La modella cambogiana
Se ne stava all’interno della sua Renault Captur nel porto di Messina il fotografo Giovanni Massaccesi in attesa di un eventuale scoop, il fido Wolf, un Pitbull sonnacchioso nel sedile posteriore, la zona, appena illuminata da rari lampioni. Da una nave ancorata alla banchina, tramite passerella sortì correndo una ragazza alta, bruna, capelli lunghi, scalmanata, con le nocche di una mano bussò ad un finestrino dell’auto. “S’il vous plait monsieur laisse moi entrer dans la coffie de vostre voiture.” Con le reminiscenze scolastiche Giovanni comprese che la ragazza, per motivi a lui ignoti voleva entrare nel portabagagli della sua auto. Istintivamente la accontentò e ritornò ad accomodarsi nel sedile del posto guida. Giunsero due uomini con in mano una pistola che: ”Avez vous vu una mademoiselle?” Rispose in italiano: “Qui con me c’è solo il mio cane!” I due, poco convinti si allontanarono. Dopo un periodo di riflessione Giovanni prese la via dell’abitazione, quel posto poteva essere diventato pericoloso. Il portone di casa era chiuso, fu giocoforza svegliare il portiere Cesare detto ‘er provola’ che uscì dall’abitazione al piano terreno santiando. “E che cazzo…” poi vedendo Giovanni aprire il bagagliaio dell’auto ed uscire la ragazza: “E poi chiamano a me er provola, dove l’hai rimorchiata, non sembra italiana.” Giovanni non gli rispose, non voleva svegliare gli altri condomini. Dentro l’abitazione la ragazza si guardò in giro: “C’est tout tres beau” Finita l’ispezione: “Puisse je cuisiner?” Evidentemente la baby era affamata. Ad un cenno affermativo del padrone di casa si mise in movimento in cucina, trasse tutto l’occorrente dagli armadietti e dal frigorifero. Dopo un buona mezz’ora: spaghetti al sugo di pesce (rinvenuto surgelato) salmone affumicato, contorni, una banana a testa, perfino un caffè. Gio: ”Tu es une surprise, tu es très bon en cuisine.” poi preparò con l’aiuto della ragazza la stanza degli ospiti anche se avrebbe preferito ospitarla nel letto matrimoniale…tutto a suo tempo. Chea Sang Heng, questo il nome con cui si presentò, dopo la doccia, aveva indossato l’accappatoio del padrone di casa:“Je suis fatigué, à demain.” Passarono i giorni, niente di nuovo se non che Chea stava rapidamente imparando l’italiano, al rientro dal lavoro Giovanni trovava tutta la casa in ordine ed il pasto pronto. “Vieni con me, andremo in giro per Messina, acquisteremo del vestiario per te.” Il viale San Martino la via dove erano ubicati i più eleganti negozi della città. Cominciando da piazza Cairoli i due li visitarono un po’ tutti ovviamente collezionando una serie di contravvenzioni per divieto di sosta. Giovanni si fece furbo, ogni volta che cambiava posteggio prese a spostare il primo foglietto di contravvenzione sul parabrezza della sua Renault. La boutique ‘Fascino ed Eleganza’ si dimostrò la più fornita boutique con modelli in vetrina più alla moda. “Signori spiacente stavamo chiudendo…” “Caro ci penso io ai signori, sono Marlene e questo è mio marito Eros, abbiamo una prenotazione in una trattoria sotto casa, la titolare Faustina è famosa per i piatti siciliani. Se volete potete aggregarvi a noi due.” Invito accettato. Faustina la proprietaria del locale li fece accomodare in uno stanzino riservato e: “Al menù ghe pensi mi!” Chea non comprese il milanese ma poco gliene importò, aveva la fame tipica dei giovani. Fece onore alle braciole di carne, alle costardelle fritte, alla zuppa di cozze, alla frutta ed al caffè che apprezzò molto, segno che quello di casa sua lasciava a desiderare. Giovanni pagò con la carta di credito che poi Chea prese in mano, evidentemente