No Smoking
E’ la prima volta che ci lavoro in questo bar. Sto preparando un caffè, io lo so fare bene il caffè, sono qui da poche ore e già sono bravo. Io sono uno preciso, ma proprio per questo, mi posso pure distrarre un po’. Tra un paio di giorni farò i cocktails ballando come nei film. Vedo un uomo brutto, uno proprio brutto che entra come una scheggia. Ha la sigaretta accesa e lì c’è tanto di cartello No smoking bello dritto. Credi che nessuno ti vede, brutto stronzo, ma io ti vedo, hai una cicca in bocca.
‐ Non si fuma qui! ‐ gliel’ho detto a voce troppo bassa, troppo piano. Lo dovevo gridare. Vabbè, fa niente. Lui non mi sente e si fionda come un bufalo nel corridoio del bagno. Non lo vedo più, resto dietro il bancone. Dovrei andare a controllare, a dirgli qualcosa, ma meglio lasciar stare, non si sa mai come va a finire con ‘sti matti. E’ davvero un uomo brutto, spero solo che non spenga la sigaretta sul pavimento appena lavato, lindo e pulito. Mi riconcentro sul caffè, la manopola, guardo verso la vetrina. La tipa si lamenta, balbetta qualcosa da sola. Mi sa che quello stronzo entrando di corsa ha spinto la ragazza seduta vicino alla vetrina. Quel cesso stava tracannando avidamente e senza alcuna grazia un’enorme birra. La birra le è finita quasi tutta sulla gonna, nel bicchiere ne resta solo un sorso. Esce dal corridoio del cesso un tipo grosso, uno di quelli che hanno l’aria da duro. Dice che il pazzo con la sigaretta l’ha spinto. E’ incazzato. Nero. E’ un metallaro. Hanno proprio l’aria di quelli che la sanno lunga questi metallari da bar. Un’aria che mi fa pensare che se con uno così ci fai a botte, finisce che ti randella per bene, prima di sbatterti fuori a calci nel culo. Si mette male per lo stronzo della sigaretta. Si mette proprio male e il tipo grosso annuncia a tutto il locale: ‐ lo aspetto fuori e lo massacro di botte quel coglione! ‐ E’ proprio un duro, penso, mentre lui si sposta verso la vetrina per parlare alla ragazza con la birra rovesciata sulla gonna. – Ha spinto pure te? Dio caro! Lo ammazzo appena esce! – continua, ma io torno al lavoro; che se la sbrighino loro, meglio stare tranquilli il primo giorno.
Il ciccione vuole attaccare bottone con me. Io sorseggio lentamente la birra e guardo quell’imbranato del nuovo barista che litiga con la macchina del caffè. Questa palla di lardo mi fissa le gambe, stacca il cartello No Smoking che stava tutto storto sul gancio e me lo sventola, il cartello, sotto il naso. ‐ Glielo faccio ingoiare ‐ ripete alitandomi negli occhi vodka, Amaro del Capo e credo tramezzino tonno e cipolla. Non penso che davvero voglia farglielo ingoiare, il cartello, vuole ovviamente fare colpo su di me. Sono molto bella oggi.
‐ Posso darti un fazzoletto? –
‐ Sono solo due gocce non ti preoccupare ‐ gli rispondo.
Riprendo a sorseggiare delicatamente la birra, sono sensuale come sempre. Mi piace restare seduta nei bar a bere in modo seduttivo. Mi piace attirare gli sconosciuti più strambi e sentire cosa hanno da dire. Stare a vedere come si rendono ridicoli. Il bicchiere è ancora mezzo pieno, per fortuna di birra ne era caduta poca. Penso che, dopotutto, quello scostumato con la sigaretta non è stato così violento nello sbattermi. Il grassone intanto continua a parlare. ‐ Gli strappo il cuore a morsi ‐ dice. E’ un bambinone caciarone, pure un po’ noioso, mi distraggo e mi guardo intorno. Il barista ha incastrato la manopola della macchina del caffè. La prende a pugni, si sbatte e fa cadere un bicchiere vuoto lasciato sul bancone, è un imbranato. Poi guardo verso il bagno. L’uomo con la sigaretta, è il primo della fila, ma si agita, fuma nervosamente. E’ il primo, ma non gli basta, vuole tutto e subito, è smanioso, vuole entrare, tirarlo fuori. Le vene sul collo pompano sangue, inizia a innervosirsi sul serio. Prende a calci la porta, è animalesco, con le braccia sbatte sempre più forte, le vene dei muscoli sono tese, pompano e lui colpisce, colpisce sempre più duro.
‐ Esci! Capito? Esci! Ci sono io, tu devi uscire! Capito ? ‐ .
