Lucia La Bellissima.
Con Lucia Lindberg la natura era stata benigna, bellissima era l’orgoglio di papà Lars e della mamma Margareta Eriksson. Sin da piccola aveva attirato l’attenzione dei pubblicitari per la vendita di pannolini, carrozzine, seggioloni, culle insomma tutto quello che poteva riguardare una fanciulla in tenera età. Il visino classico degli abitanti del nord Europa: occhi di un azzurro profondo, capelli biondi. Altra sua particolarità un carattere gioioso, sempre allegra e sorridente anche quando si svegliava dal sonno non piangeva, al massimo si esercitava con le gambette per richiamare l’attenzione della mamma per una meritata poppata di latte. Anche quando era in carrozzina nei giardini di Stoccolma attirava l’attenzione delle persone con le sue risatine ed il solito sgambettare. Crescendo all’asilo era coccolata dalle maestre come pure alle elementari. Giunta alle medie prese le sembianze di una donnina e in televisione con gran successo apparve nelle vesti di cappuccetto rosso. Alle superiori era ormai una fanciulla notevolmente bella e desiderabile, i mosconi crescevano di numero presi in giro dalle sue battute e barzellette tipo: “Sai qual è la città preferita dai ragni?” Scena muta da parte dell’interessato. “Imbecille, Mosca!” Oppure “Sai cos’è una zebra?” Solita scena muta del collega. “Sciocchino un cavallo uscito dal carcere!” Barzelletta scolastica: “Un tipo col tuo stesso nome, Benny, domanda alla maestra: ’Signora maestra posso essere punito per qualcosa che non ho fatto?’ L’insegnante: “Ovviamente no!” “Bene, non ho fatto i compiti!” Lucia non era ben vista dalle compagne non belle come lei e dai maschietti allontanati con tanto di presa in giro, solo i docenti l’apprezzavano per la sua studiositá fuori del comune; già all’inizio dell’anno aveva letto ed imparato quasi tutto il programma. All’Università si era iscritta in lingue: con la professione del padre diplomatico di carriera era stata a Parigi, a Londra, a Roma ed in ultimo a Madrid da cui era tornata nella natia Stoccolma con il padre giunto all’età della pensione. Nel ‘peregrinare’ nelle varie città europee si era data alla bella vita sessuale senza però un amore fisso. Laureatasi aveva preso ad insegnare lingue alcune delle quali apprese durante il soggiorno nel paese dove erano parlate. Ma anche per lei era giunto il momento dell’amore. Cupido aveva scoccato la freccia nei confronti di un suo collega molto bello ma che non si ‘faceva avanti.’ Una delle particolarità di Lucia era quella di voler ad ogni costo quello che desiderava, e così fece in modo di ‘agganciare’ il suo collega Lloyd Karlsson che passava il tempo libero a giocare al calcio senza altre distrazioni. Al ballo indetto dalla suola per fine anno scolastico si ‘strofinò’ a lui sperando che qualcosa aumentasse d volume nei suoi pantaloni, speranza delusa, Lloyd pensava solo alla danza. Non c’era altro da fare che fargli una sorpresa andando a casa sua ‘non invitto hospes’, gli aveva sottratto le chiavi dell’abitazione. Brutta idea: Lloyd fu scoperto mentre sul letto aveva un rapporto ‘ravvicinato’ con un altro uomo. I due rimasero basiti, a Lucia si piegarono le gambe, riuscì a scappare per raggiungere la sua auto posteggiata dinanzi alla abitazione del mancato fidanzato. La ragazza era molto sensibile di carattere, quell’episodio la colpì pesantemente, non che fosse una puritana ma l’omosessualità di Lloyd non l’aveva messa in conto. Cuore di mamma Margareta si accorse del cambiamento di umore della figlia, si fece raccontare quello che le era successo riferì al marito del desiderio della loro figlia di andare in un paese straniero, il papà non fece domande, pensò di sistemare Lucia a Roma quale addetta alla ambasciata svedese, aveva ancora degli amici al Ministero degli Esteri. E così fu che in una giornata nebbiosa a Stoccolma ma soleggiata a Roma, all’aeroporto di Fiumicino Lucia fu accolta da una collega svedese Britt Isacson che con la sua Mini la