LA METALLURGIA NEI GRANDI POEMI DELL’ANTICHITA’
LA METALLURGIA NEI GRANDI POEMI DELL’ANTICHITA’
La nascita della metallurgia : la lavorazione dei metalli e l’uso dei metalli
Il poeta latino Tito Lucrezio Caro ( 98‐54 A.C.) nel suo De Rerum Natuta (13), fedele al pensiero di Epicureo e partendo dall’analisi delle particelle minime ed indivisibili, gli atomi, ed analizzando i processi della conoscenza umana ed i meccanismi che presiedono ai fenomeni naturali, ci introduce, poeticamente nel Libro V alla nascita della metallurgia ed alla lavorazione dei metalli.:”Comunque sia, quale che fosse la causa per cui l'ardore/delle fiamme aveva divorato con orrendo fragore le selve/dalle profonde radici e aveva cotto a fondo col fuoco la terra,/colavano dalle vene bollenti confluendo nelle cavità della terra/rivoli d'argento e d'oro e anche di rame e di piombo./E quando gli uomini li vedevano poi rappresi/risplendere sul suolo di lucido colore,/li raccoglievano, avvinti dalla nitida e levigata bellezza,/e vedevano che erano foggiati in forma simile a quella/che aveva l'impronta dell'incavo di ognuno./Allora in essi entrava il pensiero che questi, liquefatti al calore,/potessero colando plasmarsi in qualsiasi forma e aspetto di oggetti,/e che martellandoli si potesse forgiarli in punte di pugnali/quanto mai si volesse acute e sottili,/sì da procurarsi armi e poter tagliare selve/ed asciare il legname e piallare e levigare travi/ed anche trapanare e trafiggere e perforare/.
Le proprietà dei metalli
Di seguito e sempre nel Libro V, Lucrezio mette in evidenza come, dopo la scoperta della metallurgia, gli uomini abbiano imparato a conoscerne subito le caratteristiche e l’utilità:” E dapprima s'apprestavano a far queste cose con l'argento e l'oro/non meno che con la forza violenta del possente rame,/ma invano, poiché la tempra di quelli vinta cedeva,/né potevano sopportare ugualmente il duro sforzo./Difatti ‹il rame› era più pregiato e l'oro era trascurato/per l'inutilità, perché si smussava con la punta rintuzzata./” ma, come mette in evidenza Lucrezio i tempi cambiano :”/Ora è trascurato il rame, l'oro è asceso al più alto onore./Così il volgere del tempo tramuta le stagioni delle cose:/ciò che era in pregio, diventa alfine di nessun valore;/”…
Usura e corrosione dei metalli
L’osservazione di Lucrezio sui metalli e sul loro decadimento con specifico riferimento alla concezione atomistica delle cose, si fa ancora e più profonda ( Libro I) : qualsiasi sia la natura del metallo o della lega: oro, ferro, bronzo, al pari delle pietre, tutto ciò, con l’impiego e nel tempo, si usura e si corrode senza che noi ne possiamo conoscerne il perché :“Per di più, nel corso di molti anni solari l'anello,/a forza d'essere portato, si assottiglia dalla parte che tocca il dito;/lo stillicidio, cadendo sulla pietra, la incava; il ferreo vomere/adunco dell'aratro occultamente si logora nei campi;/e le strade lastricate con pietre, le vediamo consunte/dai piedi della folla; e poi, presso le porte, le statue/di bronzo mostrano che le loro mani destre si assottigliano/al tocco di quelli che spesso salutano e passano oltre./Che queste cose dunque diminuiscano, noi lo vediamo,/perché son consunte. Ma quali particelle si stacchino in ogni/momento, l'invidiosa natura della vista ci precluse di vederlo./ “
Riciclaggio
Virgilio, nel Libro VII dell’Eneide, ci offre un saggio poetico sui riciclaggi del ferro e dell’acciaio: il nemico incombe e bisogna difendersi : attrezzi agricoli e mezzi per dissodare il terreno vengono rifusi e trasformati sotto forma di armi e di corazze: “ Cinque grosse città con mille incudi/ a fabbricare, a risarcir si dànno/ d'ogni sorte armi: la possente Atina,/ Ardea l'antica, Tivoli il superbo,/ e Crustumerio, e la torrita Antenna./ Qui si vede cavar elmi e celate;/ là torcere e covrir targhe e pavesi:/per tutto riforbire, aüzzar ferri,/ annestar maglie, rinterzar corazze,/ e per fregiar piú nobili armature,/ tirar lame d'acciar, fila d'argento./ Ogni bosco fa lance, ogni fucina/ disfà vomeri e marre, e spiedi e spade/ si forman dai bidenti e da le falci.”/
Sfolgoranti descrizioni
Omero (IX sec. A.C.), nell’Iliade come nell’Odissea e parimenti Virgilio, nell’Eneide, quasi gareggiando tra di loro, ci offrono a profusione, “forgiando” indimenticabili versi, una sfolgorante descrizione di metalli in varie forme e dalle fogge e decorazioni le più diverse:armi, scudi, cocchi divini, vasellame, suppellettili, abitazioni, strumenti musicali; per brevità ci si dovrà limitare solo ad alcuni rimandi: al lettore diligente la voglia ed il compito di dar seguito a personali approfondimenti.
