La Primavera Di Balòn
Balòn credeva ai sogni, amava i fiori e desiderava il sole.
Passeggiava spensierata per le strade della città con la musica nei passi e la speranza nel cuore.
Diffidava della gente e l'amava al tempo stesso; tre ore di solitudine e mille di compagnia.
Questa era Balòn; una ragazzina persa in se stessa troppo furba per il divertimento, troppo ingenua per scelte importanti.
Una sera Balòn incontrò per caso un uomo durante il suo lavoro; persona socievole dal simpatico approccio straniero: Mallè.
Mallè coltivò il cuore di Balòn con regali e divertimenti, semplice compagnia, svago, pena e ingenuità straniera.
Ma Balòn cercò di porre limiti ad ogni altra forma di pensiero se non semplice predisposizione all'essere socievoli.
Il suo era un periodo così strano che decise di prendere tutto ciò che le veniva dato senza però essere troppo disponibile; per quell'essere straniero spuntato all'improvviso in una sera dove beffardo fu un alcolico sorriso, nulla diede se non amico caro.
La purezza delle donne è troppo casta per la mano esperta di chi, per sopravviver in terra straniera, molto gli fu insegnato.
Nei primi dì di primavera, Balòn fu portata da Mallè nel paradiso terrestre della stagione; fiori, piante, prati, alberi e buon sole.
Risi, vapori magici, alto in cielo il sole del meriggio, assorta nell'inebrio del rilasso paradisiaco, la mano bramosa colse il collo di Balòn.
Nel suo pugno stracci e morsi, silenzi vegetali e la macchia rossa del peccato spruzzata sulle candide e bianche margherite in sboccio.
In attimi quieti, cruda violenza tolsero vergini pensieri.
Balòn, tramortita, pensò che anche in paradiso v'è la crudeltà dell'uomo che innaffia, con premeditato intento, le argute voglie del dissenso.