condusse al Bed and Brekfst Roma Centro dove lui alloggiava e dove le aveva prenotato una stanza. Furono accolte dalla proprietaria contenta di aver come ospite una svedese, aveva una simpatia particolare per le nordiche. Sono Romilia Grassi ho a disposizione solo una camera matrimoniale, prezzo Euro trentanove a notte, pensione competa ottanta Euro al giorno, sono una brava cuoca.” “Grazie signora Romina…” Fu interrotta dall’interessata: “Mi chiamo Romilia forse per un errore a suo tempo dell’addetto all’anagrafe, tutti si sbagliano e mi chiamano Romina.” “Bene signora Romilia, mi sembra che il cognome non le si addica, lei è magrissima…” “Meglio il mio che il nome del mio defunto marito ‘Scattareggia’ che molti, per sciocco spirito cambiavano in scorr….!” Tutti pomeriggi più il fine settimana Lucia era libera dagli impegni di ambasciata. Non poteva contare sulla compagnia di Britt fidanzata con un romano, spariva dalla circolazione. Lucia aveva fatto una considerazione sulla collega, non aveva nulla della razza svedese, mora sembrava più una siciliana, forse un ‘peccatuccio’ di sua madre. Su un giornale locale Lucia lesse un’inserzione in cui si richiedevano dei volontari che parlassero varie lingue per dar lezioni ad immigrati. Stanca di visitare musei e monumenti la ragazza decise di presentarsi nell’edificio indicato nell’annuncio, via Nizza 22, aveva acquistato di seconda mano una Fiat Abarth 695 ma preferiva andare a piedi per un’avventura capitatale allorché in via Cavour sfrecciò con l’auto a velocità superiore ai cinquanta chilometri previsti e fu fermata da un Vigile urbano. “Signorina patente e libretto.” “Jag förstar italienska, jag är svensk.” “Cazzo questa è svedese mortacci sua quant’è bona!” “E tu sei un porco, farò rapporto ai tuoi superiori.” ”Mi scusi talvolta sono impulsivo e sbaglio, il mio voleva essere un complimento, le chiedo scusa e vorrei riparare…” Il vigile di era tolto il cappello d’ordinanza, era veramente un bel ragazzo ma non femmineo come il suo ex fidanzato, emanava mascolinità da tutti i pori. “Il modo migliore è quello di invitarmi a cena, un pasto che le costerà metà del suo stipendio!” “Signorina svedese, lei non sa quanto misero sia il mio stipendio, potremmo andare in una bettola, a Roma dove anche in locali non di lusso si mangia bene.” “E bravo il mio vigile, come si chiama?” “Romolo Fumagalli, il suo nome è scritto nel libretto di circolazione, allora per la cena…” “Per me va bene sabato sera il locale?” “A Trastevere dalla sora Lalla, è una mia amica.” “Venga lei a prendermi all’Ambasciata Svedese in piazza Rio de Janeiro.” Io posseggo solo una moto, niente quattro ruote.” “Benissimo, andiamo in moto, adoro il vento sul viso e poi non abbiamo paura di prendere una contravvenzione se andremo troppo veloci!” Lucia rimase abbagliata dalla moto. “È un mostro, come si chiama?” “MV Augusta Brutale 800 Dragster.” “Un nome che è tutto un programma, vada piano non vorrei tornare a Stoccolma in bara!” “Sarò delicato…” “Che vuol dire delicato, in che campo?” “Nell’usare l’acceleratore, non sia maligna.” “Glissons e muoviamoci, ho fame.” “Finalmente hai rimorchiato una bella topa non come quelle sciacquette che porti di solito, signorina come si chiama?” “Lucia ed ho fame.” Al cuoco:“Ah Cesare, ce sò dù morti de fame…” Sora Lalla era affezionata a Romoletto suo, lo conosceva sin da piccolo, avrebbe voluto che si sistemasse sposandosi una brava ragazza ma questa era troppo bella e le belle…Cesare mostrò la tutta sua valentia in arte culinaria romana, Lucia ad un certo punto alzò le mani in senso di resa, mai aveva mangiato tanto e così bene in vita sua.