Lettera a Isotta
Lettera a Isotta.
Cara mia seconda mamma, era destino che dovessi avere a settant'anni un'altra mamma, e sei tu. Tu non mi allatti, non mi nutri, posso farlo benissimo da sola, ma senza di te, cosa farei? Osservo il lungo cordone ombelicale, cinque metri di cannula che mi separano da te e allo stesso tempo mi uniscono intimamente a te, cinque metri legati morbidamente intorno al mio collo che mi tengono stretta a te, ma nemmeno troppo. Cara Isotta, tu non avresti potuto fare più di quello che fai: sei
stata disponibile, quieta, mansueta fin da subito, e io non capivo che di più non potevi fare. Ero nervosa, mi impigliavo continuamente nel cordone, movimenti incoerenti mi lasciavano avvolta come un salame, e così mi arrabbiavo, ti maledivo. Ma poi ho capito, ho imparato ad essere gentile, ho imparato a volerti bene, e di sera, quando ti porto in camera con me perchè possiamo insieme affrontare la notte, ti sento parte di me, ti sento un cuore che pulsa e il tuo rassicurante brontolio mi ripete: sono qui, non ti abbandono. Sai Isotta, sono nata per la seconda volta quando ho cominciato a respirare l'ossigeno che tu mi doni incondizionatamente. Ho potuto nuovamente usare la mia mente, la mia preziosissima mente che non riuscivo più a usare perché certi dolori fisici erano troppo ingombranti perché mi fosse permesso ancora pensare.
Tu mi hai ridato la libertà, la lucidità, ed io ti sono tanto tanto riconoscente, al punto che ormai riesco perfino a scherzare. Quando mi "carico" la piccola bombola da passeggio, "La Totta", come l'ho battezzata io, ed esco, incontro i miei conoscenti, amici, o anche soltanto curiosi che si fermano a guardare i piccoli "nutrienti" che mi entrano nel naso e sì, scherzo. Ragazzi, dico, respiriamo lo stesso ossigeno, soltanto che il vostro non si vede, il mio sì.
Di una cosa sono certa: io e te faremo ancora tanta strada insieme, e so che dovrò soltanto a te il piacere di scrivere cose che senza questa esperienza, non sarei mai
riuscita a scrivere. Il meglio deve ancora arrivare e ce lo vivremo insieme.