Muto

.” nessuno sembra più avere tempo di ascoltare la gente di una certa età, e tanto meno quando ricordano episodi di gioventù” … da SOLDATI DI SALAMINA di Javier Cercas
E’ un gioco di sguardi. I miei occhi sono attenti alla mimica del mio interlocutore, che sembra aver capito il mio attacco. Solo un ricordo, ti prego, accettalo! Le pupille hanno nistagmi laterali, fuggono alle catene della mia visuale. E’ un momento della mia fanciullezza. Stupenda fanciullezza, convienimi. Ti prego ascoltami... La sua mimica non acconsente a essere in tono con l’incipit del racconto. – “Avevo sì e no, sei anni…” ‐ Le sue mani brancolano nel vuoto. Sembra cercare aiuto. Lo sto perdendo. Sconfitto, desisto. Non mi ascolterà mai più. E’ un mondo veloce l’attuale, fatto d’immagini elargite a cascata, sino a travolgerci. I media ci fagocitano, dandoci le loro realtà. La curiosità nostra è saturata da miliardi d’imput superflui che non chiediamo e non desideriamo. La ricetta delle polpette afgane si mescola con l’Anabasi di Senofonte in 3D. Oppressi dalle notizie di mondi che non ci appartengono. Al risveglio alcuni giornali radio e telegiornali ci creano ansie superflue, inattese. Notizie, identiche, ribadite, c’inseguono nel traffico cittadino, tra abbozzi di musica. Anni fa, le parole erano suoni, modulazioni di fantasie, ballate, immense composizioni orchestrali. Le parole avevano il peso della conoscenza, il dono dell’amore. Non si compravano, ma si attendevano con desiderio. Gli anziani ne conoscevano il fascino e il sapiente uso. Noi li si ascoltava, come in una chiesa. Un rispetto dovuto. “Papà…ti prego non ricominciare con i tuoi racconti.” I nipoti hanno il viso incollato all’ultimo iphone . Non si accorgono neppure di me. Resto muto.