Mio zio, satanista
A quanto ricordi, appresi che mio zio fosse una carogna nel marzo 1991.
Mio padre ricevette una telefonata dalla sorella minore, la sorella che aveva accompagnato all’altare. Era sconvolta.
Aveva ricevuto una citazione in tribunale dall’altro fratello, quello con cui aveva dovuto, giustamente, dividere l’eredità materna.
A quanto capii, mia zia aveva svolto dei lavori in una delle sue proprietà ereditate dalla mamma nella palazzina del capoluogo vicino, dove anche il fratello aveva ereditato parte delle proprietà della mamma.
Nella mia nescienza, nella mia ingenuità, pensai che mia zia avesse fatto dei lavori in nero ed il fratello, geloso delle migliorie che la sorella stesse apportando alla sua proprietà, l’avesse denunciata. Nella mia abitudine di farmi i fatti miei, non chiesi delucidazioni.
Avrei dovuto capire dal prosieguo della vicenda che non era come io avevo creduto di intuire. E oltretutto si sarebbe trattato di una segnalazione, non di una citazione in tribunale.
Mio padre tentò di calmare la sorella, riagganciò e telefonò al fratello. Nel corso di quella telefonata vidi mia madre, come una furia, strappare di mano la cornetta a mio padre e urlare al cognato: <<FAI SCHIFO!>>. Non chiedete conferma a mia madre, mia madre ha una capacità eccezionale a dimenticare quello che vuole dimenticare.
In seguito, mia madre mi riferì che mia zia avesse dovuto dare £10,000,000 al fratello. E qui avrei dovuto capire che le cose non stavano come avevo pensato io, ma, forse, quando si tratta di meschinità, tendo a non approfondire.
Mia madre mi riferì anche che, ancora in seguito, mio zio divise quei soldi in due quote da £5,000,000 e ne fece due buoni fruttiferi per ciascuno dei due figli della sorella, dicendo che intendeva agire contro il cugino, che evidentemente pure aveva svolto dei lavori, e non aveva potuto fare a meno di coinvolgere la sorella.
A mio avviso, l’azione contro la sorella era stata accolta con tale sdegno dal resto della famiglia che mio zio non aveva potuto fare a meno di riparare in questo modo se voleva essere riammesso in famiglia.
Un anno dopo, conseguii la laurea e mio zio si rifece vivo. Da bravo zio premuroso, il soggetto venne a dirmi che conosceva un dirigente di azienda del mio settore a Roma e poteva organizzarmi un colloquio. Pensai che da una carogna come quella non fosse il caso di accettare favori, ma in seguito, vuoi per la sua insistenza o per la mia cronica mancanza di fiducia in me stessa, accettai.
La mia cronica mancanza di fiducia in me stessa. Da cosa era dovuta?
Licenza media con Ottimo; Diploma di Teoria e Solfeggio Musicale con 9/10; Maturità Scientifica 60/60; Laurea con Lode e non avevo fiducia in me stessa!? Da cosa dipendeva? Ora lo so e forse lo sapevo già allora, comunque, quando il maestro d’italiano delle scuole elementari di mia figlia maggiore concluse il discorso che tenne alla cena d’addio, solo sette anni fa, con le parole, fuori programma: <<Ah, e non dimenticate l’autostima, senza autostima non si va da nessuna parte!>> quelle parole, non dico che furono per me come una mazzata, ma ne conoscevo la veridicità. Riconoscevo che, se alcune cose nella mia vita non erano andate bene, era stato a causa della mia scarsa autostima.
Andai a Roma, mi presentai ai cancelli di quell’azienda, dissi il nome della persona che mi aspettava e mi dettero le indicazioni per arrivare al suo ufficio.
Bussai, entrai, mi presentai, mi fece accomodare.
E qui iniziarono le stranezze. Il tipo mi sembrava imbarazzato, poco convinto e non sapeva cosa chiedermi. Si fosse mostrato poco convinto dopo le prime domande, lo avrei interpretato come se io non lo avessi convinto, ma fin da prima ancora di cominciare?
