Le Allupate
Dopo un divorzio alcuni vengono presi dalla sconforto, dalla tristezza, dalla delusione, dalla depressione insomma da sentimenti negativi per lo spirito, Alberto, al contrario si sentiva finalmente libero da un legame con una donna con cui non aveva più nulla in comune, anzi si domandava cosa l’avesse spinto ad impalmarla. ‘Libertà va cercando ch’è si cara’ già ai tempi degli antichi romani la libertà era un bene prezioso tant’è vero che Catone preferì suicidarsi piuttosto che perderla. Alberto aveva preferito il divorzio e già dal primo giorno era rinato: il mondo gli sembrava più accogliente, la gente più simpatica, la mattina veniva svegliato dal canto degli uccellini e si sentiva pieno di energie: doccia, rasatura di barba, colazione abbondante, abbigliamento per il mare e telefonata all’amico Franco: “Giovane (si fa per dire era quarantenne come lui) datti una smossa, fra dieci minuti sono sotto casa tua, destinazione Lido di Mortelle, vai!” Ovviamente Franco non era pronto, al citofono: “Maria che fa quel pelandrone di tuo marito, oggi è domenica e siamo liberi dal servizio.” “Sta facendo colazione, appena pronto te lo mando giù, anche a me fa piacere che te lo porti via….” Ci volle ancora un quarto d’ora poi finalmente Franco si appalesò con un boccone in bocca. “Cazzo nemmeno la domenica…” “Giovanotto non dimenticare che io sono maresciallo e tu brigadiere, è un ordine: “SVEGLIA!” La cinquecento di Alberto partì a razzo, “Mettiti la cintura, se incontriamo qualche pattuglia di ‘martelloni’ , loro se ne fregano che siamo della Finanza anzi se ci possono fare uno sgarbo…”Al lido furono accolti da una signora dal nome impegnativo, Costanza che all’entrata faceva pagare il ticket d’ingresso e di soggiorno ai clienti, per loro due niente ticket anzi cabina gratis in prima fila. Franco si accomodò su una sdraia, aveva ancora sonno, Alberto lo lasciò in pace ed andò in cerca di ‘pollame femminile’ ma a quell’ora c’era poca ‘roba’ in giro anzi ne vide tre ‘horribiles visu’ che, chiamarle donne sarebbe stato offensivo per il genere femminile. Stavolta Hermes, di solito protettore di Alberto mise in atto una cattiveria, non aveva accettato quel giudizio su quelle tre povere brutte, loro non ne avevano colpa e così il dio degli imbroglioni fece uno sgarbo al suo protetto: fra la sabbia c’era una bottiglia rotta su cui Alberto mise un piede con la conseguenza di una grossa lacerazione dolorosa e sanguinante. “Franco vieni qui, maledizione mi sono ferito ad un piede!” Oltre a Franco si precipitarono anche le tre sgraziate che si dimostrarono premurose ed affettuose. “Signore forse possiamo aiutarla, abitiamo dall’altra parte della strada, a casa abbiano di che medicarla.” Con l’aiuto dell’amico, zoppicando Alberto raggiunse la villetta delle tre, si sedette su un divano. “Io sono Catena, ho frequentato un corso da infermiera, qui ci vogliono dei punti, la ferita è troppo estesa o la portiamo in ospedale o si fida di me e le metto dell’anestetico così proverà meno dolore.” Alberto dimostrò di essere un duro, sopportò stoicamente la sofferenza ed alla fine del’operazione ringraziò Catena. Poverina era tanto magra che in siciliano si poteva soprannominarsi ‘sdisiccata’. Intervenne la seconda delle sorelle: “Sono Crocifissa, non penso che sia il caso che lei cammini, la ferita potrebbe riaprirsi, lei ed il suo amico potreste essere nostri ospiti a tavola, Lorena, la nostra cameriera ha preparato un buon pranzo, basta solo riscaldarlo.” Crocifissa, poverina aveva un gran naso che le arrivava quasi sino in bocca, in siciliano l’avrebbero rinominata ‘nasca’. La terza, al contrario di Catena era obesa, pareva che la natura si fosse accanita contro tutte e tre, Crocifissa era proprio una ‘chiattona’. Il cibo è la panacea di tutti i mali, chi lo aveva affermato molto probabilmente era un crapulone in quanto non risulta proprio a verità, ma nel caso di Alberto aveva fatto un certo effetto benefico soprattutto perché ‘innaffiato’ dal vino rosso di Faro. Catena: “Non penso