Gli scudi di Achille e di Enea
Di seguito sono riportati i versi che descrivono il lavoro di Efesto‐Vulcano nell’atto di forgiare, su richiesta di Teti, la madre di Achille, il nuovo scudo del Pelide dopo che quello indossato in sua vece da Patroclo era stato preda di Ettore a seguito dell’uccisione del fraterno amico.”Eran venti che dentro la fornace/per venti bocche ne venìan soffiando,/e al fiato, che mettean dal cavo seno,/or gagliardo or leggier, come il bisogno/chiedea dell'opra e di Vulcano il senno,/sibilando prendea spirto la fiamma./In un commisti allor gittò nel fuoco/argento ed auro prezïoso e stagno/ed indomito rame. Indi sul toppo/locò la dura risonante incude,/di pesante martello armò la dritta,/di tanaglie la manca; e primamente/un saldo ei fece smisurato scudo/di dèdalo rilievo, e d'auro intorno/tre ben fulgidi cerchi vi condusse,/poi d'argento al di fuor mise la soga./Cinque dell'ampio scudo eran le zone,/ (14 )
Non da meno è l’abilità poetica di Virgilio, nell’VIII libro dell’Eneide, nel descrivere il lavoro dei Ciclopi, intenti nelle nere fucine etnee del dio Vulcano, a forgiare , su richiesta di Pallade‐Atena, le armi di Enea: “Tosto che giunse: «Via, ‐ disse a' Ciclopi ‐/ sgombratevi davanti ogni lavoro,/ e qui meco guarnir d'arme attendete/ un gran campione. E s'unqua fu mestiero/ d'arte, di sperïenza e di prestezza,/ è questa volta. Or v'accingete a l'opra/ senz'altro indugio». E fu ciò detto a pena,/ che, divise le veci e i magisteri,/ a fondere, a bollire, a martellare/ chi qua chi là si diede. Il bronzo e l'oro /corrono a rivi; s'ammassiccia il ferro,/ si raffina l'acciaio; e tempre e leghe/ in piú guise si fan d'ogni metallo./ Di sette falde in sette doppi unite,/ ricotte al foco e ribattute e salde,/ si forma un saldo e smisurato scudo,/ da poter solo incontro a l'armi tutte/ star de' Latini. Il fremito del vento /che spira da' gran mantici, e le strida/ che ne' laghi attuffati, e ne l'incudi/ battuti, fanno i ferri, in un sol tuono/ ne l'antro uniti, di tenore in guisa /corrispondono a' colpi de' Ciclopi,/ ch'al moto de le braccia or alte or basse/ con le tenaglie e co' martelli a tempo fan concerto, armonia, numero e metro/”
Una profusione di oggetti metallici
Poi in un crescendo di citazioni, sia in Omero che in Virgilio, appaiono magnifiche descrizioni di: cocchi divini, vasellame, suppellettili, abitazioni, strumenti musicali:
Iliade
Nel bel mezzo della battaglia tra Achei e Troiani, ecco intervenire in aiuto dei due schieramenti, alcune divinità armate di tutto punto ( Iliade‐Libro V):“Immantinente al cocchio Ebe le curve/ruote innesta. Un ventaglio apre ciascuna/d'otto raggi di bronzo, e si rivolve/sovra l'asse di ferro. Il giro è tutto/d'incorruttibil oro, ma di bronzo/le salde lame de' lor cerchi estremi./Maraviglia a veder! Son puro argento/i rotondi lor mozzi, e vergolate/d'argento e d'ôr del cocchio anco le cinghie/con ambedue dell'orbe i semicerchi,/a cui sospese consegnar le guide./Si dispicca da questo e scorre avanti/pur d'argento il timone, in cima a cui/Ebe attacca il bel giogo e le leggiadre/pettiere; e queste parimenti e quello/d'auro sono contesti. Desïosa/Giuno di zuffe e del rumor di guerra,/gli alipedi veloci al giogo adduce./Né Minerva s'indugia. Ella diffuso/il suo peplo immortal sul pavimento/delle sale paterne, effigïato/peplo, stupendo di sua man lavoro,/e vestita di Giove la corazza/di tutto punto al lagrimoso ballo/armasi. Intorno agli omeri divini/pon la ricca di fiocchi Egida orrenda,/che il Terror d'ogn'intorno incoronava/”
Odissea
Oro, argento, rame: questa l’offerta, segno dell’opulenza delle case di Ilio, di un prigioniero troiano onde aver salva la vita come descritto nel libro VII: “L'aggiungono anelanti i due guerrieri,/l'afferrano alle mani, ed ei piangendo/grida: Salvate questa vita, ed io/riscatterolla. Ho gran ricchezza in casa/d'oro, di rame e lavorato ferro./Di questi il padre mio, se nelle navi/vivo mi sappia degli Achei, faravvi/per la mia libertà dono infinito.”
