Martino e la pietra bucata (seconda parte)
Così, ogni fine settimana (soprattutto di sabato), in prossimità delle diciassette, qualunque cosa accadesse, ovvero sia che tirasse vento, ci fosse un'alluvione od un terremoto oppure scoppiasse improvvisa un'epidemia di pellagra o scarlattina, egli prendeva la sua bici e la canna da pesca per recarsi a dieci, dodici chilometri dal paese, lungo l'argine del Marecchia, il fiume, cioé, che ha foce nel capoluogo (venti chilometri più a est di Verucchio), proprio nei punti in cui quello scorre più placido (gli abitanti della zona son soliti chiamarli "bocche delle sirene") ed i luoghi circostanti sono più tranquilli e solitari: per pescare, appunto, rombi, gattucci o branzini. Accadeva, però, sovente e volentieri che l'uomo prendesse a parlare (per ischerzo, chissà, oppure per far scorrere meno noiose le ore di ozio ed attesa durante la pesca, od ancora perché preso dalla mistica crisi di mezz'età!) con le anatre o le beccacce che sguazzano e starnazzano nell'acqua, con le rane che vi gracchiano dentro oppure coi cani randagi ch'eran soliti transitare nelle vicinanze, agli alberi e finanche alle pietre depositate sul greto stesso del fiume: per dirla in breve, si comportava quasi come una sorta di san Francesco della Romagna, senza il saio e in edizione, riveduta e corretta, anni cinquanta!
Fu un sabato, appunto, in una notte di fine febbraio (durante la "merla", il periodo più rigido dell'anno dalle sue parti), stranamente tersa e mite, verso le ventitré, che Martino si mise a parlare con una pietra bucata che avea scorto in prossimità di un fossato accanto al fiume. L'uomo, però, mai avrebbe potuto immaginare, in cor suo, né (ovviamente!) prevederlo, ciò che sarebbe accaduto: ossia, di ricevere risposta dalla pietra e, addirittura, (di) dover dialogare poi con essa; ma le cose, invece, stranamente ed inverosimilmente, andaron proprio a quel modo. Egli notò subito la pietra (emanava lucentezza fuori dal comune), la raccolse dall'acciottolato e, dop'averla osservata ben bene, esclamò a sé stesso:
‐ Cavolo! Una pietra davvero strana: non ne avevo mai vista una così! (Quella, infatti, oltre ad essere tanto lucente, era al tempo stesso abbastanza sgraziata visto che aveva un grosso buco nel mezzo). La tenne così tra le mani appena qualche attimo, dopo di che la ributtò per terra e...
‐ Forse, chissà, sarà colpa del fiume, ‐ disse ancora fra sé e sé; ‐ in fondo è una pietra come tutte le altre, è soltanto una pietra bucata!
Dopo di che, si domandò (cioé, la domanda se la faceva da sé stesso ma era come se inplicitamente la facesse alla pietra):
‐ E'vero o no, pietra: sei come tutte le altre?
A quel punto Martino riprese la lenza e si mise ad aspettare che qualcosa abboccasse. Nel giro di qualche minuto, però, udì una voce che lo chiamava:
‐ Ehi tu, straniero, mi senti?
Così si girò e rigirò alcune volte eppoi, non vedendo nessuno vicino a sé, pose di nuovo gli occhi sulla pietra e...
‐ Sì, dico a te: sono proprio io che ti sto parlando!
L'uomo non voleva credere alle proprie orecchie ma, tant'é...Prese allora a parlare (anzi, a dar corda) alla pietra.
‐ Perché mi chiami così? Non sono uno straniero, sai? Sono un uomo; non sarò il più saggio e perfetto sulla faccia della terra, credimi, ma neanche un beòta né un beone. Sono soltanto un uomo: nulla di meno e nulla di più! (Era pur sempre uno straniero per la pietra; un uomo, appunto: cioé, un essere estraneo a lei e senza nome). Quella, però, non rispose alla domanda diretta di Martino bensì iniziò un discorso per suo conto.