“ “Se permetti ti do del tu e pago io il conto, mi hai detto che lo stipendio dei Vigili lascia a desiderare.” “Ti pare che sora Lalla ci fa pagare, è come fosse mia madre che purtroppo non ho più.” Lucia capì che il suo nuovo amico vigile aveva messo in atto una furbata ma non era importante, vedeva le cose in maniera più ottimistica forse anche per effetto del Vino dei Castelli Romani. Ritornati nel cortile dell’Ambasciata i due si guardarono in viso. Romolo: “Ho un collega siciliano che in casi come questo avrebbe detto:”Camaffare?” “Traduci per favore.” “Che dobbiamo fare?” “Lucia non era proprio in sé e: “Lo sai, si dice che darla la prima volta in cui ci si incontra è da mignotta…alla prossima.” e con la Fiat Abath rientrò nel Bed and Brekfast. Lucia per il fine settimana successivo chiese a sora Romilia di poter invitare un suo amico per farle compagnia…”Che mestiere fa il tuo amico?” “È Vigile Urbano.” “Io sono contraria alle …visite personali, per questa volta passi.” Romolo si presentò alle diciannove con due mazzi di rose, uno per la padrona di casa ed uno per Lucia, furono apprezzati dalle interessate. Cena leggera e poi ‘ritiro’ nella stanza di Lucia, A turno il romano e la svedese in bagno per sciacquarsi i propri gioielli poi Romolo si distese sul letto in attesa …Lucia nuda apparve nel vano del bagno, una dea, bellissima, mai Romolo aveva avuto modo di conoscere una tal beltade che però gli fece un effetto non previsto, ebbe un raptus che lo portò a prendere Lucia per un braccio ed a sbatterla sul letto per poi penetrala subito in vagina. Ovviamente la situazione non piacque affatto alla svedese anche perché provocò in lei del dolore. Quando riuscì a riprendersi: “Sto male, vedi di andartene subito, dico subito!” Romolo sparì, in corridoio incontrò Romilia che non salutò, uscì di casa lasciando la porta aperta, era fuori di testa, non aveva compreso la rozzezza che aveva commesso, Lucia cercò di riposare ma senza esito. La mattina Romilia bussò alla porta della sua stanza e:” Non ti domando quello che è successo, posso immaginarlo, vorrei esserti utile.” “Non mi sento di andare in ufficio, per favore fammi scrivere da un medico di tua conoscenza il riposo assoluto per sei giorni, grazie.” A metà mattinata Britt le telefonò per sapere sue notizie circa la sua salute. “Niente di grave, solo una raffreddatura ma siamo in inverno e voglio evitare complicazioni, a presto.” Romolo dimostrò una imbecillità totale, trovato spento il cellulare di Lucia telefonò alla padrona di casa per domandare notizie della ragazza. Romilia era di modi spicci e lo liquidò con un: “Vedi d’annattene artrove gran fijo de nà mignotta!” Coccolata dalla padrona di casa Lucia pian piano si riprese, uscì di casa e girò nelle vie intorno casa. Una sera un cartello ubicato sopra un portone attirò la sua attenzione. ’Scuola per immigrati, si cercano volontari come insegnanti.’ Lucia non ci pensò due volte, era la volta buona per far qualcosa di utile, la sera si recò alla Scuola per Immigrati. Ad accoglierla una signora di mezza età: “Sono Maria Coltorti direttrice di questo centro, da noi vengono immigrati che vogliono imparare l’italiano, occorre però che gli insegnanti conoscano le lingue estere.” “Io sono svedese ma ho girato tanti paesi, per me non è un problema.” Lucia la successiva serata, alle diciotto si presentò in aula, pian piano giunsero circa quarantina alunni di tutte le età, religioni, razze e sesso, tutti si presentarono alla nuova insegnante, soprattutto i maschietti furono contenti della sua presenza, forse i predecessori di Lucia non brillavano per pulcritudine. Un giovane attirò l’attenzione della neo insegnante: alto, longilineo dalla carnagione appena ambrata, molto elegante nel vestire, probabilmente non era un immigrato in cerca di lavoro in Italia. Alla fine delle lezioni il cotale si presentò: “Sono Joseph, malgascio, il mio vero nome è un altro ma è lunghissimo e difficile da ricordare così dalle mie parti molti lo cambiano in uno francese, lingua che parliamo tutti, sono un appassionato di antichità, Roma è stata sempre la mia meta preferita. Mio padre è proprietario terriero ed allevatore di zebù, data la sua età matura mi ha lasciato in libertà per sei mesi poi dovrò ritornare in patria ed a dirigere tutta la baracca come