che possa ritornare a casa sua, abbiamo la camera dei nostri genitori Geremia e Priscilla deceduti, la teniamo sempre in ordine per rispetto loro, signor Alberto lei ha la stessa corporatura di nostro padre potrebbe passarci la notte ed eventualmente usufruire de suo vestiario. “Mi va bene, grazie della vostra ospitalità, Franco prendi la mia Cinquecento e torna a casa non vorrei che Maria…” Dopo cena Catena: “Noi guardiamo poco la televisione, sempre cattive notizie di morti, feriti e stragi in tutto il mondo per non parlare degli spettacoli di varietà, tante ragazze scollacciate….Dal suo accento ho compreso che lei è di origine romana, che ne dice di recitarci qualche poesia del Belli o di Trilussa?” Alberto capì che doveva in qualche modo ricompensare le tre ‘grazie’ e: “Ce n’è una molto spiritosa di Trilussa, si intitola l’uccello in chiesa: “Era d’agosto e un povero uccelletto, ferito dalla fionda d’un maschietto andò per riposare l’ala offesa a finire all’interno di una chiesa…” Intervenne Catena: “Vorremmo evitare di parlare di cose sacre, ne conosce qualche altra?” “La luna piena minchionò la lucciola: sarà l’effetto dè l’economia ma quel lume che porti è deboluccio…si ma la luce è la mia!” “Altra e poi finisco: C’è un’ape che se posa su un bottone de rosa, lo succhia e se ne va…tutto sommato la felicità è una piccola cosa! Ed ora vi propongo una cosa seria: io da finanziere allorché ero in forza ad un distaccamento a duemila metri ho imparato a cucinare, se me lo permettete vorrei stendere un menu per aiutare Addolorata a dimagrire ed a Catena a mettere su un po’ di muscoli, se siete d’accordo…” La proposta fu accolta anche se con qualche perplessità da parte delle signorine. “Allora: colazione la mattina con yogurt magro, due fette biscottate integrali e due prugne denocciolate, pranzo pasta integrale condita con: sugo di pomodoro o legumi di tutti i generi, un frutto di stagione, caffè senza zucchero, la sera insalatona mista e poi formaggio non stagionato, oppure uova, carne magra ed il solito caffè decaffeinato amaro, la domenica due quadretti di cioccolato amaro al 90%. Per Addolorata le porzioni ridotte al 60%, per Catena aumentate del 20% che ne dite?” Un silenzio aveva accolto la proposta ma nessuna aveva avuto il coraggio di contestare e così il menù divenne operativo. Alberto da vecchio ‘sun a bitch’ capì che Addolorata non avrebbe resistito a quelle restrizioni culinarie; una notte si appostò un cucina e alla luce del corridoio vide apparire la chiattuna che furtivamente si stava avvicinando al frigo. “Eh, eh, eh, eh cara con me non si bara!” “Alberto ti prego, sto morendo di fame, almeno qualche mela ed un panino, chiedimi qualsiasi cosa ma accontentami….” Il vecchio Al figurati se non prendeva la palla al balzo: “Che ne dici di ‘fare amicizia’ col mio coso, basta solo che lo pendi in mano poi…”Il cibo per l signorina era diventato quasi una droga, malvolentieri prese in mano il ‘ciccio’ di Alberto che stava aumentando di volume con meraviglia dell’interessata che: “Come fanno le signore a farselo infilare dentro il loro buchino piccolino?” “Non ti porre tanti problemi, prendilo in mano e massaggialo e se ti va prendilo in bocca…”Lì per lì non era possibile, la bocca di Addolorata era piena di cibo ma finito di mangiare la chiattuna obbedì e si trovò ‘in ore’ altro alimento ma liquido che ingoiò senza quasi accorgersene. “Ha un sapore particolare, non è spiacevole come pensavo, mi dai un’altra mela?” La mattina Alberto telefonò al Dirigente il Servizio Sanitario della caserma: “Dottore sulla spiaggia con un vetro mi sono tagliato un piede, mi dà trenta giorni di convalescenza?” “Esagerato, per un ferita, massimo una settimana.” “E se ci fosse una frattura da lei constatata?” “Ci vediamo fra trenta giorni sempre che la frattura guarisca gran...” Alberto seguitò a presidiare la cucina ma sorpresa… sorpresa una notte comparve Catena che giustificò la sua presenza con: “Hai fatto bene a mettere a stecchetto Addolorata che mi ha riferito quello che è