Mi capitava di non reggere l’alcol
Volevo della birra, tanta. Desideravo una bionda fredda, piena di schiuma che gli fuoriuscisse dall’orlo, fino a scivolare velocemente lungo tutto il boccale. Che lo circondasse fino a farne sparire il fondo sul legno del bancone. Quel legno consumato, a tratti ruvido, intagliato. Accarezzato, maltrattato, unto, pieno di soldi lasciati cadere, di monete lasciate alle ragazze. Una birra che mi facesse compagnia a un tavolo. Una bionda. Alzai il culo dallo sgabello e mi avviai al centro della sala. Urtai una trave in legno che divideva le due sale del locale, finendo con la spalla vicino al muro, dove rimasi fermo per un po’. Mi riconobbi in uno degli specchi che riempivano le pareti, illuminato dalle luci soffuse che mi facevano buio. In quello specchio ero finito tra le gambe di due modelle che ballavano il can can. Pensai che bella la Francia e che bon le francesi.
I tavoli erano tutti occupati e la musica pompava come i litri di birra che scorrevano nelle vene degli avventori. Le ragazze che servivano ai tavoli avevano braccia tornite e muscolose, come chi si allena in palestra. Due di loro mi passarono accanto, e io per accertarmi che effettivamente si allenassero, mi abbassai per guardarle da dietro. Quello che ti dicono i glutei non te lo può dire nessun’altro. Mi abbassai troppo, al punto che stavo quasi per cadere, se non fossi finito con la testa sulla schiena di un ragazzone, tifoso del Chelsea. Il blu reale della sua maglietta con il numero 7 mi entrò negli occhi. Pensai che fosse già mattina. La bionda che stava con me era sparita. Tornai al bancone e ne presi un’altra. Alle spalle del ragazzo del bar, c’erano tante di quelle bottiglie che mi sembrava di stare al luna park. Alzai il boccale pieno, stesi il braccio tremolante, puntai le due bottiglie di Jack Daniels che erano proprio di fronte a me, ed ero pronto ad effettuare il miglior tiro della mia vita. Arrivarono due omoni alti alti, altissimi, quasi quanto il cielo in una stanza, che mi invitarono a darmi una calmata. Gli raccontai di quella volta che da solo ne picchiai tre, e loro capirono. Capirono di sicuro, perché si girarono e andarono via subito. Ridendo. Intanto io e la mia bionda ritornammo al centro della sala. Salutai le signorine francesi e continuai verso la porta stile saloon che stava di fronte a me. Avevo la vescica piena come una palla da bowling, dura e pesante. Alzai la testa all’indietro con il boccale attaccato alle labbra e guardai negli occhi la bionda, che continuava ad entrarmi dentro e ad impossessarsi di me. Non ce la facevo più, mi sentivo esplodere. Ad un certo punto, in preda a visioni idrauliche, salii su un tavolo del pub, pieno di boccali vuoti. Mentre per una mano tenevo stretta la bionda, con l’altra tirai fuori l’uccello e inizia prendere la mira, puntandolo verso i bicchieri ai miei piedi. Tutti iniziarono a gridare, a scappare, a mettersi a distanza di sicurezza. All’improvviso vidi avvicinarsi i due uomini alti alti, con fare arrabbiato, allora pensai: meglio farla, prima che sia troppo tardi. Alzai il tiro e senza spremermi più di tanto iniziai a pisciare sulla gente, a bagnare tutto quello che mi capitava a tiro. Una gioia indescrivibile. Ma piano piano, lentamente, la magia finì, rimasi senza munizioni e senza scuse. Gli uomini alti alti erano su di me e, come mi succedeva ogni volta, oltre ad essere buttato fuori dal locale, avevo visto andar via l’ennesima bionda che mi aveva amato.