‐ Sai, straniero, ‐ disse, ‐ sono bucata, è vero, ma sono pur sempre una pietra! Tu, piuttosto, dimmi, cosa ci fai in questi luoghi solitari ed ameni?
Martino, oramai, era del tutto entrato nella parte e nel giuoco: rispose così alla pietra, mentendo spudoratamente!
‐ Sono quì perché volevo fare...‐ Si interruppe un attimo e poi riprese a parlare. ‐ Cercavo la pietra filosofale della vita, per chiederli tante cose e che mi svelasse pure alcuni perché: ma ho incontrato te sola...soltanto te!
‐ E allora, straniero? ‐ replicò la pietra. ‐ Io sono pur sempre una pietra, te lo dico ancora, magari brutta, e deforme, e bucata, ma sono sempre meglio di niente, non trovi?
‐ Va bene, pietra, ‐ disse l'uomo: ‐ scusami, non volevo mica offenderti!
‐ Ma, non so...‐ fece quella, e subito Martino la interruppe.
‐ Va bene, va bene così, andiamo avanti, dai, è lo stesso! ‐ Disse annuendo. ‐ Dimmi, ora, cara pietra: quanto dura la vostra vita?
‐ Le pietre, sai, ‐ rispose quella, ‐ non hanno vita, una vera vita e così la loro vita, non essendo vera vita, dura per sempre! Hai capito? (Sembravano un vero e proprio scioglilingua le parole proferite dalla pietra alla volta di Martino...)
‐ Coooome? ‐ replicò quello allibito. ‐ Che cosa significa questo? Voglio proprio ascoltare la tua risposta, ora: sono quì, tutto orecchie!
‐ Sì! Sì! ‐ fece la pietra. ‐ E'proprio come ho detto: stanne certo! Ora ti spiego amico straniero (lo chiamava ancora straniero ma anche amico, adesso!), ascoltami attentamente e credo capirai meglio, spero! La vita delle pietre dura per sempre pur non essendo (vera) vita, pur non avendo inizio né fine: proprio per questo è eterna, sai? Ma la vostra, uomo (era la prima volta che lo chiamava a quel modo: ossia, per ciò che l'altro era realmente) che durata ha?
Martino, invero, non aveva fugato i suoi dubbi ma rispose ugualmente alla pietra.
‐ La nostra vita è come quella di ogni essere vivente, ha un inizio ed ha anche una fine: non è eterna...ma per alcuni, invece, lo è!
‐ Che vuol dire? ‐ domandò la pietra. ‐ Cosa significa "per alcuni"? Non è forse per tutti la stessa cosa? Spiegami tu, adesso, amico mio uomo (ora, per la pietra Martino non era più soltanto un uomo ma anche un amico).
‐ Pietra, ‐ replicò allora Martino, ‐ alcuni uomini credono, forse a ragione ma probabilmente penso siano essi soltanto degli stolti o degli illusi, chissà, che la loro vita continui dopo la morte!
‐ Forse, sai, ‐ fece la pietra, ‐ hanno proprio ragione loro! O forse, chissà, mio amico uomo, nessuno ha ragione...molto meglio noi, credimi: perché non abbiamo vita, come ti ho detto già. Siamo esseri inanimati, soltanto delle pietre noi!
Pronunciate che ebbe tali parole, la pietra si zittì seppur solo un attimo: ma dopo quell'attimo riprese a parlare.
‐ Vedi, però, mio caro umano, caro uomo vedi ‐ (questa volta, non a torto né senza ragione lo aveva chiamato dapprima in un modo poi nell'altro: probabilmente era meglio della pietra filosofale che Martino li aveva confessato, poco prima, di stare cercando,...e continuò parlando a metà tra il serioso ed il quasi divertito e soddisfatto), che abbiamo una cosa in comune, io e te? Rifletti e troverai...Qualcosa in comune l'abbiamo proprio noi pietre con voi uomini, sai?
‐ E cosa? ‐ chiese Martino. ‐ Che cosa sarà mai questa cosa di cui parli?
‐ Non ci arrivi da solo prima che ti risponda io? ‐ replicò la pietra.
