La mia città
La mia città, dove sono nato, dove ho vissuto, e dove alle sue porte vivo.
Com’è antica la mia città, antica per la sua lingua, fatta di suoni e rumori che provengono dalla notte dei tempi, e si mescolano con tutte le parole delle genti che hanno formato il sangue dei suoi abitanti. Se senti suonare una melodia greca, ti sembra napoletana, se ascolti una canzone spagnola, ti sembra napoletana, se ascolti una battuta di una vecchia farsa, ti sembra francese, se un grido squarcia la notte, non v’è dubbio, è la voce che viene dal levante.
E’ antica nelle sue pietre, nelle sue strade, nelle sue scale di pietra abbarbicate fino alle colline, è antica nelle sue botteghe, di orafi e librai, di guantai, di falegnami e fabbri. E’ antica soprattutto nelle parole e nei sguardi dei vecchi, che ogni giorno t’insegnano una parola sconosciuta, che t’appare bellissima nel suono e nel riuscire a sintetizzare in un vocabolo quello che in altre lingue ha bisogno di un verbo, un sostantivo, un aggettivo ed una congiunzione. E’ antica, perciò giovanissima, vitale, sfuggente e radiosa, rinnova ogni giorno il suo sangue, perciò non è vecchia, è antica. Città amata per la sua poesia, la sua musica, il suo teatro, e la sua struggente e malinconica bellezza, amata per i suoi vicoli stretti, le sue tragedie consumate al buio, i suoi lunghi lamenti, e le sue grida, e per tutte queste cose odiata. Ma è sempre qui, immobile ed immutabile, eppure cambia di continuo, ma il suo divenire è un dipanarsi nello stretto abbraccio dei limiti imposti dalla sua napoletanità. Napoli sarà eterna, perché non è solo storia, mura, pietra, strade, Napoli è una condizione dello spirito umano, e finquando vi sarà l’uomo, vi sarà Napoli.