Moglie o schiava, questo è il dilemma
Era un giorno uggioso e le nubi tetre che coprivano come una spessa coperta il cielo trasmettevano un senso di tristezza e di avvilimento, di depressione direi. Telefonai a Silvia per sapere come stava. Lei era molto sensibile alle variazioni climatiche, tant’è che in questi casi un fortissimo mal di testa la colpiva immancabilmente. Il telefono squillò più volte prima di avere una risposta.
“Scusami Vanna se ti ho fatta aspettare, ero a letto”.
“Perché?” chiesi anche se immaginavo la risposta.
“Ho una fortissima nevralgia insopportabile, come al solito” mi rispose con una voce fioca.
“Hai preso la pillola di paracetamolo? chiesi.
“No, ne sono sprovvista, le ho terminate” disse.
“Vai in farmacia, allora” insistetti.
“Non posso!” rispose Silvia con voce agitata e anche tremolante.
“Mi puoi dire il motivo? Ti piace soffrire? Hai la farmacia a due passi. Se non fossi a Roma, ci andrei io, lo sai!” specificai.
“Lo so che tu sei come una sorella, ma non ho le chiavi di casa, e questa mattina tutte le mie amiche come sai sono a lavoro” chiarì Silvia.
“Telefona in farmacia, allora. Spiega al farmacista la situazione e vedrai che te le invierà con il messo” spiegai.
“Non credo che lo farebbe” disse Silvia.
“Se vuoi glielo dico io per telefono, il farmacista è amico mio” le risposi.
“No, ti prego! Non ho neppure soldi in casa per pagarlo. Mi sentirei in imbarazzo. Preferisco tenermi il mal di testa” precisò Silvia.
“Non avere le chiavi posso capirlo, ma non avere neppure uno spicciolo di euro a casa è il colmo!” esclamai con rabbia.
“ Può capitare, no?” precisò Silvia.
“ Può essere, ma mi sembra molto strano!” dissi.
“Aspetto che torni Marco dal lavoro e le farò comprare da lui. Ora scusami, torno a letto, ciao” specificò Silvia.
“Va bene, ciao” salutai, ma con in serbo una rabbia che aveva raggiunto il limite della sopportazione.
Dopo qualche giorno andai a fare visita a Silvia. A casa c’era Marco che mi venne ad aprire la porta. Era sabato. Anche lui lavorava a Roma. Era pendolare come me.
“Ciao, Marco, come stai?” salutai abbracciandolo com’era di consueto.
“Bene e tu?” chiese.
“Anch’io, grazie!” risposi.
Rimanendo sull’uscio di casa esclamai “Toglimi una curiosità!”
“Dimmi, ma entra” rispose Marco.
“Hai saputo che l’altro giorno ho telefonato a Silvia?” dissi con tono perentorio rimanendo ferma sull’uscio di casa.
“Sì, certo che me lo ha detto” precisò.
“E ti ha detto pure che aveva un forte mal di testa?” lo sollecitai a rispondere senza riflettere.
“No, questo non me lo ha detto” disse Marco con espressione meravigliata.
“Ebbene, Silvia quel giorno aveva un forte mal di testa, il solito mal di testa, non aveva le compresse di paracetamolo a casa, ma non aveva neppure le chiavi per uscire e andare in farmacia e, cosa più grave, non aveva neppure un euro a casa per pagarle” incalzai.
“Non lo sapevo, altrimenti qualche spicciolo glielo avrei potuto lasciare” precisò con grande disinvoltura Marco.
“Praticamente, perché tua moglie non ha un lavoro anche se svolge il lavoro di una casalinga egregiamente, ti arroghi il diritto di tenerla a secco?” dissi con tono accusatorio.
“Cosa c’è di strano? Silvia non ha bisogno di soldi, perché faccio la spesa io, le compro i vestiti e tutto ciò che le occorre. Lei durante il girono deve rimanere a casa, fare le pulizie e aspettarmi che torni dal lavoro” rispose come se fosse un comportamento ovvio il suo.
“Mi meraviglio che non ci trovi niente di strano! E che non le lasci neppure le chiavi di casa lo trovi normale?” lo incalzai.
“Silvia non ha bisogno di uscire e poi lei sa che quando ritorno dal lavoro la voglio trovare in casa. Ripeto, per questo non ha bisogno delle chiavi di casa” rispose con ovvia franchezza e senza battere ciglio Marco.
“Lo sai che questo equivale a tenerla segregata a casa, anche se nessuno ti può denunciare per questo? Secondo me corrisponde ad un sequestro vero e proprio” dissi sarcasticamente.
“Non dire fregnacce! Ma cosa ti inventi? E poi come ti permetti di intervenire in questo modo sul rapporto tra me e mia moglie? Non ne hai il diritto! A casa mia, faccio quello che voglio!” rispose severamente alzando il tono della voce Marco.
“ È vero non posso intromettermi nei fatti di casa tua, questo è vero. Ma non posso sopportare che tu tratti come una schiava tua moglie. Silvia è tua moglie, non è la tua schiava. La devi lasciare libera” dissi .
“Silvia, è libera di fare ciò che vuole” replicò ora con un calma serafica.
“A parole! I fatti dimostrano il contrario e dimostri anche di non conoscere il significato di libertà e non sai cosa significa rispetto di una persona. Non ne hai il senso! Nella tua famiglia hai avuto un esempio sbagliato da tuo padre” risposi drasticamente.
Mi sentii in obbligo di dissentire con il capo, voltargli le spalle e andarmene senza salutarlo, proponendomi di chiamare Silvia in un momento più appropriato per confortarla.