LA SCHIAVITÙ
La schiavitù è una situazione orrenda in cui la personalità degli individui viene annientata. Già conosciuta sin dai tempi dei greci, vedi gli Iloti di Sparta e gli Oichetes di Atene gli schiavi erano considerati come degli animali nella disponibilità totale dei padroni, ogni cittadino ne possedeva uno o più. C’è chi pensa che la schiavitù sia finita con la guerra di indipendenza americana, pia illusione, oggi soprattutto girando di notte per alcune vie delle maggiori città italiane possiamo notare queste ‘signorine’ accanto al fuoco d’inverno o vestite in maniera sommaria d’estate offrire il loro corpo talvolta con la vicinanza di qualche ‘pappone’. Domanda ovvia: perché lo cotali non si rivolgono agli organi di Polizia. La maggior parte delle schiave del sesso spesso sono africane, soprattutto della Nigeria. A queste ragazze, appena giunte in Italia con gommoni o altri mezzi di fortuna viene subito tolto il passaporto, per venire nel nostro paese con l’illusione di trovare un lavoro onesto hanno contratto debiti in patria che devono rimborsare col loro ‘lavoro’. Inutili farsi ovvie domande, come agiscono le forze di Polizia, se ne stanno con la mani in mano? La spiegazione c’è: i Carabinieri, i Poliziotti ed i Finanzieri sono in numero assolutamente insufficiente e talvolta privi di mezzi per contrastare i crimini vedi i servizi in TV riguardanti lo spaccio di droga. Alberto, cinquantenne aveva grato in lungo ed in largo l’Africa e, come tanti ritornando in Italia erano stati colpiti dal classico mal d’Africa. Ricco di famiglia era nelle condizioni di riprendere i suoi viaggi ma una sera passando sulla tangenziale di Roma intravide sotto un lampione in una via laterale un uomo che stava picchiando una ragazza di colore che cercava di difendersi in qualche modo dai colpi dell’uomo. Sceso dall’auto, si fermò a circa tre metri dai due e sparò dei colpi in aria con la sua semiautomatica Beretta 7,65, il rumore dello scoppio fece sparire ‘pes velox’ il macrò, Alberto evitò di lanciargli contro Bull, un Rottweiler che stazionava nel sedile posteriore della A. R. Stelvio, non voleva guai, Bull era molto pericoloso. Nel frattempo Beatrice l’amica di Alberto era scesa dall’auto e cercava di aiutare la ragazza ad alzarsi; ci volle del tempo prima che l’interessata capisse che il pericolo era passato e si rimettesse in piedi. Era piuttosto alta, corpo longilineo sotto il viso tumefatto si intravvedevano dei bei lineamenti. “Tank you, my name is Oluwa, i am nigerian.” “He got in the my car, if you want will be a guest ayt my house.” Alberto fece accomodare la ragazza nel sedile del passeggero, Beatrice fu ‘confinata’ nel sedile posteriore a far compagnia a Bull, più tardi avrebbe ‘presentato’ Oluwa al cane. La nigerina aveva qualche difficoltà a camminare, guardò stupita la villa di Alberto, prima di entrare andò ad accarezzare Bull che gradì le coccole, amicizia fatta. Passaggio in bagno per lavare il sangue sul viso poi in cucina a mangiare qualcosa di rimasto della cena e poi, con una camicia di Bea riposo in una stanza degli ospiti, il padrone di casa nel letto matrimoniale con la convivente. Nei giorni successivi Oluwa aveva ‘ripreso le penne’, la sua bellezza appariva ogni giorno più splendente, aveva la pelle molto più chiara delle sue paesane, in casa aiutava Matilde e Rosilde nei lavori domestici, era affettuosa con Alberto, troppo affettuosa a detta i Beatrice che, anche per allontanarla da casa la prese come commessa nella sua boutique. La ragazza stava imparando la lingua italiana molto in fretta, oltre all’inglese conosceva anche il francese, in negozio veniva apprezzata dalle altre commesse e dalla clientela per come si porgeva e