Passarono alcuni minuti pria che Martino rispondesse, dopo di che lo fece abbastanza insicuro e titubante:
‐ No! No! beh...non capisco; non riesco proprio a rispondermi pur se ci ho pensato intensamente, sai, pietra? Ma forse, chissà, non ho pensato bene! Prova a dirmelo tu, allora, che vivi tanto in basso, sicuramente più di tutti noi umani, ma pensi più alto, spero...molto meglio di noi a quanto pare!
‐ Ma no, caro amico uomo, su, dai, non prenderla così! ‐ esclamò la pietra questa volta. (sembrava che quasi volesse rinfrancare moralmente Martino)...dopo di che si interruppe ancora una volta e poi ricominciò a parlare:
‐ Guarda, ‐ disse con voce più ferma di prima, ‐ che tutto sta proprio nella durata stessa della vita, la risposta chiara e semplice è tutta lì. Quella di noi pietre, non avendo vita, non ha neanche durata mentre quella di voi umani finisce...non è eterna seppur voi pensiate, a torto o a ragione non so neanch'io di sicuro, che mai finisca: che duri, cioé, anche dopo la sua fine!
‐ Ed allora, cara pietra, dove sta la similitudine? Quale sarebbe la cosa che accomuna le pietre agli uomini? ‐ domandò Martino. ‐ Avanti, spiegamelo tu perché non riesco ancora a trovarla; scusami, ma io continuo a non capire!
La pietra, dal suo canto, così rispose:
‐ Ebbene, mio caro amico, dimmi un po'se "non aver durata e senza fine" non trovi siano la stessa, identica cosa?
Martino, però, udite quelle parole restò di stucco, poi di colpo pensò tra sé e sé:
‐ Chissà mai dove vuole arrivare questa strana pietra? Le sue ripsoste, a volte, paiono divine sentenze, tal altre, invece, enigmi d'un oracolo o della sfinge egizia del deserto: non sono risposte d'una pietra le sue, d'un essere inanimato e senza intelletto, tutt'altro...sembra maledettamente, anzi, filosoficamente umana!
Dopo quell'attimo breve di ripensamento interiore e di silenziosa incertezza, l'uomo guardò nuovamente in basso, verso la pietra, e annuì abbassando tre volte il capo (parea essere il servitore che si prostra dinanzi al suo padrone!): ma non aveva proprio capito...non aveva capito un bel niente!
Riprese così daccapo a discorrere chiedendo alla pietra:
‐ Dimmi, ora, cara pietra, ma voi siete felici?
Quella, però, non rispose direttamente ma replicò con un'altra domanda:
‐ E voi, amico, lo siete mai, dimmi?
‐ A volte sì, a volte no! ‐ fece Martino. ‐ Chissà..ma vedi, pietra, quando lo siamo, se lo siamo davvero, dura ben poco: forse perché quella non è affatto felicità, è soltanto una (qualsivoglia) parvenza di esser felici, l'illusione di esserlo veramente!
‐ Allora meglio siamo noi, non trovi? ‐ esclamò la pietra: perché non abbiamo vita e non conosciamo tristezza né gioia.
Al che Martino ancora una volta parlò tra sé e sé:
‐ Cavolo, questa pietra è davvero la saggezza fatta persona; anzi, credo proprio ne sappia una più d'un diavolo! ‐ In quello stesso momento all'uomo balenò in testa (fatto stranissimo, questo, sebbene molto curioso!) un antico proverbio australiano che anni addietro aveva sentito pronunziare in paese da un mercante di borse e cappelli del Queensland sbarcato ad Ancona, proveniente dalla Turchia, e poi giunto in Romagna su un carro trainato da buoi in compagnia della sua merce: "uno dei rari momenti di felicità per un uomo è quando i suoi occhi incrociano quelli di un altro uomo al di sopra di due bicchieri di birra". Dopo, però, annuì senza proferire parola alcuna (alla maniera di prima: con un cenno breve del capo, guardando verso il basso dov'era adagiata la pietra) e si mise a camminare lungo la riva del fiume, in direzione di Verucchio: quasi a voler prendere già la strada di casa; ma, al contrario, non appena ebbe fatti alcuni passi, si fermò e tornò indietro. Si sedette per terra, nel punto in cui era poggiata la canna da pesca, poi chiese alla pietra:
‐ Dimmi, cara pietra, saggia e sapiente come sei e tutto scruti dal basso, cosa pensi dell'acqua, del vento, del sole, della luna e delle stelle che adesso illuminano il cielo?
