Libecciata

Lo chiamavano Greg per lo stesso motivo che lo spingeva a chiamarla Su (non Sue all'americana, Su e basta): nomi troppo lunghi.
Non fuori moda, troppo lunghi e basta.
Non rispondeva ai suoi messaggi dalla sera prima, niente spunte blu e lei non sapeva come fare per disattivarle, certo poteva aver deciso di applicarsi un po' ma era poco probabile.
Non aveva nemmeno risposto alle due telefonate della mattinata ed era altrettanto improbabile che avesse messo il silenzioso, figuriamoci.

Susanna odiava il suo nome da formaggino e odiava essere chiamata Sue, faceva troppo Dallas e lei odiava anche tutte le interminabili serie melense adorate dalla nonna e dalla madre. Amava loro ma non il loro cattivo gusto nelle scelte televisive.
A pensarci bene odiava anche la TV, troppo invadente e catalizzatrice e a ben guardare unica responsabile di quei nome e nomignolo che la infastidivano visceralmente. Unica responsabile dell'unico odio della sua vita. L'avessero chiamata, che so, Rita o Anna, Nora, Sara, un qualunque nome abbastanza corto da non dover essere abbreviato e storpiato, nulla avrebbe incrinato la sua placida accettazione del mondo. Non potendo eliminarla dalla sua vita ‐ televisori ovunque ‐ aveva imparato a ignorarla. E stava imparando a ignorare, almeno un po', anche il cellulare. Quel subdolo seduttore dall'aspetto innocuo e servizievole, cosi bravo a trasformarsi in un vampiro succhia esistenza, ormai le pesava come un macigno ma nemmeno lui si poteva eliminare del tutto. Solo ignorare. Niente spunte blu e modalità silenziosa, quando voleva un po' di pace il massimo che potesse concedergli era  di vibrare discretamente nella tasca.

Uscita a fare due passi col cane. Così gli aveva detto la madre di Su mentre ritirava i panni dal tenditoio.
Dopo un paio di tentativi andati a vuoto e altre due telefonate senza risposta si era diretto verso il mare. Il viottolo che attraversava l'area boschiva si era fatto sempre più sabbioso fino a sfociare sulla spiaggia deserta percossa dai marosi e da una possente libecciata. Il mare d'inverno. Quel film in bianco e nero che Su amava tanto...  La vide in lontananza seduta sul lato esposto della duna, col vento che strapazzava le lunghe ciocche scure e gli occhiali come unico scudo alle frustate pungenti della sabbia, con le gambe piegate fra le braccia e il mento sulle ginocchia, immobile in mezzo ai ciuffi d'erba alta che si contorcevano impazziti e le calcatreppole spinose semisepolte dalla rena in movimento.
Il cane le si era accucciato dietro, accoccolato stretto stretto per sfruttare il modesto riparo creato dai suoi fianchi avvolti nel giaccone.
Greg scosse il capo. Povera bestia, pensò incapace di comprendere il legame quasi simbiotico che legava quelle due creature così diverse e così affiatate. Il fastidio della sabbia che gli pizzicava il viso, del rombo crescente del mare, del vento che lo scuoteva sguaiato facendolo barcollare, gli impediva di cogliere la meraviglia di quello scorcio vivo come non mai, senza ombrelloni, senza piedi da fotografare né asciugamani multicolori. Il promontorio sullo sfondo azzurrognolo di lontananza, il candore della lingua costiera tesa e stirata dal vento, intonsa come un lenzuolo di bucato, la duna ancora superstite per chissà quale intercessione divina, i blu e i verdi smeraldini arruffati di schiuma, il verde più cupo della macchia e l'azzurro di un cielo così luminoso da ferire gli occhi.

Susanna si voltò, per caso o per un sesto senso risvegliato dal mare, lo vide affrettare il passo e in un lampo decise.

Greg si sbracciò in un saluto esagerato per mascherare il disappunto che già saliva a serrargli i denti. La vide alzarsi, sganciare il guinzaglio del cane e abbandonarsi a un lungo abbraccio col viso affondato nella folta pelliccia della bestiola prima di  correre verso la battigia e sparire fra i flutti.

Greg rimase impietrito, coi pugni serrati e la rabbia impotente a strozzargli la voce.

Il quadro della libecciata non perse un briciolo della sua perfezione mentre il cane, seduto sulla duna, ululava un addio straziante e accorato.
16 marzo 2024 ‐ Stralcio da Frammenti di Fra ‐ Piccoli inutili deliri