Marta
È Ferragosto. Una giornata caldissima.
Sono le tre del pomeriggio e cerco di trovare un pò di pace facendo la spola tra il frigorifero ed il ventilatore.
Suonano alla porta. Vado ad aprire e mi trovo davanti un musino imbronciato e piangente. Avrà poco più di 15 anni. Una bimba: Marta. Sì, la chiameremo Marta.
La faccio accomodare. Si siede su una poltrona e scoppia in un pianto dirotto, irrefrenabile. Strazia l'anima.
Lì per lì rimango sconcertata, non oso interromperla, entrare nel suo dolore.
La lascio sfogare.
Mi avvicino, le faccio una carezza sulla testa. Il suo piccolo corpicino è scosso dai singhiozzi. Provo un incontenibile desiderio di abbracciarla, di stringerla a me, di placare il suo dolore.
Vado in cucina. Verso in un bicchiere del succo di frutta fresco e ritorno da lei.
Sembra essersi calmata un po' ora. Solleva il capo e nel viso devastato dal pianto, scorgo due occhioni scuri che mandano bagliori: dolore, rabbia, odio.
Troppo, per una piccola bambina!
Mi siedo accanto a lei, mi guarda e quasi urlando, prima che io abbia il tempo di chiederle una qualsiasi cosa, dice:
"Aiutami. Tu mi devi aiutare, hai capito? Hai capito? Hai capito?"
Si alza di scatto... il bicchiere che tiene in mano cade per terra, frantumandosi. Corre verso la porta, la apre, ed il corridoio la inghiotte, prima che io abbia il tempo di realizzare cosa stia succedendo. Non la vedo più, mi precipito fuori di corsa, guardo intorno, mi dirigo verso il cancello d'entrata, guardo in strada.
Di lei nemmeno l'ombra.
So solo il suo nome, molto poco per poterla rintracciare. Sono sconvolta e preoccupata, cerco di essere razionale e di pensare a qualcosa che mi aiuti a ritrovarla.
Mi informo… Chiunque sembra rappresentare un appiglio, una speranza. Niente!
Esco, cammino senza una meta precisa, scruto in giro, mi soffermo a guardare i capannelli di ragazzi fermi agli angoli delle strade. Niente!
LA STAZIONE! Sì, non può essere che là.
Mi dirigo verso la stazione, qualcuno mi urta, mi spintona, ho male agli occhi, guardo dappertutto seguendo un istinto che mi guida, ora qua ora là, e ad un tratto lo vedo... un cane! Un piccolo cagnolino, un meticcio tutto bianco che intravedo appena, seminascosto da un chiosco e, sulla testa del cagnolino una piccola mano.
Mi precipito correndo e, Lei e lì.
Mi sembra ancora più piccola; è sporca, ha l'aria emaciata di chi non mangia da giorni.
Vedendomi, ha un momento di titubanza, indietreggio di qualche passo e le tendo una mano. Sono angosciata all'idea di vedermela scomparire ancora, d'un tratto si alza e mi vola tra le braccia.
Piangiamo ambedue. L'accarezzo, la bacio, le sussurro delle parole tenere, e lei, pian piano mi guarda e mi sorride. Un sorriso dolce che per un momento, si riflette nei suoi occhi tristi, è bellissima.
Andiamo a casa mia e dopo un bagno caldo ed un pasto che divora, parliamo e parliamo, e parliamo, e parliamo...
Dopo la riaccompagno a casa sua.
Sono passati due anni.
È Ferragosto. Fa un caldo terribile, sono le cinque del pomeriggio. Faccio la spola tra il frigo ed il ventilatore, cercando un po' di pace, suonano alla porta, vado ad aprire, c'è Marta!
Non è sola Marta, con lei, aggrappato alla sua piccola mano, c'è Federico,
il suo bambino che all'incirca ha un anno e mezzo...