Sempre nello stesso libro:“Palagio chiara, qual di sole o luna,/Mandava luce. Dalla prima soglia Sino al fondo correan due di massiccio/Rame pareti risplendenti, e un fregioDi ceruleo metal girava intorno./Porte d'ôr tutte la inconcussa casaChiudean: s'ergean dal limitar di bronzo/Saldi stìpiti argentei, ed un argenteo Sosteneano architrave, e anello d'oro/Le porte ornava; d'ambo i lati a cui,Stavan d'argento e d'ôr vigili cani:/Fattura di Vulcan, che in lor ripose” … “Canto arricchillo. Il banditor nel mezzo/Sedia d'argento borchiettata a lui/Pose, e l'affisse ad una gran colonna:/Poi la cetra vocale a un aureo chiodo/Gli appese sovra il capo, ed insegnagli/,Come a staccar con mano indi l'avesse.”
Ecco, nel libro X dello stesso poema, la munificenza di oro, argento, bronzo, che arreda le maritali stanze della maga Circe dove Ulisse riprende le vigorose forze:“Bei tappeti di porpora, cui sotto/Bei tappeti mettea di bianco lino:/L'altra mense d'argento innanzi ai seggi/Spiegava, e d'oro v'imponea canestri:/Mescea la terza nell'argentee brocche/Soavissimi vini, e d'auree tazze/Coprìa le mense: ma la quarta il fresco/Fonte recava, e raccendea gran fuoco/Sotto il vasto treppié, che l'onda cape./Già fervea questa nel cavato bronzo,/E me la ninfa guidò al bagno, e l'onda/Pel capo mollemente e per le spalle/Spargermi non cessò, ch'io mi sentii/Di vigor nuovo rifiorir le membra./Lavato ed unto di licor d'oliva,/E di tunica e clamide coverto,/Sovra un distinto d'argentini chiovi/Seggio a grand'arte fatto, e vago assai,/Mi pose: lo sgabello i piè reggea/.E un'altra ninfa da bel vaso d'oro/Purissim'acqua nel bacil d'argento/ “
Eneide
E non da meno, come descrizioni di opulenza e di splendori metallici, risultano questi vrsi tratti dal libro II dell’Eneide:Poscia che ciò come profeta disse,/ comandò come amico ch'a le navi/ gli portassero i doni, opre e lavori/ ch'avea d'oro e d'avorio apparecchiati/, e gran masse d'argento e gran vaselli /di dodonèo metallo: una lorica/ di forbite azzimine; e rinterrate/ maglie, dentro d'acciaro e 'ntorno d'oro/, una targa, un cimiero, una celata,/ ond'era a pompa ed a difesa armato/ Nëottòlemo altero”.
CONCLUSIONI
La letteratura della classicità greco‐latina, come messo in evidenza, offre un immenso tesoro di riferimenti alla metallurgia ed alla lavorazione dei metalli: metalli come simbolismo tra dei, miti e leggende, suggestivi versi sull’origine della metallurgia, sull’impiego e l’uso dei metalli, le loro proprietà, l’usura, la corrosione, il riciclaggio, nonché sfolgoranti descrizioni e una profusione di oggetti metallici.Ai poemi cavallereschi della letteratura italiana, se ci sarà, il prossimo appuntamento a cominciare dal Tasso e dall’Ariosto.
BIBLIOGRAFIA
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- G. Casarini:” Dante Alighieri e la Metallurgia”‐ Pianeta Inossidabili‐Ediz. Acciaierie Valbruna‐Giu.1995
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- E. Crivelli:” La metallurgia degli antichi”‐Supplem. Ann. Enciclopedia della Chimica‐Unione Tipografica Editrice‐ 1913 Torino
- I. Guareschi :”Storia della Chimica‐I colori degli antichi”‐ ”‐Supplem. Ann. Enciclopedia della Chimica‐Unione Tipografica Editrice‐ 1905 Torino
- A. Uccelli‐G.Somigli:”Dall’alchimia alla chimica‐Storia della Metallurgia e delle lavorazioni meccaniche nel medio‐evo”‐Enciclopedia storica delle scienze e loro applicazioni”‐U. Hoepli Editore‐Milano
- Esiodo: “ Le opere e i giorni”‐Trad. G. Arrighetti‐Ediz.Garzanti‐1985
- Ovidio:” Metamorfosi”‐Ediz.varie
- Tibullo: “Elegie”_Ediz.varie
- Virgilio:”Eneide”‐Trad.A.Caro‐Ediz.varie
- Virgilio: “Bucoliche”‐Trad. L.Canali‐Fabbri Editori
- Lucrezio: “De Rerum Natura”
- Omero: “Iliade”‐Trad. V.Monti‐Ediz.varie
- Omero: Odissea”‐Trad.I.Pindemonte‐Ediz.varie
- T. Tasso: “ La Gerusaleme Liberata”‐Ediz. varie
- L. Ariosto: “ Orlando Furioso”‐Ediz.varie