La morte della scrittura
Purtroppo è data già morente dagli scienziati, anche se in
un lontano futuro. Il guaio è, che il centro cerebrale della
grafia a mano è indipendente da quello da computer,
secondo gli ultimi studi. È prevedibile, negli anni, la
scomparsa del primo, per la mancanza di un uso costante e lo
sviluppo del nuovo centro, il cui impiego si va sempre di più
incrementando. I centri e le vie neuronali del nostro cervello
rassomigliano ad autostrade. Se non percorse, vi nasce
l'erba, non rendendole fruibili. A ben pensarci, chi più, chi
meno, tra noi, ha già iniziato il suo cammino a ritroso,
tralasciando la penna, per i tasti di un computer. Perde ogni
giorno qualcosa della sua personale abilità, acquisita nel
tempo, e tramandata da millenni, di trasporre pensieri
attraverso segni, creati dalla propria mano. Segni, simboli
comuni, univocamente accettati, che hanno la prerogativa di
appartenerci, come impronte digitali. Quei segni siamo noi,
la nostra storia, con dolori e piaceri, che hanno solcato il
nostro corpo. Infatti sanno essere linee e curve di dolcezza
raffaellesca, quanto sgorbi e ghirigori di un paesaggio alla
Picasso. Tra le bombe, che venivano giù, fu la mano ferma di
nonno Angelo sulla mia, a farmi tracciare le prime "aste". Le
aste divennero lettere, poi parole, conservando le paure, le
ansie, le angosce di un bimbo nato in una guerra, che
stentava a capire, ma che doveva subire. Superficiali e
incolti maestri e professori, poi, non seppero trarre da quei
segni, a volte imperfetti e contorti, altro che rimbrotti del tipo
"Ma che scrittura, Raineri!" o " Che zampe di gallina, sono
queste?" Infine, la classica incomprensibile calligrafia di tutti
i medici assolveva, in un retorico giudizio, ogni mia impronta
di sofferenza di vita trascorsa. Un' immane tristezza mi coglie a pensare alle nostre prossime, comuni grafie, dettate da macchine, create da noi, ma che sanno derubarci di pezzi della nostra intimità.
Sarà, allora, per fortuna nostra, solo la qualità dei pensieri
tracciati, a differenziarci, un giorno, non molto lontano. E
non è poco!