La Piccola Ninfomane
Agnese era nata il 19 marzo di un giorno piovoso nella clinica privata Villa Salus di Roma, era stata tanto desiderata dai genitori Cristian e Frida, un frugoletto biondo, bellissimo con occhi verdi di quelli che si vedono nei giornali di moda per bambini. Dopo qualche anno il padre era sparito dalla circolazione nel senso che si era innamorato di un’amica della madre, un classico che aveva lasciato Frida in uno stato di profonda prostrazione solo in parte alleviata dal suo lavoro di insegnante in una scuola di monache, impegno che la teneva lontano da casa sino alle diciassette del pomeriggio. La piccola Agnese di solito affidata ad una baby sitter cresceva vispa e chiacchierona a modo suo, non piangeva se non a stomachino vuoto o per il pannolino da cambiare. Un giorno, una mattina presto si era svegliata e voleva girare per casa, nello scavalcare la sponda del letto rimase incastrata sul tubolare, si strofinò il fiorellino sino a provare del piacere inusitato, un piacere che le rimase nella memoria tanto da volerlo riprovare nei giorni seguenti. Crescendo di età era ormai diventata quello dello strofinamento una sua abitudine non confessata alla mamma Frida, aveva da sola capito che era una situazione da tenere per sé. Nello stesso palazzo di via degli Avignonesi, a piano terra aveva aperto uno studio medico il dottor Diego, medico di famiglia che in breve tempo per la sua preparazione professionale e per il suo impegno aveva acquisito molti pazienti, aveva inoltre affittato un alloggio nello stesso piano di Frida. La mamma di Agnese aveva preso amicizia con Diego ma non tanto da avere una relazione, era ancora ‘irata a’ patri numi’ o meglio con la razza degli uomini per l’allontanamento di suo marito. La piccola Agnese la mattina veniva lasciata dalla madre nella sala d’aspetto di Diego che la faceva accompagnare a scuola dalla sua infermiera Aurora, lo stesso alla fine delle lezioni. I pomeriggi la ragazza passava il tempo svolgendo i compiti, leggendo i fumetti o giocando con le bambole sempre in compagnia del dottore. Il pranzo sia per Diego che per la piccola Agnese veniva preparato da una cameriera che rimaneva nell’abitazione sino al rientro in casa di Frida o andava via prima dopo aver lavato i piatti lasciando Agnese in compagnia del dottore. Un giorno quando Agnese aveva compiuto otto anni di età una domanda inusitata: “Dottore quando ero più piccola mi sono strofinato il fiorellino sulla sponda del letto, ho sentito un solletico, mi è piaciuto tanto, posso rifarlo ancora?” Diego fu come si dice in gergo ‘preso dai turchi’, cosa rispondere a quella domanda ad una bambina di otto anni? “Cara si tratta di cosa da grandi, quando sarai cresciuta te lo spiegherà la mamma.” “Io voglio saperlo adesso sennò dico alla mamma che non hai voluto rispondermi.” “Non mi mettere in difficoltà, ti ho detto che è una cosa da grandi nel senso del sesso, non avere fretta di crescere, ogni cosa a suo tempo.” “Ho capito, devo riferire alla mamma che non hai voluto rispondermi.” Diego prese in braccio la piccola rompiballe: “Lo sai che ti voglio bene, cercherò di spiegarti di che si tratta: gli uomini hanno un coso per fare la pipì e per fare figli, le donne un buchino per metterci il coso degli uomini, in cima al buchino c’è un piccolo pene che si chiama clitoride, se lo strofini ti fa provare piacere, è quello che hai provato tu, adesso sai tutto, non tocchiamo più l’argomento.” La curiosità è femmina e così Agnese il cui nome vuol dire casta e pura (poco adatto alla ragazza) cominciò a masturbarsi con le mani il fiorellino, più volte al giorno eccessivo per una della sua età. Diego se ne accorse e: “Voglio dirti una cosa per sempre, non esagerare, ho capito quello che stai facendo, te lo dico da medico.” “A me piace molto, va bene ti ubbidisco, lo farò solo una volta al giorno ma voglio che me lo faccia tu!” Diego rimase pensieroso, stá grana non ci voleva proprio, era ancora triste per la morte contemporanea di genitori in un incidente aereo in cui più di duecento passeggeri avevano perso la vita. I suoi gli avevano lasciato un bel gruzzolo in Titoli di Stato ma anche tanto sconforto, non se la sentiva di iniziare un legame amoroso con nessuna ragazza, passava il tempo libero in casa dinanzi alla televisione o leggendo sua antica passione da studente, adesso: “Voglio parlarti come se tu fossi grande, non è