Allora quella, dopo un attimo di silenzio (che a Martino, tuttavia, dovette sembrare eterno!) esclamò:
‐ Credimi uomo, amico uomo, siamo meglio noi pietre che non abbiamo vita e non proviamo sentimenti, non temiamo fortuna o avversità; siam meglio noi, sai, in fondo, che siamo solo e soltanto pietre inanimate: non conosciamo niente; nulla ci interessa di ciò che è sopra di noi!
A quel punto Martino, seppur a malincuore, si rivolse alla pietra e la salutò.
‐ Addio! ‐ rispose quella: dopo di che si zittì per sempre. L'uomo così raccolse le sue cose, salì sulla bici e si avviò verso casa: era oramai quasi l'alba. Sulla via del ritorno si fermò alcune volte per prender fiato e ripensare a quanto li fosse accaduto durante quella strana notte. In particolare, l'ultima risposta della pietra lo aveva lasciato sostanzialmente dubbioso o forse peggio: di sasso!
‐ Avrà ragione lei? ripeteva dentro di sé, mentre sorseggiava un po' di caffè dalla sua borraccia per tenersi in palla. ‐ Oppure, chissà, nessuno ha ragione...e nessuno è sicuro di niente: forse sono davvero meglio loro che sono pietre, minerali e basta senza anima; non si pongono mai domande né si guardano mai allo specchio per cercare di darsi risposte o (ri) trovare se stesse. Quelle non vanno mai alla disperata ricerca di qualcosa, come noi esseri umani, quelle non interrogano mai gli astri per avere risposte, non leggono mai sacri testi per trovare certezze, non frequentano veggenti né maghi o streghe per darsi false speranze o credere in effimere illusioni...Ma certo, sarà proprio così: in fin dei conti nessuno possiede il talismano della sapienza o della conoscenza assoluta in questa vita a questo mondo!
Giunto che fu alle porte di Verucchio, abbastanza stanco ed anche un po' assonnato, Martino incrociò Prisco Tescari, il vecchio guardiano del camposanto.
‐ Preso niente? ‐ fece quello.
‐ Macché, Prisco! ‐ rispose Martino. ‐ Neanche per sogno: questa notte ho pescato soltanto una pietra bucata! (mentiva a metà: nulla aveva pescato perché la lenza era stata in acqua ben poco, ma una pietra bucata l'aveva presa per davvero...all'amo!)
‐ Ah, beato te che peschi pietre! ‐ disse l'altro. ‐ Almeno loro ti fanno compagnia. Io, invece, sai, sto tutte le notti da solo, neanche un fantasma viene a trovarmi! Ciao, ci si vede.
‐ Ciao, Prisco! ‐ esclamò Martino. ‐ Alla prossima, dai!
Cinque minuti dopo l'uomo arrivò a casa, aprì la porta, si spogliò e si buttò sul letto. Prima di addormentarsi, però (l'aspettava una sostanziosa dormita perché la domenica è giorno di riposo dal lavoro), fece ad alta voce:
‐ Chissà se sognerò? Magari sognerò una pietra bucata e di parlare con lei, o forse... ‐ si interruppe un momento e poi continuò: ‐ ma sì, che fesserie, probabilmente sognerò qualcosa o qualcuno. Meglio dormire, adesso, ho bisogno di riposo perché lunedi mi aspettano trenta bei sacchi da metter sul carro (eran cipolle rosse e patate novelle raccolte qualche giorno prima, che poi avrebbe portato a vendere al mercato): per quello non serve sognare o farsi domande, basteranno le mie braccia!
da: "Storie e racconti della bassa".
Taranto, 10 novembre 2014.