La Solitudine
Alberto, sessantenne congedato col grado di maresciallo dalla Guardia di Finanza di colpo si accorse che qualcosa era cambiato nel suo cervello: da amante della compagnia, delle feste e soprattutto delle belle donne una mattina di colpo si scoprì scontento della vita sin lì vissuta e decise di colpo di cambiarla radicalmente. Uscì nel cortile della sua villa di Torre Faro in quel di Messina, abitazione situata vicino al mare e si accorse che il mare, una volta per lui fonte di piacere gli era diventato estraneo, triste, quasi nemico. Salì sulla sua Panda e si avviò verso la città. Da via Garibaldi imboccò la via Palermo che conduceva ai monti Peloritani. Giunto sin quasi alla vetta, a mille metri di altitudine scorse sulla destra un piccolo sentiero che conduceva all’interno, lo imboccò stando attento a non strusciare l’auto alla sinistra sulla montagna ed ad destra per non finire nel burrone, il sentiero era più che altro una trazzera. Ad un tratto scorse un cartello: ‘Vendo terreno di cinquemila metri quadrati, telefonare al numero….’ Quella scritta, in quel posto era perlomeno inusuale, Alberto notò che vicino scorreva una specie di fiumiciattolo proveniente dalla montagna sovrastante, il posto gli piacque. Girò l’auto in una spiazzo e rientrò a casa soddisfatto…ma di che, dentro di sé aveva preso una decisione importante. A casa, acceso il telefonino che non aveva ancora messo in funzione, cosa strana perché era la prima operazione che faceva la mattina chiamò il numero trovato su quella scritta in montagna: “Sono Alberto Minazzo, mi interessa il terreno che ho visto sui Peloritani.” “Sono Salvatore Celi, non ho la macchina, deve venire a casa mia a Galati San Anna.” Cacchio, quello abitava dall’altra parte della città, Alberto usò il navigatore satellitare e dopo mezz’ora si trovò dinanzi ad un’abitazione a tre piani. Suonò al citofono con la scritta Celi e gli rispose una voce di donna: “Sono Antonella, chi vuole.” “Alberto Minazzo, ho un appuntamento col signor Celi.” “Terzo piano.” La ragazza non era niente male anzi era proprio una bellezza tipica siciliana, capelli neri lunghi sin quasi alla vita, occhi verdi, altezza media, sorridente, in un altro momento Alberto si sarebbe buttato. ”Forse vuole mio nonno, si accomodi in salotto glielo chiamo, nonno…” “Salvatore Celi dimostrava tutti gli ottant’anni di età che aveva, non sembrava in buona salute, fu cortese con l’ospite. “Mi scuso ma non mi sento molto bene, anzi per niente bene, maledetta la vecchiaia…se lei è interessato al mio terreno possiamo metterci d’accordo, tempo addietro volevo costruirvi una casetta ma ora…Mi fa piacere aver trovato qualcuno che lo apprezza, mi ci ero affezionato.” “Anch’io vorrei andare a stabilirmi lassù, è un posto meraviglioso, aria pulita, paesaggio distensivo, gli uccellini di contorno, un fiumiciattolo…quanto ho sempre sognato.” “Dato che lo apprezza sarò più contento venderlo a lei, un mio amico notaio ha tutte le carte da me firmate, si chiama Santo Diotallevi, ha lo studio in via Ghibellina, gli telefonerò per avvisarlo, il prezzo per lei è ventimila Euro, buona fortuna.” Alberto si ritrovò dinanzi Antonella che: “Spero che quando avrà costruito una casetta mi inviterà a visitarla.” Alberto rispose solo un sorriso, una volta non si sarebbe fatta sfuggire l’occasione ora…che gli stava succedendo? Contattò Franco Tomasello geometra conosciuto durante una verifica fiscale ed a cui aveva fatto un grosso piacere, gli spiegò la situazione e gli chiese di elaborare un progetto per realizzare una casetta sui monti Peloritani, per l’energia elettrica pannelli fotovoltaici sopra l’abitazione, per l’acqua una vasca sotto il pavimento, acqua proveniente dal fiumicello, probabilmente non potabile, per bere avrebbe comprato la minerale. Dopo quindici