La paura del “Profondo Preziosissimo”.

Un istante, un prezioso accadere e l’assenza.  L’incommensurabile tragitto di una Perseide si raccoglie e declina nelle notti d’agosto. Dolorosa allegoria …  si esprimono desideri  in un istante di inesorabile dissoluzione.  Per strada la notte inizia a farsi pace e l’odore della pelle prende il posto di quello del giorno.  E’ un odore che non sentiamo più. Un’altra assenza. Un nuovo esilio da qualcosa che ci è stato donato. Percorrersi in un volo radente di labbra è un’evoluzione ardita di notte. Eppure gli amanti lo fanno ad occhi chiusi. Saltimbanchi nudi ai piedi delle stelle si stringono i capelli e i fianchi con la disperazione di chi annuncia l’ultimo degli ultimi spettacoli. Soli, impauriti e tremanti davanti a una platea d’infinito.  La notte li accoglie come una madre,  lei nutrice stringe il suo seno verso l’alto per offrire un’esplosione di luce a quelle pelli di luna, a quell’incanto di vita in silenzioso tormento.  
Lì danzano, si fanno spazio gli uni negli altri nelle loro anime. Lì delizie, tormenti, delusioni, stanchezze, paure prendono istantanee forme e si dissolvono tra mani che si intrecciano, visi che si accarezzano.  Tutti fantasmi in fila che tamburellano nei cuori impazziti nell’attesa di una redenzione, di una arresa salvezza.
Al di là delle tende brune l’alabastro di un mattino lontano ricorda ancora troppo la maledizione del giorno … quella che chiamano vita. Ogni paura è pronta ad emergere agli angoli estremi della notte, eppure basterebbe dare ad ogni mattino il nome dell’altro per dissipare ogni minaccia. Ora ogni fremito è spezzato da un domani già incarnato come quotidiano nell’anima. La condanna dell’indifferenza è vicina e senza appello.  
Ormai la notte non è più madre ma … attesa. Ha perso la sua maestosa pace, abdicata, umiliata da troppi silenzi.  Non basta stringere al seno un viso segnato da lacrime mai versate, né accogliere tra le mani spalle raggelate dal timore di perdere ogni cosa, persino se stessi. Le mancate promesse restano sempre mantenute. Restano  vive sino a soffocarsi nel tempo sospese in un lacrima d’ambra, in una bolla iridescente d’opportunità mancate e parole non dette.
Ora si aspetta l’odiato giorno come una salvezza feriale, un desiderato accomiatarsi, come lo spezzarsi di un incantesimo che intreccia cuori abitati dalla consolatoria illusione di essere liberi solo in solitudine. Va bene così. Il prezzo è troppo alto e l’esito … incerto. Ma resta nelle anime come una tenera maledizione il sapore della notte. il risplendere di fianchi e sorrisi. Resta il marchio di una celata fattura, di un incanto di baci e istanti che lega all’ignoto il mai stato, il passato alla ottenuta assenza per una libertà amara.
Forse due anime, un giorno, riusciranno, con infinita grazia, a saper attendere il mattino, trasformando le loro parole in gioielli, declinando insieme versi amati e condivisi. Quanta faticosa semplicità per allontanare via dall’anima ogni paura:
“Perdonami se ti cerco
Così dentro di te.
Perdonami il dolore.
E che da te
Voglio estirpare
Il tuo migliore tu.