Conclusi quella specie di colloquio, salutai e me ne andai, chiedendomi cosa ci fosse dietro. Lo capii circa dieci anni più tardi.
Ebbi modo di osservare il carattere dello zio più da vicino. Mio zio era invidioso, era geloso delle qualità di mio padre e del prestigio di cui mio padre godeva in famiglia. Aveva cercato il suo riscatto, spingendo le sue figlie all’ambizione. All’ambizione del denaro e del prestigio sociale. Prestigio basato su denaro e posizione sociale. Nulla che potesse competere con le qualità intellettuali e morali di mio padre.
La sua più grande gioia era poter denigrare i figli dell’ingegnere Landri. In confronto, poi, con il successo delle sue figliole. E, per ottenere questo, agiva per mettere i bastoni tra le ruote degli odiati nipoti, se ne aveva l’occasione. Agiva per minare il loro spirito.
Ebbi anche conferma che lo zio maneggiasse molto col denaro, anche in maniera poco chiara. Chi sa quale tipo di debito quel dirigente di Roma aveva con mio zio, il quale doveva avergli detto qualcosa del genere: <<Senti, devi farmi un favore. Devi fare un finto colloquio di lavoro a mia nipote. Guarda che non la devi assumere, ho solo bisogno che si crei questo situazione di debito nei miei riguardi.>>
E, probabilmente, voleva anche minare la mia fiducia in me stessa con un colloquio andato male.
Immagino come si sia roso quando, tre anni dopo, fui assunta dalla stessa azienda dove lui mi aveva mandato a fare il finto colloquio, solo in una sede non a 300 km da casa, bensì a 50 km da casa.
Ma tutto questo lo capii solo più tardi.
Lo zio non mancò di mettermi altri bastoni tra le ruote. Dette molto fastidio a mio marito, prima con pretese pretestuose, poi con raccomandate pretestuose da parte di avvocati, poi addirittura con citazioni pretestuose presso il giudice di pace, solo che, a differenza con la sorella, essendo questa volta citazioni basate sull’aria fritta, non ne ha ricavato nulla. Nulla, se non quello che io gli ho concesso: il mio dolore; i miei pensieri e il mio tempo, cosa che mi ha tolto risorse per il mio lavoro, la mia famiglia, la mia vita; la mia rabbia; il mio odio. E magari era quello che voleva.
Un suo modus operandi era (è) quello di commettere una carognata, poi, quando ha bisogno di qualcosa da te, pretende di presentarsi con il discorso: “Siamo una famiglia, mettiamoci una pietra sopra, …” Di modo poi da godere ancora di più, nel caso tu ci caschi, del tuo dolore quando commette la successiva carognata.
Prima ancora di notare questo suo modus operandi ebbi modo di osservare la sua completa indifferenza, anzi godimento, del dolore altrui.
Mio padre doveva subire un intervento d’urgenza e c’erano medici che avevano dato poche speranze. Mio zio era lì. Il suo stato d’animo non era affranto. Era eccitato. Strano sentimento da provare quando il fratello che ti ha regalato l’appartamento dove vivi fin da quando ti sei sposato e hai cresciuto la tua famiglia sta per affrontare quella prova. Veramente inappropriato.
Mio padre si riprese splendidamente dall’intervento, pur con una patologia che gli era stata diagnosticata pochi mesi prima con la quale convivere.
Poco dopo, cominciarono, in maniera sistematica, le carognate di mio zio contro mio marito e me. In maniera sistematica, perché non è che non ne avesse commesse prima, ma si trattava di ladrocini, non di persecuzione vera e propria.
E, dato che la cosa non sortiva alcun effetto sul fratello (e come avrebbe potuto? Mio marito ed io ci eravamo guardati bene dal riferirlo a mio padre, non intendevamo certamente dargli quel peso e quel dolore), mio zio credette bene di informare lui stesso il fratello che gli aveva regalato l’appartamento dove viveva da sempre con la sua famiglia.
