La volevo
Ieri, durante una classica finestra cerebrale da divano delle mie, stavo, con grande relax, sdraiato s'un ramo nel folto d'un albero di macchia lungo strada sterrata di campagna, ma un rumore di cavalli al galoppo d'un colpo mi disturbò attirando la mia attenzione, che lo sentii come sopirsi ed arrestarsi ai comandi, anche sonori, del cocchiere. Era una carrozza. Una carrozza passeggeri dalla quale scese lei. Lei. Lei che muso serio e tirato, credo causa viaggio lungo e poche soste, capii subito aveva un, impellente, bisogno fisiologico oramai incontenibile da risolvere. Lei che corse trafelata. Lei che guadagnò veloce una piccola radura nel dietro d'una grossa siepe d'alti rovi e. E lei che, faccia rivolta a me nascosto dal fogliame, s'alzò la gonna, abbassò i mutandoni rossi e s'accucciò per rilasciare una notevole pipì. Urca. Uno. Uno spettacolo furioso. La necessità si vede era sul serio tanta e male trattenuta da troppo, al che con appunto il rilascio tutto cambiò. E così mai. Mai visto prima il piacere semplice e genuino invadere più generosamente un accenno di sorriso nel mentre espandeva naturale e radioso. Mai visto, s'una faccia greve e nervosa, un tale stupefacente improvviso cambiamento in espressione di liberazione generale e generata usando i propri organi con vero desiderio e sana passione. E beatitudine, felicità e dedizione sperticata ed apertura totale all'avvenimento apparvero allora d'incanto a iosa fra le smorfie, divine e dolci e simpaticissime, di quel viso che adesso s'abbandonava e seguiva stupendo, arci convinto, curioso ed interessato, il flusso zampillante di cose venutosi a creare ed infine pace e bellezza. Pace e bellezza ed armonia e soddisfazione espressa d'espressione candida e genuina e con l'armi d'un ritrovato generale compiacimento personale ottimo e per una volta compiuto sul serio tale sempre e da tutti, desiderato nei sogni intimi e segreti e poi. Poi, lasciandomi letteralmente basito e destabilizzato e fulminato, lei si ricompose e risalì e scomparve assieme alla carrozza, ai cavalli e. Ed a quel viso dal tono straordinario ed indimenticabile. Boia. In un attimo mi resi conto la volevo. La volevo oltre ogni altra realizzazione possibile. La volevo. E partii dunque a piedi sulle sue tracce. La volevo. Ci misi anni. La volevo. E m'impegnai allo spasimo nelle ricerche. La volevo. E la notte chiudevo gli occhi e rivedevo i suoi radiosi e fantasmagorici brillare inimitabili nel momento della metamorfosi paradisiaca in radura. La volevo. E l'ansia saliva in me. La volevo. Ed arrivai in una città. La volevo. E finalmente la rividi e conobbi emozionato al mercato. La volevo. Muso serio e tirato ed indicativo; che sembrava un'altra volta con la vescica molto, molto piena per. Per intenderci. La volevo. E dopo altri incontri l'invitai a cena ed accettò. La volevo. E la sera designata ero veramente coinvolto fino all'osso. La volevo. La missione era difficile e lo sapevo. La volevo e. E di per cui una volta mangiato e danzato, corteggiandola dolcemente, giocai completamente tutto me stesso oltre l'ostacolo con. Con coinvolgimento emozionale che concepivo io stesso per me certamente eccezionale. La volevo. Erano troppo forte il desiderio e la curiosità di vedere se ne sarei stato capace. La volevo. E non solo per fare l'amore: ovviamente. La volevo. La volevo per un obiettivo superiore. La volevo. E con sincerità e dedizione e cura e levità che nemmeno m'immaginavo d'avere, tra l'altro. La volevo e. Ed immagino oltremodo stimolata dall'immense mie altezze emozionali che orchestrarono i movimenti del successivo coito. La volevo. La realizzavo sempre più partecipe e vicina. La volevo. Ed ergo m'impegnai allo zenit e cercai altri stimoli magici da donarle. La volevo. E nell'incedere del ritmo incominciai ad intravvederne distinti i segnali e. E crescevano, crescevano loro beatificanti. La volevo. E nel momento del comune orgasmo incredibile. Incredibile finalmente la rividi. La volevo. Quella faccia sofferta la rividi mutare in ritratto d'estasi fine e superiore tale e quale durante la pipì nel bosco. La volevo e. Ed ero riuscito a ricrearlo, il ritratto, come dire dipingendolo con i miei mezzi ed i miei modi. La volevo. E. E fu trionfo. La volevo. Non lei, ripeto, Quella faccia con un'aria di liberazione che nessun venticinque aprile potrebbe manco fare imitare quella. Quella faccia fulgida e lucente pregna di sintonia con la vita ed abbandonata totale al momento uguale a non mai ammirato e gustato prima io. Io la volevo. La volevo. La volevo. P.s. Chiedo scusa a lei gentile donzella d'averla usata per i miei scopi, ma lei comunque deve sapere che io così facendo ho lavorato per ricordarla ed amarla in eterno qualsiasi. Qualsiasi cosa lei ne farà di codesta squisita nottata appena insieme passata.