il palazzo sulla piazza, domandavi dove andava la strada fatta insieme e quale posto nuovo avrei trovato per la tua felicità.
Giallo.
Dal fondo del cielo, se un fondo ce l'ha, s'asciugano nubi. L'acqua, memoria di passi, dimentica e non cade più. Dietro l'angolo, nuova polvere è pronta a partire. D'altronde il verde tocca a lei.