come andava incontro alle esigenze delle signore. Alberto non si sentiva tranquillo per la sorte di Oluwa, pensava ad una probabile vendetta di qualche suo paesano o del cotale che la aveva pestata a sangue. Dietro alcune indicazioni della nigeriana contattò un investigatore privato al fine di poter rintracciare il ‘picchiatore’. Si chiamava Alaba e faceva parte della banda di maman Amaka, lo contattò per telefono: “Gran delinquente, Oluwa sta a casa mia, è sotto la mia protezione, se pensi di avvicinarla sappi che ho la pistola facile ed un rottweiler che conosce solo due parole: amico e nemico. Se faccio il tuo none seguito da nemico e gli faccio annusare un tuo fazzoletto rimasto in mano di Oluwa ti troverebbe in qualsiasi posto e potrebbe anche sbranarti. Ho predisposto anche una denunzia ai Carabinieri depositata presso un notaio con il nome tuo e quello della maman, qualora succedesse qualcosa di spiacevole a me, alla mia convivente od anche alla tua paesana, andresti in galera per il resto della tua miserabile vita, datti una regolata pezzo di merda!” Alberto ebbe la confidenza da parte di Oluwa che era figlia di un predicatore cristiano a dimostrazione della sua pelle chiara ed i suoi capelli lisci. La giovane ebbe modo di conoscere uno stilista emergente tale Gianni che le propose di sfilare per lui, la taglia della ragazza 48L era precisa per le sue creazioni. Alberto interpellato in merito malvolentieri diede il suo assenso, non sapeva che pensare di se stesso, che fosse diventato geloso? Arrivata la notizia alle orecchie di Beatrice Alberto si ritrovò sotto tiro di una sua canzonatura: “Il mio cucciolone nella vecchiaia è diventato geloso…” Alberto domandò a se stesso se l’ipotesi di Bea rispondesse alla realtà, non seppe rispondersi o meglio non volle, non intendeva minare la tranquillità della sua vita. Beatrice al ritorno dei due da una sfilata invitò Gianni a pranzo a casa di Alberto il quale si domandò, senza riposta, quale fosse il disegno della sua convivente. Le due dame in culinaria si dimostrarono abbastanza brave anche se un piatto preparato dalla nigeriana era, per usare in eufemismo abbastanza particolare. Alla fine del pasto Alberto accesa la pipa, Gianni una sigaretta molto lunga, una Roy d’Egypte che aveva acquistato durante il viaggio e poi: amici, ormai posso considerarvi tali, voglio farvi partecipi di qualcosa del mio intimo: sono bisessuale come molti miei colleghi, spero non siate moralisti o bacchettoni, a mio favore citerò un aforisma: ‘ La bisessualità raddoppia il piacere, è un fascino del proibito che lo rende desiderabile.’ Gianni ebbe un applauso da parte dei tre, in giro ci sono poche persone sincere e Gianni lo era. Con la Stelvio i quattro presero a girare per Roma, davanti Alberto e Beatrice, nel sedile posteriore Oluwa e Gianni che invitò la nigeriana a casa sua, Alberto con viso imperscrutabile diede loro la ‘buona notte’, gli accadde però un fatto mi avvenuto prima, non riuscì ad avere un’erezione, Bea lo consolò con la solita giustificazione delle signore che in simili circostanze non vogliono mettere a disagio il partner: ‘gli anni passano’ ma il motivo era un altro…La mattina seguente Alberto andò nella boutique di Beatrice: “Ti porto via la tua collaboratrice, te la riporterò sana e salva”, nessun commento da parte di Bea. “Alberto ti vedo strano, non so se sia in italiano il vocabolo giusto, dimmi tutto.” “Raccontami quello che è successo stanotte fra te e Gianni.” “Sei sicuro che ti farà piacere essere messo al corrente…va bene, come ben sai Gianni è bisessuale all’inizio mi ha baciato in bocca, mi ha leccato le tette e la patatina poi mi è penetrato dentro ma contemporaneamente si è infilato