Mio padre sopportò e sopportò e sopportò. Troppo, a mio avviso. Solo dopo che mio marito non si trattenne dal raccontargli che un’amica di mio zio mi aveva aggredito, mentre mio zio, la moglie e la figlia (mia cugina) assistevano indifferenti, mio padre, ottantuno anni appena compiuti, prese carta e penna e scrisse al fratello: <<Né tu né nessuno della tua famiglia osasse più presentarsi davanti la porta di casa mia.>> Come avevano fatto il giorno prima la moglie e la figlia di mio zio. Compresi che l’aggressione era stata rimandata di un giorno in attesa che quella visita si compisse.
Quando, cinque anni dopo, mio padre si mise a letto per non alzarsi più, il fratello chiese il permesso di andarlo a trovare. Io non lo seppi. Non me lo dissero. Sapevano che avrei fatto il diavolo a quattro per impedirlo. <<Piangeva>>, mi riferì in seguito mia madre. “Sì, le lacrime di coccodrillo”, pensai io.
Mio marito invece sapeva e, a quanto pare, era lì. Perché mi raccontò che mio padre non aveva perso la sua ironia e quando quello, sfrontato, se ne uscì un’altra volta con “Mettiamoci una pietra sopra”, mio padre rispose, col suo filo di voce: <<Abbiamo già preparato la calce>>.
Pochi mesi dopo, mio padre non c’è più, ma una nuova disgrazia si è abbattuta su mia madre, sto per andare a casa da mia madre, ma mi fermo. Sotto casa di mia madre c’è mio zio, con la sorella e i rispettivi consorti che stanno per andare a fare visita a mia madre. Mio zio ritiene evidentemente che il divieto di mio padre sia superato. Da lontano osservo mio zio che guarda con moderata soddisfazione il manifesto che annuncia la morte di un giovane di 21 anni. Sì, soddisfazione. La sua espressione, tutto il suo atteggiamento mi trasmisero l’idea che stesse pensando: “Ah, ah. Questi, così giovane, è morto ed io, anziano, sono ancora qui.”
Come si spiega la natura di mio zio?
Con “Ingrati – La sindrome rancorosa del beneficato” della psicoterapeuta Maria Luisa Parsi? Certo, descrive in pieno mio zio. Con alcune frasi celebri che aprono il libro:
“L’ingratitudine è sempre una forma di debolezza. Non ho mai visto che uomini eccellenti fossero ingrati.” (Johann Wolfgang von Goethe)
“Si è sempre ingrati verso chi ci dona il necessario, mai con chi ci dona il superfluo. Ne vogliamo a chi ci regala il pane quotidiano, siamo riconoscenti a chi ci dona una parure.” (Diane de Beausacq)
“L’ingrato scrive il bene sull’acqua e il male sulla pietra.” (Gerard De Narval)
“Fate del bene e vi farete degli ingrati.” (August Strindberg)
E, per la soddisfazione, la contentezza di vedere gli altri stare male, c’è la spiegazione di Giovannino Guareschi: <<La gente è stupida. Non è contenta quando sta bene, è contenta quando vede gli altri stare male.>>
Ma c’è qualcosa di più.
Furio Landri, mio zio, il ragioniere Furio Landri cerca il male di chi gli ha fatto del bene. Ne trae godimento, ne trae elisir di lunga vita.
Com’è possibile non provare un po’ di pietà per un giovane sconosciuto che muore a 21 anni, ma solo soddisfazione?
Cattiveria, perfidia, egoismo allo stato puro. Assenza totale di simpatia per il prossimo.
Quando ho cominciato a pensare al satanismo?
Sapevo che mio zio si dedicasse a questo tipo di studi, però avevo sempre pensato che fossero stupidaggini. Costituiva solo un’ulteriore prova dell’animo meschino e malvagio dell’individuo.
Quando ho cominciato a considerare la cosa in maniera più preoccupante?
Arriva la pandemia. Sono tra quelli che ad un certo punto si convincono che è tutto organizzato, che c’è un preciso disegno, un preciso progetto dietro tutto questo e pensano di capire dove vogliano arrivare: al controllo assoluto su di noi, sulle nostre vite, sui nostri figli, sul nostro denaro, sulle nostre proprietà.
Un amico di vecchissima data comincia a canzonarmi: terrapiattista, rettiliana.
