Mi Aveva Detto Così
Mi aveva detto così, quella sera: “Devo farti ascoltare una cosa che ho scritto”.
La luna, visibile nel cielo della collina dove i due temporeggiavano, lontana dalle luci del paese, rifletteva i raggi della luna in un alone che andava a coprire la faccia del globo terrestre rivolta verso essa.
E così aveva iniziato: “Voglio decantare a questa vita la disillusione che si crea in noi, vittime di questo fato che incombe sulle nostre infime esistenze. Voglio decantare alla morte, che libererà dai mali di questo mondo le nostre anime, chiuse in una gabbia d’acciaio con le sbarre di filo spinato, che ci costringe e si restringe su di noi soffocando la nostra voglia di libertà. E a questo mare che porta a noi la parvenza di essere felici in un abbraccio protetti dalla tenue luce della luna. Al giorno che inebria il nostro essere e ci fa sentire vicini a Dio. E a te, che sei stupenda e che mi fai ogni giorno ringraziare il cielo che esisto. Alla vita”.
Si era così interrotto. Poi aveva chiesto: “Che te ne pare?”
Avevo per un attimo guardato attentamente sul volto il decantatore, come a volerne scrutare le minime emozioni. Poi avevo detto: “Ma va' a cagare”.