nel popò un vibratore, è riuscito ad avere un orgasmo, anche io ho provato un piacere particolare, non so descrivertelo ma ricordati che nella mia vita ci sei solo tu, il mio salvatore ed il mio unico amore, è la verità!” Alberto si sentì rassicurato da quelle parole, riportò Oluwa in negozio: “Come vedi te l’ho riportata sana e salva.” A pranzo in un vicino ristorante Oluwa mise al corrente anche Bea di quanto avvenuto con Gianni, la signora rimase sconcertata, mentalmente capì che doveva abituarsi a quei rapporti a quattro, meglio così piuttosto che perdere il suo amore di sempre. Gianni fu invitato a Parigi per far sfilare delle modelle con abiti da lui disegnati, cambiare aria forse era la soluzione migliore per tutti. I quattro partirono dalla casa di Alberto il quale prese da parte un Bull frastornato dai preparativi e: “Bull noi andiamo a Parigi, mancheremo quindici giorni, tu sarai il guardiano di casa.” Bull leccò in viso Alberto, gli fece così comprendere che aveva recepito il suo messaggio. Viaggio in taxi sino a Fiumicino, arrivo al Charles De Gaulle dopo circa due ore di volo, in taxi sino all’Hotel La Seine. Il portiere: “Signori benvenuti, abbiamo la vostra prenotazione, purtroppo abbiamo disponibili solo due camere matrimoniali che sono comunicanti, c’è una porta divisoria…” “Non c’è problema, s’il vous plait ci prenoti un tavolo per la cena.” Vicino all’albergo c’era la placida Senna, placida si ma tanto sporca, assomigliava al Tevere. Intingoli francesi e bottiglia di Champagne gratis in onore degli ospiti, i quattro ne lasciarono imbevuta circa la metà, l’alcool non è compatibile con il sesso. Beatrice ricordando l’episodio della ‘cilecca’ di Alberto volle venirgli incontro:: “Penso che ogni tanto è salutare per le coppie un ‘wife swapping.” Nessuno si oppose, Alberto preso il pigiama andò nella stanza di Oluwa salutando con la mano gli altri due, il suo viso esprimeva una gioia infinita. In camera la nigeriana prese a baciarlo follemente, finalmente ti sei deciso, non aspettavo altro…” “A dir la verità ha deciso tutto Bea, mi trovo fra due fuochi…” “Forse è più appropriato dire fra due fiche!” Alberto aveva ripreso ‘le penne’ e si fece onore…Il giorno successivo la sfilata dei modelli di Gianni fu apprezzata dai tutti i presenti, in particolare Oluwa non conosciuta dagli spettatori ebbe i più calorosi applausi per il suo stile e la sua bellezza. La sera successiva tutti ad un night dove un’orchestrina suonava brani francesi anche non recenti. Presente c’era un fotografo di un settimanale che volle ritrarre Oluwa e si spinse più oltre, chiese all’orchestra di suonare ‘J’ai deux amours’ a suo tempo cavallo di battaglia di Josephine Baker, munì la nigeriana del testo e la invitò a cantarla. Oluwa nicchiava, non si era mai esibita in pubblico ma Alberto la convinse. Fu un successone, una ovazione con spettatori in piedi, era nata una stella. I quattro decisero di godersi ancora per qualche altro giorno la permanenza a Parigi. Passando dinanzi ad un’edicola scorsero una rivista che in prima pagina riportava la foto di Oluwa che cantava. Grandi abbracci ma tutti pensarono che quell’esibizione fosse finita con quella foto ma non fu così. Mentre i quattro mangiavano nella mensa dell’hotel si presentò un distinto signore sulla quarantina che, scoprendosi il capo: “Signori chiedo scusa se vi disturbo a tavola, sono Jacques segretario del commendatore Gerard agente di molti artisti, appena possibile vorrei parlare con la signorina Oluva, l’aspetto nel salone. Piccolo applauso nei confronti della nigeriana, Alberto: “ Ormai hai sfondato, in passato , se non ricordo male era stata riportata in un giornale di spettacoli la presenza a Roma di