La spelonca dei raggiri
Sentii la pelle accapponarsi, mentre raccoglievo un’infiorescenza dall’erba rorida d’un mattino di primavera. Affondavo nella terra, pregustando il calore di quel sole promesso dalle luci dell’alba.
Il cielo di cera si scioglieva in suggestivi rivoli, formando impensabili arabeschi tra le nubi di madreperla. La spelonca dei raggiri grondava sangue incolore dalle pareti incrostate di menzogna e annerite dalla notte dell’ottusità. Miasmi mefitici si levavano tra i mostri che la popolavano, mentre urla disumane echeggiavano in quel luogo senza tempo. La fine e l’inizio della mia esistenza erano lì, confuse ed irriconoscibili, dileggiate ed impotenti in balia d’un destino beffardo.
Una luna nera ruzzolava verso un mare d’assurdità, melmoso ed agitato, pronto ad inghiottirla nei suoi abissi ripugnanti. La determinazione a farcela nonostante tutto, l’impegno a superare se stesso ed i propri limiti, non avevano più ragion d’essere. La speranza era sprofondata insieme alla lanterna che abitualmente rischiara il cielo notturno. Mi resi conto di vestire i goffi panni d’un anacronistico Don Chisciotte, d’aver lottato invano contro mulini a vento che, anziché grano, avevano sempre macinato illusioni.
Iniziai ad attendere la fine, seduto sul ciglio del mio sentiero. La stanchezza fiaccava gli entusiasmi, raddoppiava le fatiche, sviliva i sentimenti, lasciandomi in bocca un gusto decisamente amaro.
Non mi restavano che pochi passi e tutto sarebbe svanito nel dimenticatoio che accoglie i ricordi, coprendoli con la vernice dell’oblio. Il baratro era lì, pronto ad inghiottirmi... ma non riuscivo a raggiungerlo. I pochi passi che ci dividevano sembravano moltiplicarsi, affannando persino il pensiero. Nel buio del giorno ogni sussulto, ogni gesto richiede impegno, tensione... a volte incoscienza. Ero giunto alla conclusione che il gioco non valeva più la candela, che non sempre si può fingere che nulla sia in grado di causare sofferenza, e, allora, perché provavo difficoltà a chiudere un libro già letto, cancellato dalla cecità?
Decisi d’attendere la fine, seduto sul ciglio del mio sentiero. L’iniziativa ormai non m’apparteneva... e mi rifiutavo d’appartenerle.