giorni: “Caro Maresciallo, venga nel mio studio in via Garibaldi, le sottoporrò il mio progetto.” Alberto lo apprezzò subito: gli spazi era ben divisi e funzionali, al piano terra cucina, con annesso salottino, televisione e, a parte i servizi, sul soppalco raggiungibile con scala a chiocciola la camera da letto e gli armadi. “Questo è l’indirizzo di due operai, Gino ed Alfio di cui mi faccio garante, sono bravi professionalmente, sono pure muniti di auto, provvederanno anche all’ acquisto dei materiali occorrenti, verrò, col suo permesso all’inaugurazione.” Dopo un mese la casetta aveva preso forma, la mano d’opera con i materiali era costata altri trentamila Euro compreso un recinto in ferro e le sbarre alle finestre, Alberto ringraziò Gino ad Alfio e diede loro ulteriori mille Euro ciascuno, erano stati proprio bravi. Per precauzione si era munito di licenza da caccia ed aveva acquistato un fucile e delle cartucce non per uccidere quei poveri uccellini ma per difesa personale, era un posto troppo isolato. Nel frattempo aveva venduta la villa di Torre Faro recuperando un bel po’ di denaro che, oltre alla liquidazione era diventato una somma notevole tale da consentirgli un futuro assicurato insieme alla pensione. La prima notte Alberto la passò in bianco, quel silenzio assoluto era per lui inusuale abituato com’era al rumore del mare, solo la mattina riuscì a prendere sonno. Un po’ di ginnastica per non perdere l’allenamento e poi colazione, in cucina c’erano tutti gli elettrodomestici trasportati dalla vecchia abitazione, una novità: dei cinghiali allo stato selvaggio giravano intorno al recinto. Alberto munito di scarponi girò per la sua proprietà, si sentiva felice, pensò agli anacoreti…ma lui non aveva nulla in comune con quei fanatici. Prima di lasciare l’abitazione a Torre Faro aveva incontrato il parroco con cui aveva rapporti di amico‐antagonista. Il cotale dal nome religioso simile al suo, don Roberto spesso lo punzecchiava per la sua qualità di ateo, pronosticando un futuro di andata all’Inferno, Alberto gli opponeva la solita storiella che gli appartenenti all’Inferno che erano si peccatori ma che si divertivano da matti rispetto agli appartenenti al Paradiso che il sesso non lo praticavano. “Finalmente lassù nella nuova casa sarai più vicino alla Madonna, chissà che non ti possa convertire.” “Non sei ben informato, in passato tutti cercarono la tomba della Madonna, non trovandola misero in giro la favoletta che la Madonna era ‘salita’ in cielo, ci sarebbe molto da ridire anche perché avrebbe avuto qualche problema a respirare dove non c’è ossigeno oltre al fatto che lassù fa molto freddo…” “Andrai all’Inferno con tutte le scarpe e non avrai modo di divertirti, all’Inferno c’è solo penitenza…” Passa un giorno, passa l’altro venne l’inverno, qualche spruzzata di neve ed un avvenimento inatteso: un passerotto, infreddolito si era posato all’esterno di una finestra, Alberto la aprì ed il volatile entrò dentro casa, ne aveva apprezzato subito il calore ma non abituato alla compagnia dell’uomo si era rifugiato sul soppalco. Unico modo di avvicinarlo era offrirgli del cibo, sicuramente era affamato, Alberto sbriciolò del pane, lo mise sul tavolo con vicino una tazzina d’acqua. Ciccio, così lo nominò Alberto dopo un attimo di incertezza scese dal soppalco e si mise a beccare il pane ed a bere dalla tazzina. Alberto non si avvicinò, Ciccio guardava il padrone di casa con un misto di diffidenza e di gratitudine, Alberto sicuramente gli aveva salvato la vita, era un maschio, lo dimostrava il nero delle piume sotto la gola. Il padrone di casa prese una scodella, ci mise dentro del cotone idrofilo e la posizionò sopra il frigo, dopo un attimo di incertezza Ciccio ci si posizionò felice e contento, gli animali sono intelligenti forse quanto gli uomini. La mattina dopo Ciccio era vicino alla finestra, forse voleva andar fuori, Alberto gli aprì la finestra, il passerotto volò via, forse amante della sua libertà, il padrone di casa ci rimase male ma capì che era meglio non costringere il pennuto a restare dentro casa contro la sua volontà. Alberto si era recato in un supermercato per far il pieno di vettovaglie, c’era molta gente, in fila dinanzi a lui capitò una biondona poco vestita, la classica che si domanda ‘chi è la più bella del reame?’ e che ‘tutto concede’. Il suo carrello era pieno sino all’orlo, Alberto non poteva cambiare fila e quindi restò speranzoso che la cassiera, in verità molto veloce sbrigasse gli acquirenti prima di lui. Che ti fa la biondona? Lascia il carrello e sparisce, forse aveva dimenticato qualcosa da acquistare. Rottosi i zebedei, dopo un po’ di tempo Alberto spostò il carrello dinanzi a lui e si posizionò col suo dinanzi alla cassiera. Nel frattempo ritorno della signora che in tedesco cominciò ad inveire contro Alberto il quale, pur non conoscendo quella lingua capì che non erano complimenti. Arrabbiatosi, in perfetto romanesco: “ A’ kartofen vedi d’annà a fanciullo!” Nel frattempo era intervenuto il direttore che parlava tedesco e riuscì a calmare la Valchiria. Tornando in ‘villa’ Alberto notò che Ciccio era rientrato dalla finestra aperta, era l’ora del pasto pure per lui. In un negozio per animali ed aveva acquistato del mangime adatto ad un passero, Ciccio lo apprezzò moltissimo e lo ‘fece fuori’ quasi tutto poi, posizionatosi sopra una spalla di Alberto prese a beccargli dolcemente un lobo dell’orecchio, forse era un modo per ringraziarlo. La primavera portò delle novità: una mattina Ciccio uscì more solito dalla finestra ma non fece più ritorno, Alberto capì che per lui era stato un richiamo della primavera per cercarsi una compagna. A quell’altezza l’estate non era fastidiosa per il caldo anzi di notte Alberto usava mettere sul letto una copertina leggera. Il signore passava il tempo passeggiando per il bosco, talvolta trovava dei frutti molto a lui graditi, la solitudine non gli pesava anche se avrebbe voluto avere con sé Ciccio ormai suo compagno fisso. Il suo desiderio fu accolto un pomeriggio di settembre quanto Ciccio si presentò in casa in compagnia di un suo simile, sicuramente una femminuccia, lo si rilevava dal grigio chiaro delle penne sotto il petto. Dapprima Ciccia si rifugiò sul soppalco poi, visto il comportamento del compagno si avvicinò anche lei al becchime, erano ambedue affamati. A rompere il tran tran giornaliero era stato l’improvviso arrivo di Antonella la nipote dell’ex proprietario del terreno che bussò alla porta piuttosto energicamente. Alberto un po’ meravigliato la riconobbe, la fece entrare stringendole la mano. Spettava alla ragazza dare spiegazioni: infatti poco dopo: “Mi ero rotta dei miei compagni di Università, su di loro ho un giudizio pessimo: superficiali, vanesi che pensano solo al sesso, non fanno altro che vantarsi delle loro imprese sessuali, pietosi…” “Allora sei venuta a cercare un vecchietto che nulla chiede in quel campo…” “No, molto probabilmente sento il bisogno di staccare la spina e, col suo permesso vivere qualche giorno in isolamento stile eremita…guarda guarda due passerotti…un novello San Francesco.” “Ti presento Ciccio e la consorte Ciccia, spero che si abitueranno alla tua presenza, hai portato una ventata di gioventù, benvenuta! Per il vitto nessun problema, per l’alloggio, se resti, ti devi accontentare di dormire sul letto matrimoniale vicino a stò vecchietto.” “Ma quale vecchietto! Sei più giovanile di tanti giovani, posso darti del tu?” “Vada per il tu ed ora che pensi di dimostrare le tue virtù nell’arte culinaria?” “Non sono una chef ma ci metterò tanta buona volontà.” “Io nel’armadietto tengo dei medicinali