La pineta
Avevano deciso di fare un giro da soli. Prolungare le loro ombre dove non erano mai stati.
Dopo pranzo si erano allontanati per fare una passeggiata lungomare e, magari, un bagno, lontano da occhi indiscreti. Lui aveva uno zaino in spalla con dentro un paio di asciugamani.
Lei aveva fatto scivolare nella tasca piccola il suo immancabile pettine. Avevano iniziato a camminare, si erano lasciati dietro pian piano gli amici, poi la bolgia dei corpi ammassati e aggrovigliati dalla spiaggia, infine il mondo, mano nella mano.
Tutte le altre cose si facevano sempre più piccole. Non loro.
I suoni della natura prendevano spazio lentamente.
Una striscia di riva si apriva loro davanti, al confine con il resto.
Si tuffarono in acqua.
Il sole di quell’ora batteva forte e bruciava la pelle o, forse, era qualcos'altro a farla bruciare. Quando si trovarono in mare furono gli occhi a parlare per loro, ad intendersi gli sguardi sono bravi, così lui le prese la mano e, tornati sulla sabbia, afferrò lo zaino che era stato abbandonato in riva. La pineta in quel punto sembrava dimenticata dagli uomini. Era uno di quei tratti in cui nessuno si addentrerebbe per il timore di fare incontri assai poco felici.
A loro non sembrava importare, lui dal fisico imponente e forte, lei asciutta e selvaggia al pari di una creatura mitologica. Apparivano visibilmente eccitati all'idea di fare l'amore tra tutti quei rovi e arbusti selvatici.
Lui scorse un posto che sembrava appropriato alla situazione che si stava per creare:
‐ Molto carino. Qui non ci vede nessuno, dai! ‐
Quel “dai” parlava chiaro e le dava fiducia, lei così allerta alle ombre di quella boscaglia, dove i raggi del sole facevano fatica ad entrare, e a tutti i bisbigli provenienti dai rami. Si convinse che nessuno avrebbe nemmeno provato ad attraversare i fili spinati che circondavano certi passaggi e numerose altre cose pungenti.
Lui stese bene gli asciugamani tra resine e cortecce.
Un senso di libertà infinita li pervase.
La guardò lussurioso.
Con il suo possente braccio le cinse la schiena e la trasse a se.
Restarono abbracciati per un po' ad ascoltarsi i cuori galoppanti come feti.
Gli occhi erano due fiammelle, le labbra semichiuse di lei aspettavano solo la lingua e lui l'accontentò subito.
Conosceva quello sguardo, anche quel suo modo di chiudere le palpebre e riaprirle, maliziosa. Era un invito ad un gioco terribile e seducente. Le infilò la lingua in gola. La mano che aveva libera scivolò subito nel costume a lambirle il clitoride che già era vistosamente gonfio e umido. Si liberarono dei costumi facendoli cadere sugli asciugamani. Lei, sdraiandosi per terra, non si curò molto di eventuali asperità del terreno.
Voleva solo essere scopata nella natura complice.
Lui in un attimo le fu sopra, le avvicinò il suo vigoroso pene alla bocca e lei gli si attaccò avidamente con un movimento prima lento della lingua e poi della bocca a mano a mano sempre più veloce e sincronizzato a quello del suo bacino. Al culmine dell'eccitazione lui la prese alla pecorina afferrandola per i capelli e assestandole un bel ceffone sul culo.
Lei si aprì completamente.
La penetrò ferocemente.
A lei piaceva così.
Essere dominata in quel modo la faceva sentire viva. Intorno la natura si strinse silenziosa in una preghiera. Sembrava che i loro respiri, i ruvidi gemiti di lui avessero assopito ogni movimento di fronde.
Vennero in un unico grido.
Alcuni uccelli, atterriti, si involarono lasciando velocemente gli alberi intorno. Tuttavia nella penombra si intravedeva una sinistra figura. Mentre veniva lei aveva scorto un corpo che si muoveva dietro ad uno degli alberi un po' più lontani.
Lentamente aveva preso coscienza che c'era una persona, e chissà da quanto, che si stava masturbando guardandoli scopare. Fu cosi che, mossa da emozioni contrastanti, gli sgusciò via letteralmente dalle mani e cominciò rabbiosamente, pur ancora in preda all'orgasmo, a correre verso il poveretto che si vide costretto a mollare quello che aveva in mano per darsela a gambe quanto più velocemente possibile. Il ragazzo che all'inizio non aveva ben capito cosa stesse succedendo, si sentì in dovere di correrle dietro mentre lei inveiva contro il guardone:
‐ Stronzo! Fermati!
Dove scappi? Vieni qua! ‐
Correva nuda nella pineta, incurante dei rametti e dei ricci. Inseguiva quell'uomo come una fiera caccia la sua preda e, mentre pregustava la distanza che si riduceva, il suo ragazzo l'afferrò al volo.
‐ Brutta pazza!, gridò per qualche secondo, ancora in preda agli spasmi della corsa. Lei si dimenava:
‐ Lasciami, fammi scendere! ‐
‐ Per inseguire ancora quel cretino?
No!, rispose lui secco.
‐ Viscido, porco...c'ero quasi..., e si guardava la mano già pronta ad artigliarlo.
‐ Basta, imprecò lui, quello non c'è più e vederti correre nuda mi ha eccitato! ‐
La riportò sull'asciugamano.
Fecero ancora l'amore prima di tornare in acqua. La corsa li aveva resi più docili e romantici.
Lei, dopo essersi lavata, si pettinò a lungo i capelli prima di tornare alla civiltà.
‐ Ho salvato una vita oggi!, esclamò lui ripensando all'accaduto e facendosi scoppiare in bocca una grassa risata, ma vide un'ombra nel suo sguardo.
Lei ancora correva assetata e libera tra quegli alberi.