in Cambogia non era usata. Cesare diventava ogni giorno più curioso: “A che punto sei?” “A l’antipasto!” Chea stava cambiando: chiese ed ottenne il permesso di frequentare la boutique, rientrando a casa di Giovanni gli riferì che stava imparando il mestiere di sarta e talvolta si improvvisava modella per qualche signora che voleva accertarsi di come ‘buttavano’i vestiti. Giovanni cominciò ad essere geloso, talvolta nel mezzo della mattinata si recava nella boutique per controllare se rispondeva a verità quanto affermato da Chea, era la verità. La cambogiana si dimostrava affettuosa col padrone di casa, qualche casto bacio e nulla più. Una volta che Giovanni cercò di ‘concludere’ venne fuori la verità. “Amo fiorellini delle donne.” Al padrone di casa venne in mente una battuta: “Anche io.” Ovviamente dovette prendere nota della realtà anche ‘ciccio’ che, deluso si ritirò in buon ordine. Finalmente una novità Chea durante il lavoro aveva conosciuto una signora cambogiana che l’aveva invitata ad una festa nel Consolato Cambogiano in onore di un patrono della loro terra. Giovanni in ghingheri l’accompagnò con la Renault con le indicazioni del satellitare in via Guidobaldo del Monte. Nella piazza antistante auto di tutte le marche la maggior parte con targhe estere da cui scendevano signori e signore sorridenti e loquaci. Si era avvicinata una dama con ampia scollatura, ingioiellata e con capelli corti. “Thea ‐ Giovanni.” Quest’ultimo comprese che non avrebbe potuto sorbire un the con la portatrice quel nome, era della stessa razza di Chea. Stavolta ‘ciccio’ stanco del lungo digiuno sessuale non si alzò proprio ma contrariamente alla previsione Thea lo prese sottobraccio e in italiano: “Cara hai avuto buon gusto, che professione esplica il signore?” “Sono fotografo a sua disposizione.” “Ma che fortuna dovevo giusto farmi riprendere con dei capi di vestiario e mandare le foto a Phnom Penh, te lo rubo.” Giovanni comprese che il ‘vento’ stava cambiando, ‘ciccio’ se ne accorse subito ed alzò la ‘cresta’ sotto i pantaloni. “Caro non essere impaziente, la notte è lunga e senza tempo.” Chissà da dove la cambogiana aveva scopiazzato quell’aforisma. Con molta semplicità Thea in casa sua si spogliò ed alla luce di un abat‐jour si mostrò in tutta la sua bellezza. All’inizio Gio pensò solo al sesso, favoloso, non si contentò, le fece comprendere che avrebbe gradito infilarsi nel popò, thea lo accontentò, grande orgasmo da parte di ambedue. Dopo una buona mezz’ora su imput della dama prese a fotografarla con la Canon mentre indossava tutto il vestiario acquistato in boutique. Rientrati nel salone del Consolato all’altoparlante: “Signore, abbiamo qui con noi il fotografo di una rivista di moda, chi di voi desidera essere immortalata e riprodotta su ‘Vogue Women’ si presenti sul palco.” L’avviso fu ripetuto in cambogiano ed in inglese, in poco tempo il palco si riempì di dame desiderose di figurare a livello internazionale, Thea collaborava tenendo il secondo flash in controluce dietro i soggetti, successo dopo quindici giorni dalla pubblicazione della rivista. Chea comprese che stava perdendo Giovanni, la sera seguente dopo cena: “Voglio raccontarti la mia storia passata: sono scappata di casa perché i miei genitori volevano farmi sposare un uomo vecchio, brutto ma molto ricco, per molto tempo ho rifiutato di fare sesso con te, ho sbagliato, mi sono innamorata di te…Conclusione positiva come in tutte le favole: Giovanni divenne famoso come fotografo e dopo dieci mesi padre di un vivace maschietto che pensò bene di non far dormire di notte i genitori tanto era piagnucoloso ma bellissimo.