dicono a Roma, per ora me la spasso intendo dire visitare musei, monumenti.” “Mi scusi la franchezza ma non e la vedo a naso all’insù a guardare le pitture della Cappella Sistina o le statue di Michelangelo, del Canova o di Donatello.” “Ho capito dove vuole arrivare gentile signorina ma quel genere di amusement lo trovo anche al mio paese…” “Mi sono incamminata in un terreno minato, non volevo essere indiscreta.” “Ho visto un cartellone che reclamizzava un dentifricio, riportava la frase: Con quella bocca puoi dire ciò che vuoi, penso le si addica. Qualora la mia compagnia non le dispiaccia potrei proporle di andare insieme a cena, se non ha fame al cinema, al teatro, non conosco le sue preferenze.” “Ho un certo languorino…” “Bene allora andiamo qui vicino al mio albergo, è il Continenltal. All’arrivo dei due il portiere si levò il cappello e fece un inchino quasi sino a terra, Lucia si mise a ridere: “Quante mance gli molli per essere tanto ossequiato!” “Mi ha raccontato la sua vita, ha cinque figli e lo stipendio non è altissimo. Preferisci cenare al ristorante o in camera.” “Avevo giurato eterna lotta ai maschietti per una mia recente disavventura ma voglio fidarmi del tuo viso di persona perbene…” “Occupo la suite all’ultimo piano, qui non si usano le chiavi ma una scheda, andiamo in ascensore.” Al telefono: “Gaspare vorrei cenare in camera, siamo in due, per il menu pensaci tu.” Roma illuminata era uno spettacolo, Lucia d’impulso prese sottobraccio Joseph ma scivolò sul pavimento lucidato a cera e si trovò bocca a bocca con il malgascio.”Niente male ma non è stato voluto…sono un gentiluomo.” A Lucia parve spontaneo ribattere: “Perché i gentiluomini…” e sempre spontaneamente riprese a baciarlo sino a quando bussarono alla porta. Due camerieri con due carrelli, Gaspare si era sbizzarrito ed aveva fatto preparare una cena luculliana. “Questo è un attentato alla mia linea…” Lucia come si dice in gergo parlò bene ma razzolò male soprattutto col contenuto della bottiglia di Brunello di Montalcino che apprezzò moltissimo per poi sedersi allungata su una poltrona, era un po’ groggy. Si addormentò. Alle dieci del giorno successivo si ritrovò sul letto matrimoniale in sottoveste, ci volle un po’ per orizzontarsi, Joseph aveva provveduto a spogliarla. Del malgascio nessun a presenza, solo un biglietto sul comodino: “Bene svegliata, sono al bar, se vuoi puoi farti portare la colazione in camera.” Lucia restò ancora a poltrire a letto poi andò nel vicino bagno per una doccia che la svegliò del tutto. Nel frattempo era rientrato in camera Joseph che: “Bello quell’accappatoio, ti dona.” “Dimmi quello che è successo stanotte, non ricordo nulla.” “Una nottata fiabesca, sei stata favolosa!” Lucia capì che Joseph aveva barato, si era controllato il ‘fiorellino’ che non mostrava segni di uso, fece un sorriso e si esibì in una battuta in perfetto dialetto romano che aveva sentito in ambasciata: “Ah buciardo!” “Con la Mercedes presa a nolo dal malgascio si recarono a Ostia nella pineta dove il vento emetteva un fruscio passando fra i rami degli alberi, un romanticismo che portò Lucia e mettere le mani fra i gioielli’ di Joseph con ovvie conseguenze, stavolta anche il fiorello ebbe la sua parte. Un amore era sbocciato fra i due che però non avevano fatto mente locale su un particolare: Joseph doveva ritornare al suo paese di origine e così sorse il dilemma: Lucia doveva seguirlo? “Sinceramente per una serie di motivi non se la sentiva di vivere in un’isola sperduta lontana dalla civiltà europea fra gente povera, Joseph purtroppo non poteva fare a meno di ritornare in Madagascar. Gli ultimi giorni furono di una tristezza infinita, il destino superiore anche agli dei era una realtà incontrovertibile, Lucia non volle accompagnare il suo amato all’aeroporto, provava troppa amarezza. Così ebbe fine una storia romantica che lasciò nei loro animi una sofferenza infinita ed in seguito anche rimpianti, l’amore che trionfa è un favola!