Comprendo che mi prende in giro, intendendo: “Credi anche che la terra sia piatta e che esistano i rettiliani”. Non so assolutamente cosa significhi ‘rettiliano’. Un nuovo amico prova a spiegarmelo.
Una mosca vive 28 giorni. Secondo te, per una mosca, l’Uomo che vive settant’anni non è un essere eterno? Da quando è iniziata la Storia dell’Umanità? Cinquemila anni? Un essere che vive diecimila anni non sarebbe eterno?
Ma come farebbe a vivere diecimila anni?
Non ricordo se mi parla di esseri venuti da fuori o altro, ricordo che mi parla di una sostanza ricavata dal sangue di bambini.
Basta così – lo interrompo – non voglio sapere più niente.
Però poi comincio a chiedermi se mio zio faccia uso di adrenocromo. Ma no, concludo, è ricchissimo, ma mica è a livello di banchieri centrali, alti politici o magnati mondiali…
Passa un anno e mezzo e vedo le immagini di Biden che accarezza con particolare trasporto un bambino che è davanti a lui nella fila in una cerimonia ufficiale. E leggo i commenti.
Avevo visto mio zio accarezzare il figlio di un vicino nello stesso modo. Era stato mio marito a farmi notare l’innaturalità e la morbosità di quelle carezze.
Anche a me non erano piaciute, mi era sembrato che quelle carezze fossero un promemoria per il padre del bambino.
“Fosse mio zio un satanista?”, mi chiedo per la prima volta seriamente. Eppure, sapevo dei suoi studi.
Infine, vedo questo video https://t.me/davide_zedda/15239: Roland Bernard, ex banchiere olandese afferma: “il satanismo è la religione dell’élite”.
È un testimone-chiave davanti ad una commissione di inchiesta su traffici umani e abusi sessuali su bambini.
Alcuni stralci della testimonianza:
<< … siamo solo una risorsa da usare. Noi siamo il valore, noi siamo la luce e loro vogliono assorbirla, completamente come... spremere un’arancia completamente, risucchiando tutto fuori, quindi gettarla via. Una volta chiamavano questo il sistema Americano. Lo consumi e poi lo getti via. Ed è questo che sta accadendo su questo pianeta.
Sta avvenendo attraverso i tuoi genitori, loro ti amano, vogliono prendersi cura di te, ti mettono nel programma dei vaccini con un sacco di sostanze chimiche per danneggiare il tuo sistema immunitario, è nel sistema scolastico, è dappertutto affinché tu sia lo schiavo perfetto.>>
E ancora:
<< Io mi divertivo davvero nell’avere l’opportunità di distruggere tutti gli umani e tutta la vita sulla terra. La natura era nulla. Doveva essere distrutta. Noi odiavamo ogni cosa … che rappresentasse … la vita … quello che rappresentava il Creatore dei Cieli e della Terra. […] E poi, più avanti, quando sei nel mercato finanziario, ascoltavi le persone che sono in bancarotta e si facevano una grossa risata, perché, alcune persone si stavano suicidando quando le loro aziende venivano distrutte e lasciavano dietro di loro donne con bambini e tutti ci facevamo una risata su questo, ce la godevamo!
Questo è il mondo da cui vengo.>>
Eccolo, mio zio!
Geloso del valore, geloso della luce di mio padre, una luce che lui sentiva di non potere eguagliare e che voleva offuscare.
Ecco il mio valore, la mia luce che mio zio e i suoi amici volevano offuscare.
E per loro, io sono solo una risorsa da usare, un’arancia da spremere completamente!
Ecco il loro godimento nella sofferenza, nella morte degli altri. Tanto più divertente se provocata da loro.
Mio zio, satanista. E i suoi seguaci.
P.S. L'ultima volta che ho visto mio zio gongolava, eccitato e soddisfatto, alle esequie del giovane figlio del fratello da cui tanto bene aveva ricevuto, incluso un appartamento nel quale ha vissuto fin dai venticinque anni crescendo lì la sua famiglia.
Il fratello della cui luce e del cui valore era geloso.