quel tale Gerard, se si muove lui il successo è assicurato.” Qualche lacrima scendeva sulle gote di Oluwa, pensava che avrebbe dovuto abbandonare il suo salvatore anche se per lei si prospettava un avvenire luminoso in campo musicale. Alberto l’abbracciò, anche lui aveva compreso il pensiero della ragazza, un groppo alla gola, si erano abbracciati, unica felice Bea che cercò di non fare apparire il suo sentimento. Jacques consegnò a Oluwa un biglietto da visita del suo principale con l’invito a recarsi presso il suo ufficio la mattina successiva. Gerard era il classico commendatore non molto alto con pancetta e gilet, all’entrata nel suo ufficio di Alberto ed Oluwa, presente il segretario Jacques si alzò educatamente in piedi e: “Mademoiselle è per me un piacere conoscerla, sono in collegamento con vari locali notturni e case discografiche di tutta Europa, da quello che ha scritto un giornalista lei ha una voce splendida accompagnata da una bella presenza come posso constatare di persona, per lei un contratto personalizzato e non quello standard, scriva lei una cifra per il suo compenso.” “Commendatore sono confusa…” Alberto: ”Che ne dice di centomila Euro l’anno?” “Egregio signore lei è andato sul pesante, voglio rischiare, domani andrò ad Amsterdam per lavoro, la signorina può venire con me.” Un fulmine a ciel sereno, Alberto non si aspettava che Oluwa lo lasciasse così presto. La notte andarono a letto insieme, niente sesso, rimasero quasi tutta la notte abbracciati, era un addio. La mattina suonò la sveglia, Oluwa aveva già preparato le valige, il citofono, fuori casa c’era Gerard con una Volkswagen Arteon, Alberto restò a letto, non aveva la forza né la voglia di accompagnare la ragazza in macchina, un lieve bacio sulla bocca. Il cervello di Alberto era andato in tilt, non era preparato per quell’avvenimento. Rimase casa tutto il giorno mentre Gina, la cameriera metteva in ordine l’appartamento e cucinava qualcosa. Alessandro il medico amico, dietro imput di Beatrice lo andò a trovare. “Cacchio sei uno straccio, non ti voglio tediare con frasi di circostanza tipo ‘ il mondo è pieno di donne’ ma psicologicamente ti stai creando dei problemi difficili da superare, andiamo a mangiare fuori, passo a prendere Luciana la mia fidanzata. La ragazza era simpatica, sin dall’inizio mise a suo agio Alberto con battute sul suo fidanzato, una leggera presa in giro a beneficio di Alberto, l’atmosfera era migliorata. Alberto ritornò a casa rilassato, l’amico medico gli aveva indicato la strada, prima di tutto voler bene a se stessi. Oluwa ogni tanto telefonava informando Alberto della nuova località dove si esibiva, talvolta anche inviandogli delle cartoline illustrate, aveva preso anche a recitare sia in inglese che in francese, insomma la sua carriera era aperta. Una calma apparente, Alberto spesso cenava a casa sua con Beatrice e con Gianni, aumentando la confidenza avevano preso l’abitudine di andare a letto in tre con ovvie conseguenze sessuali. Pian piano le telefonate di Oluwa diminuirono di numero fino a scomparire del tutto, era facile arguire che avesse incontrato un altro uomo del suo éntourage. Ad Alberto era rimasta una ferita mai rimarginata, ricordò l’Alfieri: ‘nullo vivente aspetto gli molcea la cura’, il suo aspetto fisico era peggiorato, sembrava più vecchio della sua età, per lui la vita non aveva più senso. Si era pentito della sua generosità che lo aveva portato alla disperazione, né la vicinanza di Beatrice lo consolava anche se molto affettuosa con lui, capiva il suo stato d’animo. Il trio si consolidò, praticamente vivevano insieme come una famiglia allargata, nel momento che faceva sesso con Bea aveva in mente solo il suo grande amore…