Mastro Nicola
Mastro Nicola mi metteva alla prova sin dall’alba con caffè corretto al cordiale e iniziava la lezione: ‐“Che so quegli occhi, chissà che hai fatto stanotte, cazzi tuoi, basta che non mi fai stare indietro col lavoro”.
No che non resterai indietro.
La giornata passava veloce, aveva sempre qualcosa da ridire ma non ci credeva manco lui.
Ogni tanto passava qualche ragazzina e la lezione riprendeva: ‐ "Hai già un’età, ti devi scegliere una brava ragazza, piccola e te la devi crescere, così non te la toccano gli altri, poi per pompare ci sono le buttane”.
Alla pausa pranzo mi dava i soldi per due tre quarti, era la seconda prova, però, dopo una critica alle ridotte dimensioni del mio panino, iniziava ad elogiarmi dinnanzi agli altri: “Porta i capelli lunghi ma è bravo, non mi fa mai mancare la calce, deve solo crescere e capire come va il mondo”.
Le ultime ore erano le più lunghe, ma passavano anche quelle, prima dei saluti l’ultima prova, una tre quarti in due mista al gingerino, e partiva l’ultima lezione: ‐“Adesso che fai? Io c’ho la signora che mi aspetta, mi lavo, mangiamo il pranzo grosso, ci mettiamo a letto, vedo il telegiornale, se ho voglia di farmi una pompata la signora non dice mai di no, sennò iniziamo un film e ci addormentiamo, e tu, non me l’hai detto, che fai?”
La risposta era sempre la stessa: “Costruisco la mia casa”.
Rideva e andava via, a rifugiarsi nel suo mondo privato, forse chiedendosi: ‐“E con che se la fa la casa?”
Con carta e inchiostro Mesto Nicò.