La poesia rubata

Caterina sbigottita non credeva ai suoi occhi, quegli occhi sinceri e limpidi dalle lunghe ciglia nere imbrattate dal rimmell, teneva tra le dita dalle unghie sempre perfettamente laccate ad arte, così come è diventato di moda fare fra le ragazze e le quarantenni in crisi d'identità, (e già immagino i fischi delle estetiste che vivono sulla bellezza delle donnine alle quale piace sempre essere in ordine per rivaleggiare e attirare l'attenzione del sesso debole, debole alla seduzione intendo...ma torniamo alla protagonista)  un giornale, le lettere stampate le vedeva quasi annebbiate, una a ridosso dell'altra e deglutiva a vuoto. La gola improvvisamente secca, non riusciva ad emettere alcun suono, le corde vocali non  vibravano e le labbra non esprimevano i pensieri malefici che in quel momento le turbinavano nella mente. Eppure la realtà era stampata su quel giornale, si! Le avevano rubato la poesia, l'unica che ,non si era rispedita in busta chiusa, ma ci vuole un bel coraggio e una buona dose di faccia tosta ad impadronirsi delle idee altrui, quando queste sono di dominio pubblico, e senza ma e senza se o perché i suoi bellissimi versi pensati, possedevano un'altra firma. Gli animali marcano il territorio per segnalare agli intrusi di girare al largo perchè la zona gli appartiene,  e così fa lo scrittore, una sorta di tenaglia, stringeva in una morsa la povera Caterina ,che puntualmente vedeva pubbicate le sue poesie e i suoi racconti scritti durante qualunque ora del giorno e della notte, da un giornale locale che dava risalto ai giovani talenti del luogo, senza correzione alcuna  e non come si usa fare nell'editoria, per aggiustare le frasi o i versi quel tanto da renderli commerciabili, era solo frutto del suo ingegno e ne andava fiera.  Non poteva lasciare scivolare via un'azione così meschina, aveva tutto memorizzato nel pc, anche l'ora attestava la proprietà del suo pensiero, frutto del suo ingegno, era pronta a tutto anche ad intentare causa contro chi aveva rubato, qui urgeva una bella lezione verso chi si credeva furbo. Anche un ceco ascoltando avrebbe capito chi in realtà ne fosse l'autore, la penna si riconosce siamo tutti unici nel nostro genere, è facile fregiarsi della bravura quando sono gli altri a farlo al posto nostro, i pescatori usano un bellissimo aforisma pittoresco che rende l'idea  " Com'è bello andare a pesci pigliati" e qui non c'è bisogno di spendere parole, la traduzione del gergo marinaresco è fulminante,  è come la stella del Nord in mezzo ad un cielo costellato da milioni di stelle, splende più di tutte non si può confondere tra le piccole e comuni lampadine.