successo la notte passata.” “Ti ha raccontato tutto?” “Si e mi sono meravigliata, di solito lei è molto riservata e mi ha incuriosita…” “Che ne dici di imitarla, alla fine della nostra vita scopriremo che cosa abbiamo seminato durante la nostra esistenza.” “Noi facciamo molto del bene ai poveri ed agli anziani, sovvenzioniamo una casa per emigranti con i loro figli, siamo ricche e ce lo possiamo permettere ma ci hanno insegnato che…” “Anche se la natura non è stata con voi benigna non dovete richiudervi in voi stesse, il sesso non serve solo per avere una discendenza ma dà anche salute fisica e mentale…” Catena aveva già imparato la lezione e accettò di buon grado non solo esibirsi in un pompino ma per la prima volta in vita sua provò un orgasmo dietro bacio appassionato alla sua ‘tata’ da parte di Alberto. Crocifissa aveva un nome troppo impegnativo come pure il naso ma aveva appreso la lezione dalle due sorelle ormai scatenate, Alberto era al centro dell’attenzione, solo in una cosa era intransigente, il vitto ma per il resto si era incamminato in una strada impervia per la verginità delle tre sorelle ma se la cavò alla grande. Più che altro il problema era di Addolorata, di Catena e di Crocifissa il cui ‘fiorellio’ a lungo a riposo, dava segni di dolore ben ricompensate da goderecciate alla grande, per loro un mondo nuovo! Alberto pensò che il problema di Crocifissa fosse facilmente risolvibile con una operazione di chirurgia estetica, contattò telefonicamente un collega amico di Milano che gli comunicò il nome di uno specialista che veniva a Messina ogni sei mesi il prof. Pappalardo. Interpellato da Alberto il professionista comunicò che sarebbe giunto in città fra quindici giorni ed avrebbe operato Crocifissa presso la casa di cura privata ‘S.Eugenio’, la signorina fu la prima ad essere iscritta nella lista degli operandi anche se con un certo timore da parte sua: “Cara, sarai completamente sedata, non sentirai alcun dolore mi meraviglio che tu non ci abbia pensato prima.” Alle sette di mattina Alberto si presentò in clinica ed entrò nella stanza dell’operanda che: “Non ho dormito tutta la notte, fammi compagnia.” Alberto ebbe l’autorizzazione ad accompagnarla sin dentro la sala operatoria ‘bardato’ come un infermiere ma non resistette quando il chirurgo mise mano ad attrezzi da ‘fabbro ferraio’, rivide Crocifissa dopo un’ora e mezza quando, ancora intontita uscì dalla sala operatoria, a tratti le fece compagnia nei giorni seguenti, Crocifissa ancora con una vistosa benda si lamentava per il dolore. Dopo quindici giorni finalmente la benda fu tolta e apparve un naso da attrice, l’interessata non finiva di guardarsi allo specchio, Alberto la prese sotto braccio e con un taxi la accompagnò a casa. Dopo due giorni anche lui ebbe una sorpresa: una Jaguar X type era posteggiata dinanzi la villa, le chiavi in mano a Crocifissa che baciò a lungo un Alberto frastornato, mai avrebbe pensato ad un sì generoso regalo. E Lorena la cameriera? La ragazza, mentre le tre sorelle e il suo fidanzato Gedeone erano a messa raccontò in breve la sua esistenza. Per motivi economici era andata a servizio dalle tre sorelle che pagavano bene le sue prestazioni, le signorine avevano accettato in casa il suo fidanzato anche lui religiosissimo ma che stava ben lontano dalla sua ‘gatta’, si limitava a qualche furtivo bacio in bocca ma…”Io amo molto il sesso, sono e rimarrò vergine, come preteso dalle mie padrone, niente peccati in casa loro, uso però molto il mio ‘popò’ e me la godo alla grande se lei….” Alberto constatò personalmente le affermazioni di Lorena, mai gli era capitato in vita sua una donna che provava tanti orgasmi col sesso anale, ma lui nei giorni successivi le offrì anche tenerezza e coinvolgimento emotivo, Lorena ne rimase affascinata non solo sessualmente, finalmente un vero uomo. “Maresciallo si è rimarginata la frattura al piede o desidera altri giorni per guarire?” “Dottore stavolta fra frattura m’è venuta al pisello, ho trovato quattro allupate che me l’hanno distrutto!