La trippa con le cotiche
Accanto a me, sulla sommità del poggio che mi è toccato come posta, si leva un macchione di rovi, modellato e torto, così da poter essere usato come capanno per i colombi e i tordi.
Dietro, un brillante pascolo si stende placido oltre un borro popolato di faggi e lelleroni, metodicamente brucato da un gregge di procedenti candidi ovini. Il delicato tintinnio dei campani pare scandire e dare il ritmo al frusciante brusio delle loro mandibole instancabili.
Sulla sinistra i colli precipitano, aprendosi ammirati alla vista delle trasubbie, l’ampia curva del fiume ghiaioso che in quel tratto divine guadabile. E laggiù, laggiù, sfumato ma severo s’innalzava il Monte, quel rilievo fortificato, posto a guardia del confine settentrionale di questa landa benedetta. Ivi, almeno una volta i conquistatori senesi si sono scornati contro i tre castelli della solida Maremma: Roccastrada, Sassofortino e Montemassi, ai tempi in cui Guido Riccio da Fogliano dovette rinunciare alle pretese della rapace città del palio.
Ed io lì, ad ammirare tutto questo, trasognato tra la storia patria e quella celeste a cui mi richiama il volo dei colombi e delle maestose poiane.
Schiannn!!
Che succede? Stan, tan, ta‐tan!
I canai! I canai hanno trovato i cinghiali e li forzano alle poste sparando a salve. Le esplosioni si susseguono frenetiche, raccolte dalle balze e diffuse come un tuono per tutti i poggi, fino a perdersi nell’aria aperta dietro di me.
Contemporaneamente la muta dei cani inizia a latrare, gettandosi a perdifiato sull’usma freschissima, ed i canai dietro, a corsa, sparando e berciando, emettendo versi disumani che nemmeno i pellirosse conoscevano.
Eccolo, eccolo!!! Lo vedo!, è un verre nero, enorme, Maremma che emozione, che bestia!, è sul crine di fronte al mio, a un chilometro in linea d’aria e corre, corre come un dannato col foco al c…. verso le poste. Attraversa un campo, ecco ora vedo anche i cani che lo inseguono ed i puntini fosforescenti dei canai che escono dalla macchia, imprecando, urlando, correndo senza smettere di sparare. Le poste son tutte all’erta, il verre sfonda un sieponale come fosse carta velina e si catapulta in avanti, carica la prima posta. Santo Cielo!
Tonfa, tonfa! Due lecche a palla gli bruciano il crino irsuto sfiorando la groppa ma senza far danni, un salto e prende avanti la posta buttandola a gambe all’aria. Ha sfondato la linea e se ne corre illeso fuori battuta.
E i canai esterrefatti gridano fuori di sé: “Vi venisse un colpo! Accidenti a quanti sete! Ma che tirate? A campa’?”. E via di corsa a infilarsi nel bosco per stanare la successiva preda.
Passa qualche minuto di silenzio, rotto solo dalle mie risate, dato che a me è andata bene e non ho dovuto dar prova della mia mira. Che spettacolo!
Non trascorrono che cinque minuti ed i nostri bravi segugi son già all’opera, pronti ad assalire un avversario che ammonta a dieci volte il loro peso e contro cui non hanno alcuna difesa, rischiando la vita ad ogni assalto.
Eccolo, per dinci! E’ più grosso di quello di prima!, che birullo! E’ una madia con le zampe! Un mulo! E ha preso la stessa strada di quello di prima. Eccolo che vola attraverso il siepone, passa la prima posta…niente! Ma perchè non gli ha tirato? S’è addormentata o sarà morta, data che ha circa ottantatre anni? Poi sapremo che la carabina si era inceppata. Conoscendolo avrà provato a caricarla con una cartuccia da doppietta, come minimo!
L’animale arriva sparato di fronte alla seconda posta che si agita e si muove. Il verre lo vede e sterza di novanta gradi neanche fosse una lepre, invece di pesare quasi un quintale! Sta‐tan! Erutta la doppietta. Due colonne di terra e una fumata di polvere che nemmeno una tromba d’aria l’avrebbe sollevata.
E il cignale? Via alla velocità della luce fuori tiro e fuori pericolo.
I canai!!! “Voi schiantaste! Vi scoppiasse il bellico, accidenti a chi ve l’ha legato!!! Ma che chiappate? Neanche in provincia! Manco i prosciutti appesi al trave buttereste giù. No a caccia! Dovete anda’, ma al macello, a favvi macella’ voi e chi vi ci ha messo! Brutti sciancati, guerci e rincoglioniti!”.
E io, mentre cerco di non cascare giù dal poggio dalle risate, mi consolo e pregusto la trippa con le cotiche, che mi aspetta al rialto.