contro il mal di stomaco” celiò Alberto, ormai si era creato u n clima di piacevole intesa. Al momento di coricasi grandi risate, Antonella aveva indossato il pigiama in bagno, lo stesso aveva fatto Alberto che: “Non sono un puritano e lo stesso penso di e, che ne dici di mettere da parte la pudicizia, d’altronde sai bene che sono fuori allenamento e quindi…” Inaspettatamente Antonella: io ho il brevetto di allenatrice che ne dici….” Antonella mise in atto la sua abilità con la ciolla di Alberto e, dopo vario tempo riuscì nel suo intento, il pisello aveva rialzato la testa con ovvie conseguenze piacevoli per il padrone. La ragazza rimase vari giorni sin quando suonò il suo telefonino: doveva rientrare in città per sostenere degli esami all’Università. Un arrivederci silenzioso, solo un abbraccio e poi la baby ripartì col suo motorino. Primavera, Ciccio e Ciccia avevano preso il volo, Alberto capì il richiamo della natura, sperava solo di rivederli in autunno. Antonella si faceva viva a tratti, per lei quel posto era diventato un rifugio, riferiva a suo nonno della casa messa su da Alberto, quella casa che aveva imparato ad apprezzare come pure il suo padrone. Gli anni passano in fretta soprattutto quando non si è più giovani, Alberto pian paino dovette riconoscere ch le sue forze diminuivano di giorno in giorno, tutto intorno a lui era cambiato, Ciccio e Ciccia non si erano fatti più vivi, Antonella gli aveva comunicato che si sarebbe maritata, a questo punto provò il peso della solitudine. Non aveva paura della morte che ormai sentiva imminente che infatti lo raggiunse una sera di un giorno di novembre particolarmente uggioso conforme con l’avvenimento luttuoso. Antonella sentì di dover andare a trovare il vecchio Alberto e con la station wagon del marito Fabio si recarono all’eremo. Aperta la porta la ragazza si trovò di fronte la scena che non aveva immaginato: Alberto si trovava immobile sul divano al pian terreno, gli occhi aperti, sicuramente deceduto da qualche giorno. Sul tavolo documenti circa la proprietà dell’immobile, la carta di identità di Alberto ed un testamento olografo con cui lasciava tutti i suoi beni ad Antonella. Dopo un attimo di smarrimento la ragazza chiese a suo marito di caricare il cadavere sulla sua auto per consegnarla ad un’impresa di pompe funebri in viale della Libertà a Messina. Il titolare dell’esercizio chiese i documenti del morto ed assicurò che avrebbe provveduto lui alle numerose pratiche burocratiche, a mezzo di ‘amici’ avrebbe evitato l’autopsia del cadavere. Antonella scelse la più bella e costosa bara. “Mi sembra eccessivo spendere tutti quei soldi, nessuno la vedrà più una volta inumata.” Antonella non rispose a Fabio ma non gradì la sua osservazione, lasciò al titolare dell’impresa un assegno di cinquemila Euro. Fra le carte di Alberto c’era anche un fac simile di cosa scrivere sul marmo della tomba: ‘Una nuvola impalpabile mi ha dolcemente abbracciato. Saluti a tutti e….a presto!’ Spiritoso sino all’ultimo. Alberto fu inumato nella cappella della famiglia Celi sopra quella del nonno anche lui deceduto. Dopo quindici giorni Antonella al marito. “Andiamo a vedere se il marmista ha posto la lastra sulla tomba di Alberto.” “La tua è diventata una fissazione, sempre di mezzo stò Alberto, ormai è morto…” Antonella guardò in viso il marito, in un attimo prese una decisione: “ C’è un altro morto, sei tu perché te ne andrai via subito da casa mia, ha capito subito!” “Ma cara…” “Ti do il tempo di raccogliere le tue cose e poi chiamerò i Carabinieri denunziandoti per stalking…” Fabio sparì dalla vita di Antonella che, finiti gli studi e con seguita la laurea in lettere prese ad insegnare, non ne volle più sapere di maschietti, le bastava il ricordo del suo vero amore per quel delizioso vecchietto di nome Alberto.