possibile fare quello che mi chiedi, mi sei tanto cara ma devi capire che se lo facessi correrei il rischio di finire in galera per lungo tempo, spero che abbia capito il concetto, ti prego non crearmi problemi.” “Io da grande ti sposerò, ti voglio tanto bene, non ti tradirei mai, te lo giuro, vuol dire che seguiterò a farlo da sola, se ci ripenserai…mi farai felice!” Un pomeriggio di giugno già l’afa si faceva sentire, la ‘casta e pura’ ne pensò una delle sue, si tolse gli slip e, a gonna alzata passò dinanzi a Diego: “Caro mi stanno crescendo i peletti guarda qui! Adesso sono diventata grande puoi toccarmi e, se vuoi baciarmi in bocca e sul fiorellino.” Agnese non pose tempo in mezzo ed incollò le sue labbra si quelle di un intontito Diego, a quel punto il suo ‘ciccio’a digiuno da molto tempo alzò la cresta, la ragazza ne approfittò, aprì la pattuella dei pantaloni del dottore, glieli abbassò, abbassò pure gli slip e prese in mano un coso lungo e duro, cominciò anche a masturbarlo sino a che lo sperma si sparse sulle sue mani, un altro bacio in bocca a Diego, era sulla strada buona per… Il dottore passò i giorni successivi come in stato di trance, aveva sempre dinanzi a sé una ragazza che stava crescendo: alta, bionda, occhi verdi, naso piccolino, bocca con denti bianchissimi, tette un po’ sviluppate, una piccola modella, forse se ne stava innamorando, una tredicenne, si stava innamorando di una tredicenne! Un pomeriggio: “Zio devo chiederti un altro favore.” “Da quando in qua sono diventato tuo zio.” “Sono stata costretta a dire alle mie compagne di scuola che sei mio zio, quelle sono più maligne di me, chissà cosa stavano immaginando…” “Forse quello che sta succedendo fra di noi.” “In occasione del tuo compleanno voglio farti un regalo, un regalo di quelli che si fanno una sola volta nella vita, immagina un pò’.” “A questo punto c’è poco da immaginare, la risposta è un no, no, no!” “Ed io ti rispondo con un si, si, si!” Il no col passare dei giorni divenne ni e poi si, ormai Diego si era innamorato della piccola, l’operazione venne stabilita per un pomeriggio, Agnese aveva trovato chissà dove un velo bianco, se l’era posto in qualche modo in testa e nuda si presentò a Diego. “La nostra prima notte di nozze, la ricorderemo per sempre, son sicura che sarai delicato, il fiorellino è allenato per avere degli orgasmi ma è ancora vergine e non voglio che resti ancora in tale situazione, voglio sentirti dentro di me.” Diego aveva paura di far troppo male ad Agnese e spingeva poco il suo ‘ciccio’ dentro la topina fino a quando: “Pensi che ci metteremo tutto il pomeriggio, se non spingi di più resterò vergine a vita.” Agnese sopportò bene il dolore, aveva immaginato da tempo quel momento, quando Diego finì l’operazione ed eiaculò sul collo del piccolo utero, Agnese ebbe un orgasmo ben diverso da quello che di solito provava, un orgasmo da donna grande. Per bloccare la piccola emorragia Diego da medico si era organizzato con cotone emostatico ma il lenzuolo si era macchiato di sangue, il giorno successivo lo avrebbe portato personalmente in una lavanderia dove non era conosciuto. Quattordici anni, esami di terza media superati senza problemi, era giunta l’ora delle mestruazioni, Agnese di sentiva una donna completa ma da quel momento nei rapporti con Diego ci furono delle complicazioni: o il condom o la pillola anticoncezionale adatta ad una tredicenne. Agnese cresceva in altezza ogni giorno di più, aveva superato in altezza il suo dottore, quando indossò scarpe con un po’ di tacco Diego diventò ancora più piccolo. Alla quarta ginnasiale il numero dei ‘pappagalli’ aumentò in numero esponenziale, Agnese ne era lusingata, mai le era accaduto prima ma nel suo cuore aveva ancora il bel dottore e li respingeva tutti sino a che un giorno tornò a casa e: ”Zio questo è Tobia che non è la famosa candida spia della commedia di Rascel ma un mio compagno con cui ho preso a studiare, è più bravo di me e ne approfitto.” Quella notte Diego non riuscì a prendere sonno, c’era poco da capire, Agnese aveva preso il volo e non avrebbe più potuto raggiungerla, i venti anni di differenza erano troppi. In caso di eventuale sconfitta la fuga, Diego non ricordava il nome di quel generale romano ma applicò il suo principio, si trasferì in Sicilia, nella città dello stretto, Messina, col tempo sperava di poter dimenticare la piccola ninfomane che l’aveva stregato!