Dritto in faccia, un pugno teso e codardo, venuto fuori vigliaccamente dalla porta aperta in ubbidienza al suo comando. Esce una nana orrida, alta uno e cinquanta o qualche tacco in meno forse. E’ vestita di giallo, ha un naso enorme, un’espressione da casalinga cornuta. Passa sopra l’uomo che è rimasto steso a terra. Lui è quasi esanime tra la fanghiglia puzzolente che c’è sempre nella toilette di questo bar. Mi viene da soccorrerlo, ma meglio aspettare un po’, ci sono gli altri della fila che lo stanno tirando su. La troietta intanto si avvicina allo specchio e civetta si sistema i capelli come se niente fosse. Sembrano una stoppa gialla. Con la stessa mano con cui ha steso il ragazzo, ripone un astuccio di ferro nella borsetta pacchiana. Lo avrà colpito con quello, che viscida puttana!
Arriva dal bagno, è una regina, si sfiora i capelli morbidi, si siede qui al bancone. Mi ordina da bere. ‐ Liscia? ‐ Dico io. Lei annuisce e sorride.
‐ Arriva subito una vodka liscia ‐ .
Raccolgo ancora i cocci di un bicchiere che si era rotto e lei è qui, bellissima, di fronte a me, ora. E’ splendida, sinuosa, slanciata, biondissima, ha capelli morbidi e lucenti ed è vestita di giallo, sexy da morire ma lieve ed elegante. Verso da bere alla mia Uma Thurman, la mia Kill Bill. Al suo grazioso nasino sono appiccicati alcuni granellini impercettibili di polvere bianca, lei tira su. Crede che nessuno li vede, ma io li vedo e non dico nulla. Faccio l’indifferente, guardo verso la vetrina. C’è il tipo grosso che ha fatto colpo sulla ragazza con la birra. Lei lo ascolta con attenzione, ma guarda verso di qua. Quel cesso sta squadrando la mia Kill Bill seduta dinanzi a me. E’ invidiosa di lei, forse le piaccio pure io. Poi la racchia con la birra si accorge che la guardo e sfugge con gli occhi. Ora guarda con ribrezzo l’uomo con la sigaretta mentre lo portano fuori quasi a braccetto dal bagno. Deve essersi sentito male, è un poveraccio. Io intanto ammicco al mio angelo biondo e le passo il bicchiere ma mi accorgo del cartello. Il cartello No Smoking. E’ storto. Io odio i cartelli storti. Odio i cartelli, i quadri, i manifesti storti, mi fanno schizzare, è una cosa che mi fa schizzare, non ci posso fare niente. ‐ Scusami un attimo ‐ dico a quest’angelo che mi è apparso davanti, e poi chiedo cortesemente al metallaro ‐ Mi puoi raddrizzare il cartello per favore? ‐.
‐ E’ stato il coglione della sigaretta ‐ mi dice il tipo grosso e poi lo raddrizza subito con un gesto deciso. E’ proprio un duro ma anche un brav’uomo questo tipo grosso. Lo raddrizza con cura quasi maniacale, sembra ansioso, nel farlo si appoggia sulle mie cosce accavallate, urta la mia birra. Non ne cade un goccio stavolta. Il Ciccione ora se ne sta zitto per un po’, mi lascia in pace per qualche istante. Così mi accorgo che la nana brutta ha attaccato bottone con quello sfigato del barista. Che orribile coppia.
‐ Che lavoro fai? ‐ le dico e risponde con dolcezza. Ora ho la mia sexy Kill Bill vestita di giallo, la mia Uma Thurman seduta davanti a me. Lei lavora in ospedale, è un’infermiera. La mia sexy infermiera. Mi guardo intorno per un istante e sento come un piccolo moto di felicità, anzi di serenità. Penso che mi piace questo lavoro: per essere la prima volta che lo faccio tutto fila liscio. Il cartello è dritto, la gente beve tranquilla, pure il tipo con la cicca, brutto come la morte, si è ripreso, il bagno è pulito e la fila scorre fluente e ordinata. Ma non c’è proprio verso, il bambinone caciarone, riprende a parlarmi, a dire cretinate; comincio a essere un po’ brilla così decido di liberarmi di lui e gli dico – Certo che è proprio bello il ragazzo che è entrato con la sigaretta, mica come te!‐ . Gliel’ho fatta, che faccione deluso che ha adesso. Mi scrive il suo cellulare sul tovagliolino, la chiamerò dopo, quando chiudo. Trattengo l’emozione mentre scrive, Uma, la mia Uma, non devo fissarla così e guardo il metallaro ed è molto, molto vicino alla tipa. Mi sa che pure lui stanotte si farà una bella scopata.