La ricompensa
Quando ero ragazzino l’estate andavamo a nuotare con gli amici al torrente, nell’unico tratto dove si formava una spiaggia. Occorreva passare attraverso una vigna, correndo senza farsi vedere, e poi superare un canneto. Solo noi che eravamo ancora piccoli riuscivamo a passare senza lasciare tracce in quel vigneto più curato delle piante di frutti di bosco e del roseto che circondavano la casa.
A volte, mentre ci asciugavamo al sole, spiavamo attraverso le canne il proprietario, il signor Smeraglio. Era un uomo riservato ma gentile di modi. Facoltoso, ma non uno da sperperare la sua ricchezza. Aveva solo due grandi amori: la vigna e un orologio da taschino attaccato ai pantaloni con una catenina d’oro. Tutto concentrato, le mani dietro la schiena, seguiva il lavoro di potatura estiva dei braccianti.
“Quel grappolo, toglilo. Non serve,” indicava a uno.
“Ma è uno spreco...” tentava di commentare il nuovo arrivato. Chi lavorava lì già da tempo sapeva che c’era poco da obiettare e lasciava cadere a terra grappoli e grappoli che non sarebbero mai maturati.
Spesso andavamo alla spiaggia anche in autunno, finita la stagione dei bagni. Guardavamo i grandi vendemmiare, raccogliere i grappoli uno a uno, adagiarli nelle cassette. Sognavamo di andare a lavorare lì anche noi, un giorno. Certo, la vendemmia da Smeraglio richiedeva attenzioni particolari ma era quello che pagava più di tutti in zona.
In paese nessuno aveva mai assaggiato quel vino. Era troppo costoso per una famiglia comune. Lo compravano solo i ricchi, in città, e gli stranieri. Ogni anno tuttavia Smeraglio premiava il più bravo dei braccianti con una bottiglia. Nessuno l’aveva ancora aperta e il mito nel frattempo era cresciuto ulteriormente.
Un giorno, un’estate, scese verso la spiaggia. Impauriti ci andammo a nascondere in mezzo alle canne. Trattenemmo il fiato. Ci passò accanto senza vederci. Si spogliò ripiegando gli abiti con cura su una pietra, quindi si tuffò nel torrente. Lo guardammo incuriositi mentre nuotava e giocava in acqua come uno di noi. Mi sentivo quasi imbarazzato a spiare quel suo momento di libertà.
Dopo una manciata di minuti uscì dall’acqua e aspettò che il sole lo asciugasse. Si rivestì. Fece per prendere l’orologio dal taschino. Era vuoto. Atterriti, ci facemmo coinvolgere dal suo panico. Se ci avesse scoperto, ci avrebbe di sicuro accusato di aver preso l’orologio, oltre che di aver invaso la sua proprietà. Lo osservammo cercare nella sabbia, attorno ai sassi e in mezzo all’erba finché, desolato, tornò a casa.
Scappammo via poco dopo decidendo che non saremmo mai più tornati. Non riuscivo tuttavia a togliermi dalla testa il suo sguardo amareggiato così il giorno dopo, all’alba, sgattaiolai fuori di casa e tornai alla spiaggia. Nulla. Mi infilai in mezzo al canneto. Cercai e cercai ancora: eccolo! L’orologio si era impigliato in mezzo alle canne. Come avrei però giustificato la mia presenza nella sua proprietà? Decisi di raccontargli la verità: erano tempi diversi e aveva ancora un valore.
In realtà, quando Smeraglio mi vide andargli incontro con l’orologio, era così felice che neppure volle sapere dove l’avevo trovato.
“Aspetta qui,” mi disse. Tornò poco dopo con una bottiglia impolverata.
“Questa è per te. Come ricompensa. Mi raccomando però, non l’aprire prima di trent’anni.”
“Trent’anni?” ero così giovane che trent’anni mi sembravano almeno quattro vite intere.
“Sì, aspetta trent’anni, non meno. Quando l’aprirai sentirai il profumo di questa terra bagnata dalla pioggia e dalla brina, di quel roseto quando i petali appassiscono, dei frutti di bosco che crescono attorno alla mia casa. Vedrai.”
“Ma come fa a sapere quali saranno i profumi che sentirò tra trent’anni?” gli chiesi affascinato dalla sua sicurezza.
“Perchè ogni vino fatto a regola d’arte e bevuto al momento giusto può solo regalare i profumi della terra da cui è nato.” Sorrise. “Ci vediamo tra qualche anno per la vendemmia. Ho idea che te ne guadagnerai ancora parecchie di bottiglie.”